sabato 8 luglio 2023

La nuova debolezza di Putin e l’occasione persa (per sempre?) dall’Europa

@ - Sette e Mezzo è la rubrica di Lilli Gruber sul magazine 7. Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo, la politica. Questa puntata è uscita sul numero di 7 in edicola il 7 luglio 2023. La proponiamo online per i lettori di Corriere.it

Vladimir Putin, 26 giugno 2023© Fornito da Corriere della Sera

Cara Lilli, circa il conflitto russo - ucraino, forse ormai sarebbe più giusto parlare di resa e non di pace. Attilio Lucchini

Cara Lilli, l’ammutinamento della Brigata Wagner sta provocando un’ondata di preoccupazione globale. Se cade Putin, cosa potrebbe accadere? La destabilizzazione della Russia non è come quella dell’Iraq o della Libia. Mauro Chiostri

Cara Lilli, seguo con scrupolo il conflitto ucraino mi sembra però sempre di più si stia trasformando in un conflitto interno russo Sara Orsenigo

Cari lettori, molto prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia di Putin era già un Paese impenetrabile, un’autocrazia da cui filtravano poche informazioni e nessuna certezza. La guerra ha avuto fin da subito un andamento difficile per Mosca, come se i militari e i servizi segreti avessero fatto male i loro calcoli e le informazioni fornite al Cremlino fossero incomplete. Ora sappiamo che il potere assoluto del presidente è molto meno solido, segnato com’è dalle rivalità interne di personalità cresciute all’ombra del capo, a lui legate in un intricato intreccio di interessi privati, politici ed economici.

L’insurrezione di Prigozhin, ancora tutta da decifrare, questo ci restituisce, che Putin non può più dormire sonni tranquilli, perché mai nei suoi 23 anni di “regno” ha dovuto misurarsi con un simile affronto. Come scrive Lucio Caracciolo su La Stampa all’indomani della rivolta: «Comunque finisca l’avventura dei wagneriani, il vertice russo ne esce squalificato. È in corso un rimescolamento nei rapporti di forza fra le fazioni del sistema putiniano. Crepe profonde minano la piramide del potere, fino a minacciarne il crollo».
Per ora la ribellione è sedata, non le sue conseguenze. Nessuno sa che fine farà Prigozhin il “traditore”, uomo fondamentale per Putin nella guerra in Ucraina che lascia ora il campo di battaglia così come i suoi mercenari, almeno nella loro attuale conformazione. E Putin si ritrova in Ucraina col problema di sempre: le conquiste sul terreno sono effimere e l’assenza della brigata Wagner non aiuta. A cominciare dagli americani, le cancellerie internazionali osservano con grande cautela quanto sta accadendo a Mosca, consapevoli che un Putin indebolito rende la situazione ancora più difficile. Quanta forza avrà l’autocrate russo per gestire una guerra dalle mille incognite? Un Paese instabile con migliaia di testate nucleari rappresenta un pericolo per l’intera comunità internazionale. E anche chi ha visto con favore la sommossa di Prigozhin, si dovrà ricredere.

Nulla sarà più come prima, ma i contraccolpi di questa ribellione restano imprevedibili. In mezzo c’è l’Europa che, nel fornire un irrinunciabile sostegno all’Ucraina, ha però perso l’occasione di sfruttare i propri strettissimi rapporti politici e culturali con la Russia ponendosi come mediatrice. La confusione a Mosca allontana ulteriormente questa possibilità, anche ammesso che un’Europa sempre più divisa in due blocchi - orientale e occidentale - possa tardivamente desiderare di ritagliarsi un ruolo di questo tipo. E che abbia ancora gli strumenti per farlo.

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