@ - Il Cremlino si prepara alla ritorsione contro le aziende italiane che operano in Russia.
È da una settimana che Mosca ha avvisato Roma: Putin ha ordinato al suo governo di approntare un provvedimento economico che rappresenterà la risposta all’applicazione delle sanzioni e al sequestro dei beni degli oligarchi. La mossa sembra essere per ora uno strumento di pressione politica, perché non è stata ancora indicata la data precisa in cui il decreto presidenziale entrerebbe in vigore.
Tuttavia l’esplicita minaccia di varare «eguali contromisure» evoca la possibilità che i russi arrivino ad usare contro le società di Paesi europei «ostili» le stesse norme adottate contro gli americani. Fino all’esproprio. Putin non tollera quelle che i suoi emissari definiscono le «continue violazioni dei principi regolatori della proprietà privata» in Italia e di cui i suoi ricchi amici sarebbero vittime: per i russi si tratta di azioni illecite, per di più strumentalmente amplificate attraverso i media.
Secondo fonti del governo italiano è chiaro che la difesa degli oligarchi da parte di Mosca è un modo per evitare ulteriori crepe nella corte del dittatore. Ma l’intento primario è un altro: impedire che l’Europa proceda con ulteriori sanzioni, evitare che — per rispondere all’appello di Zelensky — decida infine di chiudere il rubinetto del gas da cui dipende la sopravvivenza economica della Federazione.
L’escalation del conflitto militare sta inevitabilmente determinando un’escalation del conflitto economico. E Putin immagina di usare le società occidentali presenti in Russia come ostaggio, incuneandosi nelle contraddizioni di un’Europa che — secondo Mosca — «non parla con una voce sola» perché ha «interessi confliggenti». I russi per ora non hanno mosso un dito nei riguardi delle aziende straniere che si trovano sul loro territorio e hanno deciso di interrompere l’attività: anzi sostengono di comprendere il loro atteggiamento di attesa.
Ma se il fermo dovesse protrarsi, il governo di Putin imporrà una scelta: vendere gli asset (presumibilmente in rubli) o affidarli a un’amministrazione fiduciaria che sarà definita dal provvedimento all’esame del Cremlino. Sarebbe un disastro per gli investitori occidentali. Ecco l’arma. Puntata soprattutto contro Italia, Francia, Germania e Spagna. E che a quanto pare non riguarderebbe altri Paesi del Vecchio Continente — come l’Ungheria, la Grecia e Cipro — che Mosca tratta con benevolenza perché non si sono opposti alle sanzioni e però non le avrebbero di fatto applicate.
In Russia operano circa cinquecento società iscritte a Confindustria, con un fatturato di sette miliardi e mezzo e uno stock di oltre undici miliardi. Unimprese conta sessanta stabilimenti di aziende italiane, attive nel settore industriale, in quello dei servizi e nell’agro-alimentare. Tutti sono stati colti di sorpresa allo scoppio della guerra. E un paio di settimane dopo l’invasione dell’Ucraina il presidente degli industriali Bonomi — in un discorso tenuto a Salerno — lanciò un grido di dolore: «Di loro nessuno parla. Nessuno sta pensando a loro. Le imprese sono abbandonate a se stesse».
In realtà Palazzo Chigi e il ministero dello Sviluppo economico sono da tempo in allerta, e i segnali minacciosi che arrivano da Mosca erano messi nel conto. Non è dato sapere quali siano le contromisure che il governo italiano intenda adottare. Sul piano politico, il doppio standard prefigurato da Putin con i Paesi europei — la differenza che fa tra «buoni e cattivi» — è interpretato come la prova della strategia di chi mira a dividere l’Unione.
Ma rivela anche la sorpresa del dittatore russo per la risposta dell’Occidente alla sua «operazione militare speciale» contro Kiev. Ce n’è traccia nei messaggi provenienti da Mosca, dove sottolineano come ci sia stato un diverso atteggiamento della Ue rispetto alla «crisi della Crimea». Perciò l’Italia deve sapere che l’attuale postura dei «Paesi ostili» rischia di produrre una frattura difficilmente ricomponibile, anche quando si arriverà a una soluzione del conflitto.
L’offensiva preannunciata contro le aziende italiane (e non solo) è l’ennesimo avvertimento di Mosca nei confronti di chi «morde la mano che l’aveva aiutata». Se non fosse che a Roma il governo è cambiato da oltre un anno.
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