mercoledì 16 marzo 2022

Zaia: «Serve rinegoziare il Pnrr. C’è la gente da sfamare e quei progetti ormai sono fuori dal tempo»

@ - Il governatore leghista del Veneto: l’obiettivo è l’autosufficienza. E il tema dell’energia è fondamentale.


«È urgente: Draghi torni a negoziare il Pnrr. E si batta contro la speculazione finanziaria e contro la speculazione sulle materie prime». Luca Zaia è preoccupato. Il governatore veneto, alla guida di una Regione che da sempre è uno dei capisaldi del pil italiano, vede i prossimi tempi come irti di difficoltà: «Penso che gli anni che stiamo vivendo, siano quelli di un cambio epocale nel corso della storia e dell’umanità. Pensavamo che il covid fosse stato un punto di svolta, e invece è arrivata anche la guerra...».

Perché il premier dovrebbe rinegoziare il Piano di ripresa e resilienza?
«Tutto quello che si era immaginato per la ripresa, anche dal punto di vista strategico, è stato certamente negoziato in maniera ragionata e, devo dire, con una visione. Ma oggi, prima ancora di essere pienamente adottati, questi progetti rischiamo di essere fuori dal tempo. E non parlo solo del Pnrr, ma anche della Politica agricola comunitaria (Pac). La loro precoce non attualità non è una carenza di programmazione, ma è la conseguenza dall’arrivo di una guerra».

Ma il Piano è da rifare?
«Il Pnrr sono 229 miliardi che vengono spalmati sui territori italiani e molti dei progetti previsti rischiano di non tener conto della bufera in arrivo».

Nel senso che la guerra ha cambiato le priorità?
«L’Ucraina fa emergere problemi pazzeschi: siamo in un’economia di guerra. Senza le bombe sulla testa, ma con tutti i contraccolpi: aumenti stellari e a volte poco giustificati dell’energia e delle materie prime, gli assalti ai supermercati e il rischio di vivere la mancanza di cereali e altre derrate. Se fino a ieri potevamo pensare che fare i guard rail d’oro avrebbe fatto arrivare i turisti, oggi sappiamo che dobbiamo sfamare la gente».

Presidente, sta dicendo che abbiamo finanziato degli sprechi?
«Assolutamente no. Però, dico che siamo in una seria emergenza che non ci consente ritardi. Abbiamo di fronte una doppia sfida: quella per la sovranità alimentare e quella per la sovranità energetica. Sull’alimentare occorre rinegoziare la Pac, come sta facendo la Francia. Ma anche un cambio di mentalità: se ieri facevamo la battaglia alla coltivazione estensiva dei cereali, oggi dobbiamo riconoscere che quei campi, quel tipo di coltivazioni, ci servono ancora: obiettivo è l’autosufficienza. E il tema dell’energia è cruciale»

Sì al nucleare, dunque?
«Intorno a noi si finanziano nuove micro centrali nucleari, una strada potrebbe essere quella. Ma la questione è più vasta del sì o no al nucleare. Se dipendiamo al 38% dal gas russo, è evidente che il cambio di mentalità riguarda tutto e tutti: abbiamo deciso il no al nucleare, sbandieriamo ai quattro venti le energie rinnovabili ma nel concreto viviamo di divieti e di comitati contro. I salti d’acqua e le eoliche tutti li invocano ma nessuno li vuole».

È la sindrome nimby, non nel mio cortile?
«Saremo costretti a dover capire che c’è un prima e un dopo al click dell’interruttore con cui accendiamo la luce».

Il premier Draghi sarà consapevole dei problemi che abbiamo davanti…
«Il premier è una persona assai esperta e ha in mano tre carte fondamentali: conosce l’Unione europea, conosce i mercati finanziari, sa negoziare. Sa quali siano le porte giuste e le dinamiche dei mercati finanziari».

Perché parla di mercati finanziari?
«Dopo la crisi dei mutui del 2008, entrarono in azione dei meccanismi anti speculazione. Non mi pare strano che ancora non ci siano, mi pare strano che nessuno al momento ne parli».

Perché lo dice oggi?
«Alcuni aumenti di prezzi sono ingiustificabili. Spero che si indaghi su questi fenomeni e mi chiedo, appunto, se non siano necessarie regole perché nessuno speculi e si arricchisca sulla fame degli altri».

Lei prima ha accennato al covid. Almeno su quello, siamo più tranquilli?
«In Veneto oggi ci sono più di 7000 contagiati, ma in questo momento gli ospedali si vanno svuotando. Sapevamo che saremmo arrivati a questa fase, che è quella della fine della fase pandemica e dell’inizio di quella endemica. Oggi occorre concentrarsi sui fragili, quelli per cui l’incontro con il virus resta problematico».

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