@ - Desmond Tutu è morto oggi all’età di 90 anni: con lui si chiude il capitolo più importante della storia del Sudafrica.
È stato il volto sorridente nella lotta contro l’apartheid. Ha demolito il razzismo con la forza delle sue parole. Alle quali non sapevi controbattere. Desmond Tutu è morto oggi, 26 dicembre, a Cape Town. Aveva 90 anni. E con lui si chiude il capitolo più importante della storia del Sudafrica.
«Il presidente Cyril Ramaphosa esprime, a nome di tutti i sudafricani, la sua profonda tristezza per la morte dell’Arcivescovo emerito Desmond Mpilo Tutu», si legge in una nota della presidenza della Repubblica sudafricana. «La sua scomparsa è un altro capitolo del lutto della nostra nazione: diamo l’addio a una generazione di formidabili concittadini che hanno contribuito a lasciarci in eredità un Sudafrica libero».
Come religioso, Tutu aveva potuto esporsi di più. Ma anche le responsabilità erano aumentate. La sua voce era il megafono di una sofferenza che non si poteva urlare.
Veniva da una famiglia povera, ma non indigente, dell’etnia Xhosa, la stessa di Nelson Mandela. Studi in Inghilterra ed esperienze in giro per il mondo. Aveva capito che il sistema di segregazione razziale non si poteva abbattere con la violenza, anzi il terrorismo dei gruppi armati giustificava la repressione. Ma comprendeva la rabbia di chi veniva oppresso. «Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore. Se un elefante ha la zampa sulla coda di un topo e voi dite che siete neutrali, il topo non apprezzerà la vostra neutralità».
La comunità internazionale aveva colto nei gesti di questo piccolo vescovo i germi di un cambiamento che sembrava impossibile a tutti gli analisti politici. Nel 1984 gli era stato conferito il premio Nobel per la Pace. Un avvertimento per gli architetti dell’apartheid.
Ma la firma indelebile di Desmond Tutu sarà quella scritta sulle pagine del dopo apartheid. Quando era il momento di provare a lacerare le ferite e a non permettere che i nuovi padroni diventassero a loro volta oppressori.
L’intuizione geniale della Commissione per la Verità e la Riconciliazione metterà vittime e carnefici intorno allo stesso tavolo. Gli uni a chiedere un perdono che non lavava via le macchie del passato ma era pur sempre una ripartenza, gli altri ad accettare di rinunciare a una vendetta più che comprensibili secondo i canoni umani.
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