@ - Bergoglio ha messo l'ecologia in cima all'agenda. Ma questa visione preoccupa i più conservatori. Ecco cosa cambia.
Il concetto di "ecologia integrale" non è stato inventato da papa Francesco. Di "conversione ecologica" aveva già parlato Giovanni Paolo II. Quando il vescovo di Roma cita la questione "ambiente" e sua "tutela", viene tacciato di progressismo.
La realtà è che la Chiesa cattolica si pone il problema da tempo. L'ambientalismo ha sempre fatto parte del dibattito dottrinale (oltre che di quello politico). Sono i problemi odierni semmai a far sì che le istanze ambientaliste siano sulla cresta dell'onda.
Il Papa viene attaccato da destra per via del suo insistere sull'ecologia. Quest'ultima fa parte di temi economico-sociali su cui gli ecclesiastici dovrebbero - insistono dal tradizionalismo ecclesiastico - intervenire il giusto. Perché il cuore dell'attivita del Vaticano e del suo vertice - aggiungono - non può che essere la spiritualità. La critica mossa verso l'ex arcivescovo di Buenos Aires verte quindi sugli ambiti che Bergoglio tratta, al netto degli accenti che pone.
Il Papa però non molla un millimetro. Se Laudato Sì è un caposaldo, gli avvertimenti continui sulla necessità della "conversione ecologica" stanno diventando una costante. L'ecologia - come dichiara l'opposizione a Bergoglio con tono sfavorevole - è ormai parte della dottrina cattolica. E questo, nonostante il riemergere di tendenze culturali sì ambientaliste ma anche conservatrici, non è ritenuto opportuno dalla parte meno persuasa dalla pastorale di questo pontificato.
L'agenda del Papa per il mondo post-pandemico
Anche Benedetto XVI si era posto il tema "ecologia". In Caritas in Veritate, il papa emerito si era interessato della difesa del "Creato" inteso come dono di Dio. Joseph Ratzinger ha persino richiamato l'umanità ad una correzione dello "stile di vita" in prossimità delle catastrofi derivanti da "edonismo" e "consumismo". Insomma, Bergoglio non è il primo successore di Pietro ad avvertire il mondo del pericolo imminente legato allo sfruttamento ambientale. Il "fronte anti-Bergoglio" lega la questione alla crisi vocazionale vissuta dalla Chiesa. Nel senso che l'attuale corso, che si sarebbe appoggiato troppo al mondo ed ai suoi costumi, avrebbe perso di vista le priorità, che per la destra ecclesiastica sono diverse. Ma come vedremo quest'analisi viene bocciata anche da esperti non progressisti.
Periferie "economico-esistenziali", redditualità universale, rivisitazione in chiave anti-globalizzazione sfrenata delle logiche economiche, gestione aperturista dei fenomeni migratori ed appunto ecologia integrale: tutto questo, per i conservatori, è contestabile, mentre per il Papa rappresenta il cuore dell'avvenire post-pandemico. Per Bergoglio, la strada che conduce la fede oltre il guado del relativismo è quella della "Chiesa in uscita", mentre i tradizionalisti vorrebbero una fuga benedettina, sulla scia di "Opzione Benedetto", l'ormai iconico libro di Rod Dreher. Tornare alla spiritualità, dicono da destra, prescindendo dal "consenso". Attorno a questa dialettica non ruota solo la vita culturale della Chiesa contemporanea, ma pure le scelte che verranno compiute da qui ai prossimi decenni.
Le ultime posizioni di Papa Francesco
Il viaggio in Iraq è apparso come uno spartiacque contenutistico e narrativo del pontificato del primo Papa gesuita della storia, che nel frattempo è giunto ad otto anni di pontificato. In realtà, quella visita apostolica può servire anche come rilancio per la pastorale, il magistero pontificio ed i suoi topoi strutturali. La visita apostolica in Iraq è stata letta secondo le categorie proprie della tutela dell'identità - quelle che sono condivise anche da "destra" -, ma una volta tornato a Roma il pontefice ha rilanciato. In "Dio e il mondo che verrà", un libro-intervista al Papa con Domenico Agasso de La Stampa, il Papa ha ribadito che"...la via per la salvezza dell'umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo", rimarcando ancora la necessità di una "svolta economica verso il verde". E ancora: "Cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame potremo condurre un'esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse".
Dubbi non ce ne sono: dipendesse dal Papa l'ecologia diventerebbe un paradigma del mondo che verrà. Al contempo, però, la Chiesa deve tenere botta all'avvento del relativismo, che sta mettendo in discussione persino il ruolo sociale svolto dalle confessioni religiose occidentali. Una crisi - quella che investe il contesto ecclesiastico - che i conservatori ventilano da tempo, almeno dal principio del pontificato di Bergoglio. L'ecologismo ha a che fare, ad esempio, con la crisi vocazionale? Per dirla meglio: l'adesione alle tematiche cavalcate dalla politica produce un effetto di allontanamento? Per il professor Eugenio Capozzi, che abbiamo voluto interpellare in materia, le due cose non sono correlate: "Credo che i motivi del calo delle vocazioni siano molto più complessi, e abbiano a che fare con la generale diluizione del messaggio cristiano in dottrina etica e sociale genericamente umanitaria. L'adesione all'ecologismo ideologico, con accenti in qualche caso panteistici, è uno degli aspetti di questo fenomeno di secolarizzazione, di scolorimento della dimensione trascendente". Dietro l'ecologia integrale, per i conservatori, si nasconde pure un rischio panteistico, come peraltro era stato segnalato, sempre dai critici del Papa, durante il Sinodo panamazzonico.
Il pericolo di un "ambientalismo ideologizzato"
Però l'ambientalismo ormai non è soltanto una priorità progressista. Basti pensare al governo presieduto di Mario Draghi e alla centralità destinata alla transizione ecologica. Spacciare l'ecologia come una tematica di parte non è condiviso. Francesco Giubilei sostiene da tempo la tesi secondo cui ambientalismo e conservatorismo sarebbero correlati in via naturale. L'ecologia non è un monopolio della sinistra. Ma al netto delle letture culturali, il quesito che viene naturale porre riguarda il perché delle critiche al Papa.
Se l'ambientalismo è destinato ad essere posto su ogni tavolo istituzionale da qua a qualche decennio, perché criticare Bergoglio sulla sua insistenza? Il professor Capozzi la vede così: "L'ambientalismo ideologizzato, dai tratti apocalittici e antiumanistici, è uno tra gli elementi identificativi della cultura delle élites occidentali nel mondo globalizzato, uno tra i vari modi di declinare il relativismo". Sì, ma cosa c'entra la Chiesa? "L'impegno della Chiesa cattolica per la salvaguardia del Creato dovrebbe evitare accuratamente di confondersi con questa accezione dell'ambientalismo, ma non mi pare ponga particolare attenzione a fare le opportune distinzioni". Non è tanto il "cosa", dunque, ma il "come" a preoccupare gli animi di una parte della base cattolica in fermento per l'avvento della "ecologia integrale".
La continuità ambientalista tra Francesco e Benedetto XVI
L'ultima intervista rilasciata da Joseph Ratzinger dovrebbe aver chiarito le idee ai sedevacantisti: il Papa è uno ed è Francesco. I teorici della discontinuità tra gli ultimi due pontefici continuano ad intravedere differenze. Di sicuro lo stile comunicativo del Papa gesuita non è quello del Papa teologo, ma questo è un elemento abbastanza scontato e prevedibile sin dall'elezione dell'argentino. Allo stesso tempo, il mondo è cambiato da Ratzinger in poi, e sono cambiate pure le priorità che un vescovo di Roma fissa nella sua agenda.
Certo, Ratzinger avrebbe difficilmente assecondato la causa di Greta Thunberg. E anche il professor Eugenio Capozzi sembra evidenziare una progressione del concetto di "ecologia integrale" che distinguerebbe il ratzingerismo da quello che è venuto dopo: "Il concetto di ecologia integrale è stato elaborato da papa Benedetto XVI, ed è molto importante perché ricorda che non può esistere alcuna salvaguardia del Creato se non si mette al centro l'uomo, anzi la vita umana, con tutti i suoi legami economici, sociali, culturali, affettivi che costituiscono la comunità. Purtroppo mi pare che quella intuizione sia stata in seguito complessivamente banalizzata, volgendola verso una sorta di generale afflato alla comunione tra uomo e natura in cui la centralità dell'uomo appare appannata". La sensazione è che di ecologia parleranno con sempre maggiore costanza tutti i principali attori geopolitici ed istituzionali del globo. Anche in questo caso, sarà il "come" ad alimentare il dibattito.
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