@ - Si fa sempre più aspro il conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Centinaia di vittime da ambo le parti. La pace è sempre più lontana. Il reportage di InsideOver.
La guerra in Nagorno-Karabakh è un conflitto senza esclusione di colpi. Le bombe sibilano nei cieli di Stepanakert e le persone vivono ormai una quotidianità fatta di rifugi sotterranei, corse verso gli ultimi edifici abbastanza resistenti da resistere alle esplosioni e palazzi squarciati dalle deflagrazioni.
La città deserta e con rari cenni di vita si erge come un ultimo santuario dell’orrore in un inferno che la avvolge come la nebbia. Quella stessa nebbia che si solleva ogni mattina, quando la popolazione viene risvegliata dalle sirene e da nuovi colpi di artiglieria o dai droni delle forze azerbaigiane.
Fuori dalla città, sulla strada che collega Yerevan a Stepanakert, gli autobus e le auto portano i volontari verso il fronte. Molti appaiono felici, quasi ignari del pericolo e dell’orrore che stanno per incontrare sul loro percorso.
Inviano messaggi, foto di rito, Whatsapp diventa il loro modo per raccontare alle famiglie e ai loro amici quello che stanno vivendo lungo l’estremo limite del territorio controllato dalle truppe armene. Chi resta a Stepanakert, invece, vive sotto il fuoco e con la speranza che questo conflitto possa finire al più presto.
Ma è una speranza che appare molto lontana. Almeno nelle voci e negli occhi degli abitanti di questa città dove vivere è proibito ma morire sembra dovuto. Il ritmo delle giornate è scandito dai rumori orribili della guerra, mentre la città viene stravolta dall’emergenza.
I sotterranei dei palazzi rimasti in piedi si trasformano in reparti di ospedale per i feriti e sale operatorie. Le urla di dolore si mischiano al frastuono delle armi. Immagini spietate di ferite che non sembrano in grado di rimarginarsi...
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