mercoledì 22 aprile 2020

Quelle folli accuse a Papa Francesco

@ - A seguito della trasmissione Report, don Maurizio Patriciello risponde a coloro che hanno puntato il dito contro il Santo Padre.


Sono tante le telefonate e i messaggi che mi stanno arrivando, da parte di parenti, amici, parrocchiani, dopo la puntata di Report di lunedì scorso, sugli attacchi a Papa Francesco. Tanta gente è rimasta scandalizzata da alcune affermazioni, al limite della calunnia, se non della follia, da parte di alcuni ricchi e potenti “ultracattolici” d’ Oltroceano con agganci anche in Italia. Il Papa – il nostro Santo Padre – sarebbe, per costoro, addirittura la causa della pandemia per alcune sue scelte che essi ritengono non in linea con la tradizione cattolica. Se non fosse terribilmente tragica la cosa potrebbe apparire comica. “Se costoro fossero la Chiesa, da questa chiesa, prenderei immediatamente le distanze” ho risposto a Eugenio, un caro fedele, medico anestesista, che ogni giorno rischia la vita per strappare alla morte i suoi pazienti e che ha dovuto piangere il suo amico, primario, morto di covid 19.

Al di là di qualsiasi considerazione teologica e filosofica, riflettendo solo con quel briciolo di ragione che ci fu dato in dono, credere in un Dio buono e potente, che per punire un fantomatico Papa infedele, fa una strage a livello mondiale, non solo di cattolici, ma di atei, agnostici, credenti di altre religioni, bambini innocenti, anziani terrorizzati, sarebbe davvero un pessimo affare. Non sarebbe costui solo un dio crudele ma ridicolo. Se prima di parlare, tutti ci domandassimo quanto bene o quanto male possono produrre le parole che stiamo pronunciando, ai piccoli, ai credenti, a chi ha difficoltà a credere, pregheremmo col salmista: “Poni, Signore, una custodia alla mia bocca”. “Ogni testa è un tribunale” ci ricorda un sapiente proverbio. E di teste – tribunali nel mondo ce ne sono più di sette miliardi.

Gesù lo sapeva bene, per questo motivo, volle lasciarci un Maestro sicuro, sotto la guida dello Spirito Santo. È facile disquisire dei senzatetto che dormono sotto i ponti, stando in un letto caldo; è facile pregare in una chiesa bella, profumata, avvolta nel silenzio. È facile condannare omosessuali e divorziati come se fossero dannati, avendo avuto la grazia di un matrimionio felice. Le parole lasciano il tempo che trovano. Noi possiamo solo provare a immaginare lo strazio e il terrore di chi, su un barcone malandato, annega in una notte di tempesta. Possiamo solo immaginare le mortificazioni di certi anziani maltrattati e abbandonati in una casa di riposo. Possiamo solo immaginare l’angoscia di chi ha creduto nelle promesse fatte, e non mantenute, dalla persona amata. Possiamo solo immaginare il desiderio di nutrirsi dei sacramenti, e non poterli ricevere per mancanza di clero, in chi vive in una sperduta zona dell’ Africa o dell’Amazzonia.

Potremo continuare, ma a che serve? Chi ha il cuore grande, rende grazie per ciò che ha ricevuto e si cala poi nei panni altrui. Questa è la compassione, questa è la misericordia. Il Vangelo, che tutti leggiamo, ma la cui interpretazione certa ci viene dal Magistero della Chiesa, parla chiaro: Gesù lo incontriamo nella Sua Paola, nei Sacramenti e nei fratelli, soprattutto in coloro che la società ha trascurato. Piaccia o non piaccia, a Gesù stanno a cuore i poveri, i diseredati, gli ammalati, i profughi, i vecchi, i bambini, i senzatetto. Non ci credi? Chiudi gli occhi e immagina di essere affetto da covid, con la febbre altissima, affamato d’ aria, terribilmente solo, mentre attorno a te si aggirano medici e infermieri senza volto. Immagina che uno di loro ti viene accanto e riesce a farti una carezza e a donarti un briciolo di speranza.

La pandemia che ci ha colto di sorpresa, le motivazioni che hanno reso possibile la sua rapida diffusione, gli errori fatti all’inizio, le tante morti nella case di riposo, meritano, per quanto possibile, risposte serie, adeguate, scientifiche, vere. Anche la teologia dovrà fare i conti con questa sciagura. Le domande di sempre si ripresenteranno puntulamente, occorre, fin da adesso, armarsi di tanta umiltà per tentare di dare qualche risposta. Il flagello che stiamo subendo ha smascherato e messo in crisi la presunzione di tanta pseudoscienza. L’uomo è più grande di quanto si possa immaginare, ma anche e sempre terribilmente fragile. La ragione da sola non basta, ha bisogno di altro, di cuore, di affetto, di amicizia, di speranza, di fede. Ha bisogno di Dio, un Dio che è amico, padre, madre, che lascia morire in croce il suo amato Figlio per salvare, non per condannare le sue creature.

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