martedì 21 aprile 2020

Niente aiuti alle imprese se registrate nei paradisi fiscali: la decisione della Danimarca

@ - Dopo la Polonia, anche la Danimarca ha annunciato che gli aiuti per l’emergenza coronavirus non andranno alle società registrate nei paradisi fiscali. Anche altri Paesi seguiranno il loro esempio?


Le società registrate in paradisi fiscali che non pagano le tasse in Danimarca non riceveranno gli aiuti per l’emergenza coronavirus.

È la decisione presa dal Governo danese in queste ore, seguendo le orme di quanto fatto dalla Polonia a inizio mese. Il provvedimento prevede inoltre che i fondi inviati alle aziende non potranno essere utilizzati per riacquistare le proprie azioni o pagare i dividendi.

Una misura che potrebbe ben presto essere adottata anche in altri Paesi ma che non nasconde diverse debolezze strutturali.

In Polonia a inizio aprile il Governo ha deciso di rendere accessibili i fondi d’emergenza per il coronavirus alle sole imprese che pagano le tasse nel Paese.

Anche la Danimarca, che è già entrata nella Fase 2 con la riapertura delle scuole, ha annnunciato di fare lo stesso: le società registrate in paradisi fiscali non verranno aiutate dallo Stato. L’esecutivo ha anche comunicato che estenderà il programma di aiuto per imprese e lavoratori messi in ginocchio dal nuovo virus, aumentando il budget di 100 miliardi di corone danesi, equivalenti a 13,5 miliardi di euro. Diverse le aziende escluse dal provvedimento, senza contare che i soldi non potranno essere utilizzati per pagare i dividendi ai soci oppure per riacquistare le proprie azioni.

Un’operazione resa possibile dalla nuova emissione di titoli di Stato che porterà l’ammontare complessivo degli aiuti a 387 miliardi di corone (50 miliardi di euro). Proprio il ministro delle Finanze, Nicolai Wammen, parlando all’emittente TV2 ha spiegato che la Danimarca finanzierà le misure emettendo nuovi bond del tesoro, grazie anche a un rating AAA.

Paradisi fiscali: la black list dell’Europa
Il settore crocieristico è tra i più colpiti dal coronavirus. Se anche altri Paesi decideranno di adottare l’approccio della Danimarca, difficilmente potrà ricevere gli aiuti necessari ad ammortizzare le perdite economiche. Le maggiori compagnie dell’industria come la Carnival Corporation, la Royal Caribbean e la Norwegian Cruise Line infatti sono formalmente registrate a Panama, in Liberia e Bermuda. Ma il è un discorso può essere allargato anche a tante società che operano in altre aree.

Il Governo danese ricorrerà alla lista nera dell’UE dei paradisi fiscali, un elenco che presenta grossi limiti oggettivi. All’interno dello stesso infatti sono presenti solamente queste giurisdizioni: Samoa Americane; le isole Cayman; le isole Fiji; Guam; Oman; Palau; Panama; Samoa; le Seychelles; Trinidad and Tobago, le Isole Vergini Americane e Vanuatu. Rimangono fuori moltissime nazioni tra cui i Paesi Bassi, Irlanda, Svizzera e Lussembrugo che permettono evasioni fiscali nell’ordine di miliardi di euro ogni anno. Ed è chiaro che si tratta degli stessi Paesi che probabilmente non adotteranno un piano simile a quello proposto dalla Danimarca.

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