lunedì 21 ottobre 2019

Proteste Cile, dal caroprezzi alla corruzione fino ai salari bassi: ecco perché il Paese è diventato il nuovo fronte caldo del Sudamerica

@ - Poco tempo fa, il presidente Sebastián Piñera aveva definito lo Stato latinoamericano "un'oasi di pace". Ma secondo i dati della Banca Mondiale, insieme a Honduras, Colombia, Brasile, Guatemala, e Panama, è tra i cinque Paesi più diseguali al mondo dopo quelli africani

Incendi, scontri, stato d’emergenza, coprifuoco: è una situazione che in Cile non si viveva da decenni, che riporta indietro ai tempi della dittatura di Pinochet. Eppure, quella che fino a poco più di un paio di giorni fa il suo presidente aveva definito come “un’oasi di pace” nel turbolento Sudamerica ha manifestato con forza il suo profondo malcontento per le profonde disuguaglianze sociali. Da tempo si succedono proteste per i costi esagerati dei farmaci e delle assicurazioni sanitarie, l’aumento delle bollette della luce e un sistema educativo dai costi proibitivi che costringe migliaia di famiglie a indebitarsi. Così l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico a Santiago, che colpisce soprattutto gli studenti e ha scatenato le proteste di questo fine settimana, è stata solo la miccia di una bomba a orologeria che sta montando da tempo.

Il Cile, insieme a Honduras, Colombia, Brasile, Guatemala, e Panama, è tra i cinque Paesi più diseguali al mondo, dopo quelli africani, secondo la Banca Mondiale. Gli ultimi dati del Ministero dello Sviluppo sociale cileno, riferiti al 2017, dicono che il 10 per cento più ricco della società guadagna 39,1 volte più del 10 per cento più povero. Nel 2015, il dato si fermava al 33,9. Una situazione figlia dell’impostazione neoliberista data da Augusto Pinochet durante la dittatura, con la privatizzazione di quasi tutti i servizi essenziali, ma che non è stata sostanzialmente cambiata nei quasi 30 anni di governo guidati per la maggior parte dal centro-sinistra. Negli ultimi anni, con i due governi di Michelle Bachelet ci sono stati degli aggiustamenti, sotto anche la spinta delle proteste di piazza studentesche che però non hanno scalfito l’impostazione generale. Basti pensare che il salario minimo si aggira sui 300mila pesos cileni, cioè sui 400 euro mensili, e il costo dei trasporti in metro a Santiago, con quest’ultimo aumento di 30 pesos (arrivando a 1,05 euro) del biglietto, sale a circa 33.000, cioè 44 euro al mese. In una città come la capitale, dove i costi per affitto e cibo sono paragonabili a quelli europei e l’istruzione costa cara (se si può evitare di andare nelle scuole pubbliche dove ci sono 45-50 alunni per classe), si capisce come quest’ultimo rincaro sia stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Ad aumentare lo scontento sociale ci sono poi le cosiddette Amministrazioni dei fondi pensione (Afp) che accumulano guadagni milionari ogni anno. Solo nel 2018 il governo di Sebastian Pinera ha inviato al Parlamento la riforma del sistema per stabilire un apporto del 4% da parte del datore di lavoro, per anni escluso dal sistema. Inoltre, all’inizio di ottobre l’esecutivo ha fatto aumentare del 10,5% le tariffe della luce, mentre non si è riusciti a far scendere il prezzo dei farmaci. Poi c’è il sistema di salute privato, le cui tariffe vengono aumentate ogni anno, che copre solo il 60% delle prestazioni, lasciando fuori gli anziani, ed è tre volte più caro per le donne. Non sono inoltre mancati gravi casi di corruzione, in una società che fino a pochi anni fa si vantava per la sua trasparenza, tra Esercito e Carabinieri accusati di malversazioni per 40 milioni di dollari dal 2006, anche nelle più alte cariche.

Ecco perché la retromarcia sull’aumento delle tariffe, annunciata sabato dal presidente Pinera (che tra l’altro venerdì, nel pieno degli scontri, è stato fotografato a pranzo mangiare una pizza con tutta la sua famiglia in uno dei quartieri più esclusivi della città), non ha sortito l’effetto sperato. Le proteste e gli scontri si sono allargati ad altre città importanti del Paese, come Valparaiso, Concepcion e Iquique, portando a optare per il coprifuoco dalle 22 alle 7 del mattino (l’ultima volta era stato dichiarato a Santiago da Pinochet, nel 1987, e nel 2010 a Concepcion dopo il terremoto e tsunami). Il bilancio di questo fine settimana vede finora tre morti in un incendio in un supermercato, 470 persone arrestate, più di un centinaio di feriti tra civili e carabinieri, 41 stazioni della metro distrutte o vandalizzate. Domenica Pinera si riunirà con i diversi poteri dello Stato e in settimana ascolterà le proposte dei vari settori della società per ridurre il costo della vita e aumentare la sicurezza. Ma il vero problema sarà trovare una connessione con i cileni, che da troppo tempo si sentono esclusi e incompresi.

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