martedì 1 ottobre 2019

Libia, lo Stato Islamico tenta di rinascere a due passi dall'Italia

@ - I droamericani hanno colpito una base dello Stato Islamico, che sfrutta la guerra civile per riorganizzarsi. In dodici giorni uccisi 43 terroristi. E la questione sarà al centro dei colloqui di Mike Pompeo a Palazzo Chigi.

Lo Stato Islamico sta cercando di rinascere. E per risorgere dalla cenere delle sconfitte ha scelto il Paese dove ci sono le condizioni ideali: la Libia, devastata dalla guerra civile. Lì è facile radunare reclute ed armi, anche sofisticate. E le autorità ormai pensano solo al conflitto, senza nessun controllo del territorio. La pericolosità di questo focolaio jihadista è testimoniata dalla campagna aerea lanciata dal governo americano. Domenica scorsa infatti i droni statunitensi sono tornati all'attacco proprio in Libia: è la quarta volta in dodici giorni. L'obiettivo è sempre lo stesso: una formazione dell'Isis, nascosta nei territori desertici del Fezzan.

Secondo il comunicato ufficiale, il raid di domenica ha ucciso sette persone. Più importanti le motivazioni dell'incursione: "Puntiamo a distruggere l'attività di pianificazione e addestramento dei terroristi", ha dichiarato il generale William Gayler, direttore delle operazioni di Africom. Segno che quelle prese di mira in Libia non sono piccole cellule dello Stato Islamico ma un nucleo che sta cercando di riorganizzarsi in grande stile.
La questione libica sarà uno dei punti chiave della visita romana di Mike Pompeo, segretario di Stato ed ex capo della Cia, ritenuto oggi l'uomo forte dell'amministrazione Trump. A Palazzo Chigi difficilmente Pompeo farà autocritica, ammettendo che il sostegno della Casa Bianca al generale Haftar abbia complicato la situazione nel Paese. L'offensiva contro Tripoli si è arenata subito, degenerando in un conflitto con la mobilitazione di milizie d'ogni genere e il pesante contributo di potenze musulmane, come Turchia, Egitto, Emirati e Qatar. Insomma, un grande caos dove prosperano le brigate estremiste. Pompeo però dovrebbe tributare un riconoscimento alla posizione dell'Italia, che sotto la supervisione del premier ha tenuto un canale aperto con tutti i contendenti: l'attività svolta dalla nostra intelligence ci pone ancora nelle condizioni ideali per tentare una mediazione. Che è diventata urgente, prima che la Tripolitania si trasformi in una nuova Siria.


L'attivismo di formazioni ispirate ai valori di Al Qaeda è segnalato ovunque. A preoccupare di più però è lo Stato Islamico, che nel 2015 sembrava cancellato dalla Libia dopo la durissima battaglia di Sirte. Oggi invece i segnali di ricostituzione sono sempre più forti, con il sospetto che alcuni veterani sfuggiti dalle disfatte in Medio Oriente abbiano raggiunto il Maghreb. I raid condotti dai droni americani in dodici giorni hanno ucciso 43 presunti jihadisti: il segno di quanto sia forte la nuova colonia dell'Isis. Le incursioni sono state concentrate nell'area di Murzuq. Il cuore del Fezzan, la regione più meridionale, in un territorio desertico non lontano dal confine del Niger: il crocevia dei traffici dall'Africa Centrale e della rotta dei migranti diretti verso l'Europa. Lì dove la disperazione rende più facile il proselitismo.

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