mercoledì 11 settembre 2019

Cosa significa la proposta di annessione di Netanyahu

@ - Il primo ministro israeliano ha annunciato di voler annettere la Valle del Giordano, se rieletto: è solo una mossa elettorale o c'è qualcosa di concreto?

Martedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che se sarà rieletto annetterà a Israele la Valle del Giordano e il nord del mar Morto, un vasto territorio che già attualmente è abitato in larga parte da coloni israeliani ed è sotto il controllo di Israele, ma che formalmente appartiene per lo più all’Autorità Nazionale Palestinese, l’organo di autogoverno palestinese.

È una proposta che ha agitato la regione e che è stata duramente criticata dai leader arabi, e che molti osservatori hanno interpretato come una promessa elettorale dell’ultimo minuto in vista delle elezioni politiche previste per domenica 17 settembre. Ma c’è anche chi ha espresso preoccupazione per le possibili conseguenze, visto che Netanyahu potrebbe ottenere il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha già dimostrato di essere solidale con le ambizioni espansionistiche di Israele.

La Valle del Giordano è un’ampia e fertile porzione di terra lungo il corso dell’omonimo fiume. Il Giordano nasce dal Lago di Tiberiade e scorre verso sud per oltre un centinaio di chilometri fino al mar Morto. I territori a est del fiume appartengono alla Giordania. Quelli a ovest sulla carta spetterebbero all’Autorità palestinese ma già da molti anni sono gestiti e abitati perlopiù da coloni israeliani, ad eccezione della città palestinese di Gerico.

La maggior parte della Valle del Giordano rientra infatti nella cosiddetta “Area C” della Cisgiordania, cioè quella sotto il controllo militare e civile di Israele, che ci svolge regolarmente operazioni militari e che ha incoraggiato l’insediamento dei suoi coloni. Concretamente, quindi, l’annessione non rappresenterebbe un grande cambiamento: né per i circa diecimila coloni che vivono nella zona, né per i 65mila palestinesi che vivono a Gerico, che nei piani di Netanyahu rimarrebbe una specie di enclave autogestita dai palestinesi.

Israele considera la Valle del Giordano una regione strategica, una barriera naturale «essenziale» per la sua sicurezza e che funzionerebbe (e funziona già, in realtà) come zona di cuscinetto verso est – oltre la Giordania si estende infatti l’Iraq e subito dopo l’Iran, principale nemico di Israele – e come deterrente per il traffico di armi verso i territori palestinesi. Ma è anche una zona con un grande potenziale agricolo, energetico e minerario, e che attrae molti turisti per la presenza del mar Morto. Fino al 1967 apparteneva alla Giordania, ma dopo la Guerra dei sei giorni fu di fatto occupata, insieme a buona parte della Cisgiordania, la penisola del Sinai, le alture del Golan e la Striscia di Gaza. La maggior parte dei paesi al mondo non riconosce tuttora queste annessioni, e considera illegali gli insediamenti israeliani.

Dopo l’annuncio, molti osservatori hanno sottolineato come rientri perfettamente in una strategia già adottata diverse volte in passato da Netanyahu: una promessa altisonante e provocatoria subito precedente alle elezioni, che compatti gli elettori del Likud, il suo partito conservatore, e che metta fuori dai giochi i suoi avversari più a destra.

L’annuncio di Netanyahu è stato quindi accolto con un certo scetticismo, ma c’è chi, come il giornalista del Guardian Peter Beaumont, ha scritto che questa volta le cose potrebbero essere un po’ diverse. Come sottolineato dallo stesso Netanyahu, infatti, le politiche espansionistiche e aggressive di Israele hanno in questo momento l’assenso più o meno esplicito degli Stati Uniti e dell’amministrazione di destra di Trump. Nel giro di due anni gli Stati Uniti hanno spostato la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme e riconosciuto la sovranità di Israele sulle alture del Golan; due decisioni dalle scarse conseguenze concrete ma simbolicamente molto importanti, che hanno provocato durissime reazioni nel mondo arabo e sono state interpretate come un chiaro appoggio al colonialismo nazionalista promosso da Netanyahu. Il primo ministro israeliano, peraltro, sa che le cose potrebbero cambiare nel giro di un anno e mezzo, se Trump dovesse perdere le elezioni presidenziali del 2020.

In ogni caso, prima di ulteriori analisi sulla possibilità dell’annessione della Valle del Giordano bisognerà aspettare l’esito delle elezioni: attualmente la coalizione di destra di Netanyahu è la più vicina a una maggioranza nella Knesset, il parlamento israeliano, ma le cose potrebbero cambiare. Il partito centrista Blu e Bianco dell’ex capo delle forze armate israeliane è più o meno appaiato nei sondaggi, dopo che alle elezioni dello scorso aprile aveva rischiato di ottenere la maggioranza fermandosi a pochi decimi di distanza in percentuale dal Likud.

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