lunedì 27 maggio 2019

Cade il gelo nel quartier generale di Macron I

@ - I militanti provano a vedere il lato positivo per il distacco limitato da Le Pen, ma il premier Philippe smorza gli entusiasmi: "Se si arriva secondi è sconfitta".

Quando sullo schermo compaiono i primi exit poll, la sala del centro congressi della Mutualité di Parigi dove si svolge la serata elettorale de La République en marche cade per qualche secondo nel silenzio più totale.

La lista del Rassemblement National di Marine Le Pen guidata da Jordan Bardella è in testa con il 23,3% dei voti, davanti a quella de La République en marche condotta da Nathalie Loiseau, al 22,1%. Exploit del partito ambientalista Europa Ecologia-I verdi (Eelv), terzi al 13,1 per cento, mentre i Repubblicani crollano all’8,4 per cento. Restano dietro La France Insoumise e il Partito socialista, entrambi al 6,6 per cento.

Un risultato ampiamente previsto dai sondaggi dell’ultima settimana, ma che rappresenta comunque una doccia fredda per il partito di maggioranza francese. Dopo un primo momento di esitazione, i presenti in sala cercano di riprendersi.

Nell’attesa di sentire il suo discorso, qualcuno comincia a scandire il nome di Loiseau sventolando le bandierine europee prese all’entrata, mentre altri abbozzano un sorriso nel tentativo di minimizzare la notizia. In effetti, con questi risultati l’estrema destra francese dovrebbe riuscire a occupare tra i 22 e i 24 seggi nell’emiciclo di Strasburgo, contro i 21-23 del partito di maggioranza. 

“Non credo sia una grossa sconfitta”, dice Paul, militante sulla quarantina, che cerca di nascondere l’amarezza. “Non siamo cosi lontani dai nostri avversari, e poi bisogna prendere in considerazione il contesto che ha accompagnato queste elezioni – continua – i partiti di opposizioni di destra e di sinistra hanno preferito favorire Marine Le Pen pur di ostacolarci”.

Intanto, la leader del Rassemblement National prende la parola dal suo quartier generale nel 15esimo arrondissement e parte all’attacco degli avversari chiedendo lo “scioglimento dell’Assemblea nazionale” e la modifica del sistema elettorale in senso proporzionale. Le Pen promette un “supergruppo” di sovranisti nell’Europarlamento capace di “influenzare” le sorti dell’Ue.

Le immagini vengono ritrasmesse tra i militanti En Marche, che accolgono le parole della rivale con buuu e fischi. Finalmente, dopo una lunga attesa, Loiseau entra in sala. La maggioranza presidenziale “ha dato prova della sua solidità”, dice la candidata, sottolineando il “radicamento durevole” che ha maturato il suo partito. Il pubblico applaude e continua con i fischi quando viene evocato il nome di Marine Le Pen.

Qualche minuto dopo arriva anche la dichiarazione dell’Eliseo, che resta sulla stessa linea del partito di maggioranza. La presidenza parla di un “risultato onorevole” visto che mai prima d’ora si è visto “un partito al potere ottenere un risultato alle europee così alto rispetto alle presidenziali”.

Il mondo della macroniana fa blocco attorno al presidente mettendo in avanti la forte partecipazione registrata, che per queste elezioni è stata del 52 per cento, circa dieci punti in più rispetto alle elezioni del 2014. Una tendenza che, secondo l’Eliseo, è stata possibile anche grazie all’operato di Macron, capace di “ridare un senso europeo” alla politica.

L’unica voce fuori dal coro sembra essere quella del premier Edouard Philippe: “Quando arrivi secondo a un’elezione non puoi dire che hai vinto”, riconosce il capo del governo, promettendo che da domani sarà “al lavoro per proseguire il progetto del presidente”.

Gli appelli al “voto utile” contro lo spauracchio dell’estrema destra lepenista non hanno funzionato: il giovane e determinato Bardella ha battuto la rivale Loiseau, che nel corso della campagna elettorale non è mai riuscita ad entrare veramente in partita. “Una candidata mediocre!”, dice Adama, studentessa 24 anni e simpatizzante della prima ora. “Ha fatto troppi errori, ma la responsabilità non è solo la sua – continua la ragazza – Il partito non è stato vicino alla gente e Macron ormai ha una leadership criticabile”.

Ma la responsabilità della débâcle macroniana non è da attribuire solo alla scarsa verve mostrata dall’ex ministra degli Affari europei. Queste elezioni arrivano al termine di un periodo estremamente complicato per il presidente francese, segnato dalla crisi che si è aperta a novembre con le proteste dei gilet gialli e continuata con il grande dibattito nazionale, un’iniziativa lanciata dallo stesso Macron per cercare di riallacciare il dialogo con i francesi e che a quanto pare non sembra aver portato gli effetti sperati.

A nulla sembra essere servita neanche la discesa in campo del presidente, che proprio durante il rush finale della campagna elettorale si è impegnato in prima persona, chiedendo alla sua squadra di governo di fare altrettanto. Marine Le Pen, invece, ha giocato di rimessa colpendo il suo avversario proprio nei punti deboli e trasformando le elezioni europee in un “referendum anti-Macron”.

Adesso l’inquilino dell’Eliseo dovrà raccogliere i cocci per lanciarsi nella seconda fase del suo mandato nel tentativo di riguadagnare terreno, anche se a questo punto la strada per le elezioni presidenziali del 2022 sembra essere tutta in salita. L’Eliseo ha smentito le voci circolate in questi ultimi giorni, che prevedevano un rimpasto di governo in caso di sconfitta.

Macron conta di “intensificare l’atto II del suo mandato”, fa sapere l’Eliseo, garantendo che “non ci sarà nessun cambiamento” nella sua linea politica. 
Una dimostrazione di forza che potrebbe però rivelarsi pericolosa sul lungo termine.

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