sabato 27 aprile 2019

Esodati, manager diventato “barbone” racconta la vita in strada senza un euro in tasca – su Fq MillenniuM in edicola

@ - Sul mensile diretto da Peter Gomez l'inedito "Manuale di sopravvivenza" di Aldo Scaiano, dirigente informatico milanese diventato clochard nel limbo della legge Fornero. Dalle notti all'aeroporto di Linate, ai polli in saldo dei supermercati alla miriade di enti che aiutano i senza fissa dimora. Ma anche la scoperta di una nuova vita dove i beni materiali lasciano spazio a relazioni umane, nuovi interessi e volontariato.

Da manager informatico a esodato a “barbone”. O come preferisce dire lui, “spiazzato”. Qui di seguito leggerete alcuni brani del diario inedito del sessantenne milanese Aldo Scaiano, un racconto vivido in prima persona su cosa significa, per chi è abituato a una vita e a una famiglia “normale”, ritrovarsi da un giorno all’altro da solo per strada senza un soldo. Nelle pagine del Manuale di sopravvivenza per esodati, scovato dal nostro collaboratore Antonio Armano, l’ansia di poter soddisfare le esigenze materiali, dal mangiare al dormire, si alterna alla scoperta di una nuova dimensione dove il fardello dei beni materiali si riduce – anche fisicamente – ai minimi termini e lascia spazio alle relazioni umane, a nuovi interessi, al volontariato, in cui ancora oggi Scaiano – raggiunta finalmente l’agognata età pensionabile post legge-Fornero – si impegna. Stralci più ampi del suo diario si possono leggere sul mensile Fq MillenniuM attualmente in edicola, insieme a inchieste e approfondimenti sulla “morte della borghesia” (video – il direttore Peter Gomez presenta il nuovo numero). Quanto al manoscritto integrale, è ancora in cerca di un editore.

Sopravvivere con un euro a settimana
Sei anni di vita di strada, da esodato e senza fissa dimora, deciso a riorganizzare la mia vita tra quattro opzioni: suicidio secco, suicidio lento, vita da parassita o riscatto e recupero della mia dignità. Sei anni di vita di strada che ti permettono di conoscere un mondo nuovo, composto di migliaia di persone in difficoltà, migliaia di volontari generosi e alcuni un po’ opportunisti, centinaia di associazioni laiche e religiose. Una vita da sopravvissuto che racconta la realtà dal basso rispetto agli operatori o giornalisti che scrivono sui barboni o clochard: vivo la strada e sbatto contro le contraddizioni e le disperazioni della moltitudine delle persone in difficoltà, senza fissa dimora e senza tetto.

Mi rendo conto come il denaro non sia tutto, riesci a sopravvivere con un euro a settimana e la domenica scoprire che hai ancora l’euro in tasca. Basta organizzarsi, reagire, ritrovare la propria dignità, vivere al minimo e ringraziare la solidarietà del prossimo e dell’ente pubblico, laico e religioso. Nei primi due anni senza casa e tetto, mi sono state utili le sale d’attesa di due aeroporti lombardi. Quattro anni sotto un tetto in condivisione con adulti di diversa nazionalità. Oggi sono ancora in casa in condivisione, perché in bolletta e ancora senza pensione, ma ho recuperato la mia dignità di cittadino usufruendo di una residenza riconosciuta dal Comune di Milano presso una sede della Caritas Ambrosiana (…)

Perché non cercare un lavoro? È stata la mia prima decisione da esodato, ma non fu facile presentarsi a sessantaquattro anni: ero troppo anziano e troppo specializzato, anzi super specializzato. Neppure le cooperative di servizi mi accettarono perché troppo anziano per pulire uffici, cessi o locali pubblici. Vi era già molta concorrenza di persone con meno di quaranta anni dei miei sessantaquattro. (…)

Grand Hotel Linate
Ottobre 2018, dopo sei anni di vita di strada ritorno sul luogo che mi ha ospitato per due anni per incontrare Alex, un vecchio amico che non vedo da oltre sei anni. Entro nell’aeroporto di Linate da una porta secondaria perché in fase di ristrutturazione quasi tutta l’ala delle partenze. Ho appena visto in tivù un servizio di Striscia sulle persone che vi dormono la notte o che vi bivaccano tutto il giorno, con grande sorpresa ho appreso che proprio ai bivaccati fanno pagare il posto dove sdraiarsi per dormire! L’intraprendenza degli uomini nello sfruttare le sofferenze degli altri è sempre una notizia che lascia perplessi e un po’ disgustati.

Amici della Sea, l’ente di gestione dell’aeroporto, mi dicono che le cose stanno cambiando specie dopo il servizio trasmesso. Oggi non è più possibile dormire o bivaccare in aeroporto. Le porte vengono chiuse e vi possono stazionare solo coloro che hanno un biglietto per il volo. Nei miei oltre due anni di permanenza, ottobre 2012-gennaio 2015, si poteva stazionare anche di notte, bastava non sporcare, disturbare o rompere le scatole ai passeggeri o alle commesse dei negozi. Vi entravo a mezzanotte e ne uscivo al mattino alle sei, sbarbato e pulito, pronto per prendere la prima corsa del bus 73 per il centro città. (…)

Il pollo in saldo del sabato sera
Vivere al minimo vuol dire che oltre al gusto devi sviluppare la vista e l’olfatto, saziarti ricorrendo ad altri sensi che spesso utilizzi molto poco. Proseguo chiarendo il concetto che la condizione di reddito zero impedisce l’acquisto di cibo di un certo valore, cibo che ormai devi dimenticare di acquistare e degustare. Quindi oltre a dimenticare “ostriche e champagne”, devi necessariamente escludere tutti i cibi che hanno un certo costo, anche il semplice pollo arrosto venduto al supermercato o nei mercati rionali. In questa situazione hai due scelte: entri in depressione e inizi a lamentarti sulle sfortune della vita, oppure aguzzi l’ingegno e cerchi soluzioni alternative. Quali? Inizi a cercare i “saldi”, cibo preparato venduto a quasi a metà prezzo nei supermercati, il sabato o la domenica sera: ottimi stinchi di maiale acquistati a metà prezzo, come anche gustosi polletti che nulla hanno da invidiare al gusto e alla quantità del normale acquisto. Giustamente il reparto gastronomico non può ripresentare dopo uno o due giorni, il medesimo prodotto e allora lo offre in promozione, notevolmente scontato. Questo succede nei supermercati seri. (…)

Nel primo anno della mia vita di senza fissa dimora, riuscii a non ricorrere alle mense pubbliche o altre forme di sostentamento gratuito. Ricordo ancora il primo panino che accettai per strada, in fila con altri senza tetto: avevo la mano quasi paralizzata e la volontaria non mi aiutò a superare l’imbarazzo, perché dimostrò una certa meraviglia per la mia mano tesa, dato che non sembravo proprio un clochard. (…)

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