sabato 16 marzo 2019

La crisi del riciclo negli Stati Uniti

@ - A un anno dal blocco delle importazioni di rifiuti da parte della Cina molte città sono tornate agli inceneritori: uno dei problemi, però, è proprio la raccolta differenziata.
A partire dagli anni Ottanta i paesi industrializzati hanno iniziato a esportare gran parte dei loro rifiuti da riciclare verso la Cina, un mercato in espansione disponibile ad accontentarsi anche di rifiuti di bassa qualità per trasformarli in materie prime. Solo per quanto riguarda la plastica si calcola che dal 1992 – cioè da quando si è cominciato a raccogliere dati a riguardo – la Cina abbia ricevuto il 45 per cento di tutti i rifiuti prodotti, arrivando nel 2016 ad assorbire più del 70 per cento di tutti i rifiuti di plastica. La Cina prendeva dai rifiuti quello che poteva riciclare e bruciava il resto, sopperendo a una carenza di materia prima causata dall’ancora diffusa povertà del paese.

Tutto questo è stato possibile fino a quando, nell’estate del 2017, il governo cinese ha deciso di diminuire le importazioni dei rifiuti plastici e cartacei, imponendo a partire dal 1 gennaio 2018 il blocco delle importazioni di 24 tipologie di rifiuti, tra cui plastica, carta da macero e scarti tessili, a cui nel 2019 sono state aggiunte altre 16 tipologie, tra cui rottami di auto e navi demolite. Si trattava infatti di materiale considerato di bassa qualità, i cui costi di importazione e riciclaggio non erano più convenienti per il mercato cinese. La Cina ha deciso quindi di importare solo rifiuti “di qualità”, più facilmente riciclabili, ma ha provocato problemi enormi, che a cascata riguardano tutti i paesi che per anni avevano venduto alla Cina i loro rifiuti.

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