sabato 16 febbraio 2019

McCarrick ridotto allo stato laicale, sentenza del Papa inappellabile


VaticanInsider - Francesco ha “spretato” l’ex arcivescovo di Washington a cui aveva tolto la porpora nel luglio 2018. Ritenuto colpevole di «sollecitazione in Confessione e violazioni del Sesto Comandamento del Decalogo con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere». Un segnale forte in vista del summit in Vaticano.

Monsignore, eccellenza, eminenza. Tanti i titoli che hanno preceduto il nome di Theodore McCarrick, l’arcivescovo emerito di Washington per anni tra le personalità più influenti della Chiesa degli Stati Uniti d’America. Dal 28 luglio 2018 già non era più cardinale, dopo la decisione di Papa Francesco di togliergli la porpora in seguito alle accuse di abusi su un minore e di una condotta sessualmente inappropriata con giovani seminaristi e sacerdoti maggiorenni. Da oggi, neppure sette mesi dopo, McCarrick a sessant’anni della sua ordinazione sacerdotale viene privato anche dello status di sacerdote: a conclusione di un processo penale Francesco lo ha dimesso infatti dallo stato clericale con una sentenza inappellabile.

La notizia era nell’aria da giorni e da mesi circolava tra i media statunitensi che invocavano tale mossa quasi come un “atto dovuto” da parte del Papa alla vigilia del mega summit sugli abusi del 21-24 febbraio con i presidenti delle Conferenze episcopali dei cinque continenti. Oggi la conferma giunge con un comunicato della Congregazione per la Dottrina della Fede, diffuso in un insolito orario dalla Sala Stampa vaticana. Nella nota si legge: «In data 11 gennaio 2019, il Congresso della Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato il decreto conclusivo del processo penale a carico di Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, D.C., con il quale l’accusato è stato dichiarato colpevole dei seguenti delitti perpetrati da chierico: sollecitazione in Confessione e violazioni del Sesto Comandamento del Decalogo con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere, pertanto gli è stata imposta la pena della dimissione dallo stato clericale».

«Il 13 febbraio 2019 - prosegue la nota - la Sessione Ordinaria (Feria IV) della Congregazione per la Dottrina della Fede ha esaminato gli argomenti presentati nel ricorso del ricorrente e ha deciso di confermare il decreto del Congresso. Questa decisione è stata notificata a Theodore McCarrick in data 15 febbraio 2019. Il Santo Padre ha riconosciuto la natura definitiva, a norma di legge, di questa decisione, la quale rende il caso res iudicata, cioè non soggetta ad ulteriore ricorso».

«Defrocked» è il termine usato dagli americani per indicare questa che nel diritto canonico è considerata la massima pena per un chierico, la punizione più severa imposta dopo reati gravi. E McCarrick porta sulle spalle l’accusa di aver violentato un adolescente quarantacinque anni fa quando era sacerdote a New York (dove nel 1977 divenne vescovo ausiliare). Resa pubblica il 20 giugno 2018, la denuncia ha fatto sì che McCarrick venisse rimosso da ogni ministero pubblico. Ad essa si è aggiunta, lo scorso dicembre, l’accusa - riconosciuta fondata, come si evince dal comunicato di oggi - di James Grein, un uomo della Virginia che davanti al vicario giudiziale dell’arcidiocesi di New York incaricato dalla Santa Sede, ha affermato di esser stato molestato a 11 anni da McCarrick negli anni Settanta durante una confessione in una stanza. 
Ma le voci sulla cattiva condotta sessuale dell’ex porporato si rincorrono già dagli anni Novanta, quando da arcivescovo di Metuchen e di Newark, diocesi entrambe nel New Jersey, si parlava di un presule molesto nei confronti di giovani adulti, principalmente seminaristi, e di alcune esplicite richieste di prestazioni sessuali che McCarrick avanzava approfittando della sua posizione di potere. Le vittime, oltre a seminaristi, erano anche componenti di famiglie che l’allora vescovo frequentava abitualmente tanto da chiamarlo confidenzialmente lo “zio Ted”. 

Tutte accuse che circolavano con insistenza negli ambienti diocesani ma che non sono mai divenute effettive denunce. E che non hanno impedito l’ascesa di McCarrick alla importante sede di Washington, dove Giovanni Paolo II lo assegnò nel 2000 creandolo l’anno dopo cardinale. 

Il caso McCarrick copre infatti tre pontificati ed è stato al centro anche del dossier pubblicato dall’ex nunzio negli Usa Carlo Maria Viganò dello scorso agosto, in cui - di concerto con una rete politico-mediatica in opposizione a Bergoglio - veniva messo in stato d’accusa il Pontefice per aver “riabilitato” il cardinale da presunte «sanzioni» ricevute da Benedetto XVI (rivelatesi poi delle raccomandazioni autorevoli presentate circa due anni prima della data comunicata dall’ex nunzio) e ne venivano richieste, clamorosamente, le dimissioni. Il tutto dimenticando che Francesco è stato il primo ed unico Papa ad aver preso un provvedimento contro McCarrick come quello di togliergli la porpora che, peraltro, nella storia della Chiesa registra un unico precedente, novant’anni prima.

Una decisione, questa del Papa, frutto di un’indagine previa approfondita voluta dal Pontefice argentino e svolta dall’Arcidiocesi di New York, a conclusione della quale la documentazione era stata trasmessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Dopo di essa, e dopo la bufera succeduta al “comunicato” Viganò, Francesco aveva anche disposto «un ulteriore accurato studio dell’intera documentazione presente negli Archivi dei Dicasteri e Uffici della Santa Sede» su McCarrick, «allo scopo di appurare tutti i fatti rilevanti, situandoli nel loro contesto storico e valutandoli con obiettività», come informava una nota vaticana dell’ottobre 2018, riferendo anche che i risultati sarebbero stati pubblicati a tempo debito. 
Finora nulla è stato reso pubblico ma evidentemente il processo ha comprovato le varie accuse portando alla deliberazione di oggi con la quale McCarrick è divenuto il prelato cattolico di più alto rango ad essere “spretato”, volendo usare un termine del gergo comune. Una decisione che certo rappresenta un grande segnale in vista del vertice con i presidenti degli episcopati mondiali e che conferma la linea di “tolleranza zero” adottata ormai da anni dalla Chiesa verso la piaga degli abusi. 
Essa, tuttavia, non va a risolvere il caso, indubbiamente uno dei più controversi mai accaduti in Vaticano.Lo scandalo McCarrick non riguarda infatti solo il problema in sé degli abusi del clero ma tocca anche la spinosa questione degli insabbiamenti, e in questo caso specifico, degli occultamenti da parte delle alte gerarchie della Santa Sede che - come emerso da diverse indagini e testimonianze nell’ultimo anno - sarebbero state a conoscenza da anni dei comportamenti scorretti dell’allora vescovo di Newark e Metuchen (non si hanno notizie di abusi o altro durante il ministero a Washington, ndr), ma che non avrebbero agito per impedirne la scalata verso il potere con la nomina nell’arcidiocesi della capitale federale, la più importante della Chiesa statunitense con frequenti rapporti con la Casa Bianca. 
Proprio quello degli occultamenti rimane uno dei nodi difficili da sciogliere circa la questione abusi che, con buona probabilità, sarà un tema centrale durante le discussioni dell’imminente summit. 
Intanto l’88enne McCarrick continua a risiedere nel convento di St. Fidelis a Victoria, nel Kansas occidentale, dove vivono anche cinque francescani cappuccini e un frate. L’appartamento si trova nella diocesi di Salina, a fianco alla Basilica di St.Fidelis, conosciuta anche come la “Cattedrale della Pianura”, meta di circa 16mila turisti all’anno. Dopo la breve nota del giugno dello scorso anno, in cui ribadiva la sua innocenza e si diceva pronto a collaborare con qualsiasi indagine, da parte sua non è mai più giunta alcuna dichiarazione e sembra che l’ormai ex sacerdote abbia adottato una vita di silenzio e preghiera.

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