domenica 13 gennaio 2019

I sospetti dell’Fbi su Trump al soldo dei russi L’indagine aperta dopo il licenziamento del direttore Comey. Il presidente: è tutta una cospirazione

L’Fbi aveva aperto un’inchiesta su Trump quando era già presidente, sospettando che lavorasse per la Russia. Non un’indagine sulla collusione con Putin per influenzare le elezioni del 2016, ma una vera e propria operazione di controspionaggio, basata sull’ipotesi che il capo della Casa Bianca fosse in sostanza un agente al servizio o ricattato dal Cremlino.


La notizia è stata pubblicata dal «New York Times», e Trump ieri ha reagito via Twitter, scrivendo che dimostra come agenti deviati avessero cospirato per abbatterlo. Qualunque sia la verità, si tratta in ogni caso di una notizia grave, perché le ipotesi possibili sono solo due: o il presidente era davvero un uomo in mano alla Russia; oppure all’interno dell’Fbi c’era un gruppo di persone corrotte o incompetenti, che manovravano per distruggerlo.

Il sospetto, che se fosse confermato farebbe impallidire la fantasia del «Manchurian Candidate», aveva iniziato a circolare nel Bureau durante la campagna elettorale, ad esempio quando l’allora candidato Trump aveva sollecitato la Russia a violare i computer di Hillary Clinton per trovare le sue mail perdute. Nel libro «House of Trump, House of Putin», Craig Unger ha scritto che Donald era stato corteggiato dal Kgb fin dalla sua prima visita a Mosca, nel 1987, quando sarebbero state raccolte informazioni compromettenti su di lui. In seguito poi la mafia russa lo avrebbe aiutato, usando soldi dalla provenienza controversa per investire nelle sue proprietà. Secondo il Times, però, l’inchiesta dell’Fbi era scattata solo nel maggio del 2017, dopo il licenziamento del suo direttore James Comey. Gli episodi che avevano convinto gli agenti ad agire erano stati soprattutto due. Il primo era l’intervista alla Nbc, in cui il presidente aveva ammesso di aver cacciato il capo del Bureau per l’inchiesta sulla collusione con Mosca. Il secondo era la lettera che aveva scritto per giustificare il licenziamento di Comey, in cui lo ringraziava per avergli assicurato che non era indagato per il «Russiagate».

Trump e i suoi sostenitori hanno reagito dicendo che l’inchiesta dimostra come l’Fbi fosse parte di una cospirazione per abbatterlo, e il suo avvocato Giuliani ha sottolineato che comunque non ha portato ad alcuna conferma. Esperti del settore intelligence, come l’ex agente della Cia Robert Baer, hanno risposto che per aprire una simile indagine di controspionaggio su un presidente in carica, il Bureau doveva avere alcuni elementi di prova abbastanza credibili da compiere un atto senza precedenti.

Quanto ai risultati, in realtà nessuno li conosce davvero. Infatti quando Robert Mueller ha assunto la guida del «Russiagate», gli elementi raccolti dall’inchiesta sono stati trasferiti a lui. Nessuno sa cosa contenevano, così come nessuno sa se il procuratore speciale ha poi dato un seguito a questo filone delle indagini. Di sicuro la rivelazione del Times aggiunge altra curiosità per il probabile rapporto di Mueller, che oltre alla collusione, dovrebbe anche chiarire se il capo della Casa Bianca lavorava per il Cremlino, oppure era stato tradito dall’Fbi.

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