martedì 13 marzo 2018

Quel governo non s’ha da fare. Chi c'è dietro l'attentato al premier palestinese

Quel governo non s’ha da fare. Chi c'è dietro l'attentato al premier palestinese: "Quel governo non s'ha da fare. Quel primo ministro, fedelissimo del "moderato" Abu Mazen, va eliminato. Gaza non deve passare in mano all'Autorità Palestinese. E i "traditori" interni vanno neutralizzati. Perché così vogliono i fornitori di soldi e armi, le Guardie della Rivoluzione iraniana alle dirette dipendenze dell'ayatollah Khamenei e gli Hezbollah libanesi. E se questo significa peggiorare ulteriormente le condizioni di vita, al limite della sussistenza, di due milioni di persone, il 54% sotto i 18 anni, va messo in conto.

C'è tutto questo dietro l'attentato di questa mattina a Gaza contro il primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese Rami Hamdallah. Una bomba è esplosa al passaggio del convoglio del premier palestinese, in visita nella Striscia di Gaza. Hamdallah, rimasto illeso, è stato portato via dalle guardie del corpo. Almeno 7 persone sono rimaste lievemente ferite. L'Autorità Nazionale Palestinese ha accusato Hamas. Secondo una fonte delle forze di sicurezza e alcuni testimoni, con il premier c'era il capo dell'intelligence palestinese Majid Faraj, anche lui rimasto incolume. La visita era programmata da cinque mesi.

Il premier è arrivato a Gaza alle 10 di mattina, dopo aver attraversato il valico di Beit Hanoun. A Gaza deve inaugurare un impianto di desalinizzazione nella Striscia, costruito come parte degli accordi di riconciliazione tra Fatah e Hamas. La bomba esplode pochi minuti dopo il suo ingresso a Gaza.

Il premier ha proseguito i suoi impegni. L'Anp ha immediatamente condannato l'attacco ("opera di vigliacchi) , che non è stato rivendicato, e ha puntato il dito su Hamas, che da oltre dieci anni controlla la Striscia. "L'attacco contro il governo del consenso è un attacco contro l'unità del popolo palestinese", dichiara Nabil Abu Rudeinah portavoce del presidente palestinese Abu Mazen. Ma fuori dall'ufficialità, fonti palestinesi bene introdotte alla Muqata (il quartier generale dell'Anp a Ramallah) danno conto ad HP di una realtà più complessa e inquietante, dentro la quale si muovono cellule salafite vicine all'Isis, frange eterodirette di Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, e "potenze straniere" che vogliono gestire in proprio, sullo scacchiere mediorientale, la "causa palestinese".

"In Hamas è ancora aperto lo scontro sul governo di riconciliazione nazionale, e la parte più radicale, quella contraria all'accordo con Fahah, ha mandato un segnale chiaro, con l'attacco di oggi, sulla sua determinazione a far fallire l'intesa", spiega la fonte.

In ballo c'è anche la successione ad Abu Mazen, il controllo dell'"economia sotterranea" (i tunnel che uniscono Gaza all'Egitto), e lo scioglimento delle Brigate al-Qassam.

Quanto alle "potenze straniere", è lo stesso dirigente vicino ad Abu Mazen a elencarle: Iran, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. Con Israele che non esclude una quarta guerra di Gaza.

L'attacco aveva come obiettivo il cinquantanovenne primo ministro dell'Anp, ma quel messaggio esplosivo era indirizzato anche ai capi politici di Hamas che più si sono spesi per ricucire i rapporti con l'Egitto del presidente al-Sisi e con le petromonarchie del Golfo, in primis l'ex "premier" del movimento islamico nella Striscia, Ismail Haniyeh. Ecco perché, uscito indenne dall'attentato, Hamadallah e i suoi più stretti collaboratori si sono affrettati ad affermare che "il dialogo continua". È la risposta politica ad un attentato "politico". Per Gaza non c'è pace."

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