Francesco, i cinque anni in Vaticano del Papa parroco: gesti e aneddoti di un pontefice che vuole essere "normale" - Repubblica.it: "Dopo una celebrazione nella cattedrale di Buenos Aires, con tanta gente proveniente da tutte le parti della diocesi, decisi di tornare con la mia comunità verso la villa miseria - una delle favelas intorno alla capitale argentina - in processione. Una signora a metà strada mi si avvicinò e mi chiese: 'Ma chi è quello lì?'. 'Chi, mi scusi?'. 'Quel signore lì in mezzo. A me sembra Bergoglio'. 'Impossibile signora, Bergoglio è ancora in cattedrale'. 'No guardi, è proprio lui'. Guardai meglio. In effetti, mischiato tra i fedeli in processione, c'era anche lui, Jorge Mario Bergoglio, l'arcivescovo. Non aveva detto nulla a nessuno. Come uno qualunque si era messo a camminare insieme a noi, uno fra tanti".
Così padre Pepe di Paola, il più noto "cura villero", prete della periferia più degradata di Buenos Aires, racconta uno dei tanti episodi inerenti alla vita in Argentina dell'allora arcivescovo Bergoglio. "Un pastore vicino", dice. "Se avevi un problema potevi chiamarlo al telefono anche tutti i giorni, lui si dava subito da fare".
Francesco, i cinque anni in Vaticano del Papa parroco
Cinque anni dopo l'elezione al soglio di Pietro, avvenuta la sera del 13 marzo del 2013, Bergoglio ha scelto, primo nella storia della Chiesa, il nome di Francesco, ma è rimasto quello di sempre. L'ordinarietà come stile di vita, un uomo normale in un ruolo straordinario. Questo, probabilmente più di altri, il suo segreto: "Dobbiamo essere normali", disse tornando nell'estate del 2013 dal viaggio in Brasile. Bergoglio in Argentina frequentava le villas "in continuazione", dice ancora padre Pepe. Che spiega: "Arrivava in autobus, senza annunciarsi. Si fermava con la gente. Guidava sempre la processione dell'8 dicembre, che iniziava la mattina alle nove e finiva la sera alle sette con la messa. Per tutto il giorno entrava in ognuna delle case della villa, e con ognuno degli abitanti una parola diversa".
Così a Roma, quando i cardinali elettori l'hanno scelto come successore di Benedetto XVI: "Ho cambiato diocesi", dice sempre lo stesso Francesco. Senza enfasi, convinto che diventare vescovo di Roma non sia altro che una tappa nuova nella vita di sempre. Il giorno dopo l'elezione è voluto andare di persona a pagare il conto della Casa del clero di via della Scrofa dove aveva alloggiato prima del conclave; mesi dopo, in un negozio di oculistica non troppo distante, in via del Babbuino, si è recato in macchina, con la sua utilitaria, a ritirare un paio di occhiali nuovi. Mentre quando parte per i viaggi internazionali sale sempre sull'aereo portando da solo una sua borsa nera con gli effetti personali.
Il giorno dopo l'elezione Francesco venne accompagnato a prendere possesso dell'appartamento papale, al terzo piano del palazzo apostolico. Quando vi entrò capì che non poteva abitarvi. Non era il lusso a spaventarlo. Era l'imbuto all'incontrario di quell'appartamento a non convincerlo: una piccola porta d'ingresso dà su stanze enormi. Capì che lì dentro avrebbe vissuto troppo isolato. Non si è mai sentito un eremita, non lo è mai stato. E decise così di traslocare a Santa Marta, una residenza più decentrata e accessibile a tutti, una piccola stanza per dormire con uno studio adiacente, una grande mensa in cui mangiare insieme a tante altre persone. Il Papa che lascia il palazzo per privilegiare il contatto con la gente, non una decisione politica, ma la necessità di continuare ad avere nel limite del possibile una vita normale.
A tavola Francesco cambia spesso commensali. Il mercoledì, ad esempio, dopo l'udienza generale, siede a pranzo con i dipendenti della stessa Santa Marta. Cuochi, addetti alle pulizie e altri mangiano con lui. Parlano di tutto, possono essere davanti a lui ciò che sono, non c'è bisogno di pose particolari, di ragionamenti eruditi, di frasi ad effetto, di chissà quali discorsi teologici. Ognuno può essere ciò che è, non deve dimostrare nulla. L'ascolto e l'accoglienza dell'altro vengono prima del giudizio, delle sicurezze, delle dottrine.
E se un amico vescovo compie gli anni - così qualche mese fa il vescovo della vicina Albano, Marcello Semeraro - è ancora Francesco a prendere la macchina e ad andare a trovarlo mentre pranza in diocesi con i suoi collaboratori. Si siede a fianco del presule fra lo stupore di tutti, mentre una grande torta aspetta di essere tagliata per festeggiare assieme. Gesti normali che confermano che più di tutto lui è il Papa della prossimità. Un Papa vicino, come un buon parroco. Un uomo normale." SEGUE >>>
Così padre Pepe di Paola, il più noto "cura villero", prete della periferia più degradata di Buenos Aires, racconta uno dei tanti episodi inerenti alla vita in Argentina dell'allora arcivescovo Bergoglio. "Un pastore vicino", dice. "Se avevi un problema potevi chiamarlo al telefono anche tutti i giorni, lui si dava subito da fare".
Francesco, i cinque anni in Vaticano del Papa parroco
Cinque anni dopo l'elezione al soglio di Pietro, avvenuta la sera del 13 marzo del 2013, Bergoglio ha scelto, primo nella storia della Chiesa, il nome di Francesco, ma è rimasto quello di sempre. L'ordinarietà come stile di vita, un uomo normale in un ruolo straordinario. Questo, probabilmente più di altri, il suo segreto: "Dobbiamo essere normali", disse tornando nell'estate del 2013 dal viaggio in Brasile. Bergoglio in Argentina frequentava le villas "in continuazione", dice ancora padre Pepe. Che spiega: "Arrivava in autobus, senza annunciarsi. Si fermava con la gente. Guidava sempre la processione dell'8 dicembre, che iniziava la mattina alle nove e finiva la sera alle sette con la messa. Per tutto il giorno entrava in ognuna delle case della villa, e con ognuno degli abitanti una parola diversa".
Così a Roma, quando i cardinali elettori l'hanno scelto come successore di Benedetto XVI: "Ho cambiato diocesi", dice sempre lo stesso Francesco. Senza enfasi, convinto che diventare vescovo di Roma non sia altro che una tappa nuova nella vita di sempre. Il giorno dopo l'elezione è voluto andare di persona a pagare il conto della Casa del clero di via della Scrofa dove aveva alloggiato prima del conclave; mesi dopo, in un negozio di oculistica non troppo distante, in via del Babbuino, si è recato in macchina, con la sua utilitaria, a ritirare un paio di occhiali nuovi. Mentre quando parte per i viaggi internazionali sale sempre sull'aereo portando da solo una sua borsa nera con gli effetti personali.
Il giorno dopo l'elezione Francesco venne accompagnato a prendere possesso dell'appartamento papale, al terzo piano del palazzo apostolico. Quando vi entrò capì che non poteva abitarvi. Non era il lusso a spaventarlo. Era l'imbuto all'incontrario di quell'appartamento a non convincerlo: una piccola porta d'ingresso dà su stanze enormi. Capì che lì dentro avrebbe vissuto troppo isolato. Non si è mai sentito un eremita, non lo è mai stato. E decise così di traslocare a Santa Marta, una residenza più decentrata e accessibile a tutti, una piccola stanza per dormire con uno studio adiacente, una grande mensa in cui mangiare insieme a tante altre persone. Il Papa che lascia il palazzo per privilegiare il contatto con la gente, non una decisione politica, ma la necessità di continuare ad avere nel limite del possibile una vita normale.
A tavola Francesco cambia spesso commensali. Il mercoledì, ad esempio, dopo l'udienza generale, siede a pranzo con i dipendenti della stessa Santa Marta. Cuochi, addetti alle pulizie e altri mangiano con lui. Parlano di tutto, possono essere davanti a lui ciò che sono, non c'è bisogno di pose particolari, di ragionamenti eruditi, di frasi ad effetto, di chissà quali discorsi teologici. Ognuno può essere ciò che è, non deve dimostrare nulla. L'ascolto e l'accoglienza dell'altro vengono prima del giudizio, delle sicurezze, delle dottrine.
E se un amico vescovo compie gli anni - così qualche mese fa il vescovo della vicina Albano, Marcello Semeraro - è ancora Francesco a prendere la macchina e ad andare a trovarlo mentre pranza in diocesi con i suoi collaboratori. Si siede a fianco del presule fra lo stupore di tutti, mentre una grande torta aspetta di essere tagliata per festeggiare assieme. Gesti normali che confermano che più di tutto lui è il Papa della prossimità. Un Papa vicino, come un buon parroco. Un uomo normale." SEGUE >>>
Nessun commento:
Posta un commento