Facebook, Zuckerberg: troppi errori, è colpa mia. Garante, in gioco democrazia. Scattano le class action - Internet e Social - ANSA.it: "Il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato dalla Cambridge Analytica sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump. Lo spiega Chris Wylie la 'talpa' che ha provocato lo scandali dei dati rubati. In serata arriva il mea culpa di Zuckerberg: 'Sono responsabile'. E dopo le parole del fondatore il titolo risale e in chiusura a Wall Street guadagna lo 0,77%. E Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di FB assicura all'Ansa: "siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone". Intanto in America scatta la prima class action.
Mark Zuckerberg è sicuro che si voglia ancora una volta sfruttare la piattaforma di Facebook per influenzare le elezioni, e lancia l'allarme in vista del voto di metà mandato in cui gli americani rinnoveranno gran parte del Congresso. "Sono certo che qualcuno sta cercando di usare Facebook per influenzarle", ha detto nel corso di una intervista alla Cnn: "Sono certo che c'è una seconda edizione di tutto quello che è stato lo sforzo della Russia nel 2016, ci stanno lavorando. E sono certo che ci sono nuove tattiche che dobbiamo essere sicuri di individuare e fronteggiare".
"Sono responsabile di quello che è successo", ha detto Mark Zuckerberg. "Abbiamo fatto degli errori, c'è ancora molto da fare", scrive sulla sua pagina personale del social media. "Abbiamo la responsabilità di proteggere le vostre informazioni", aggiunge.
"Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati, e se non riusciamo a farlo non meritiamo di essere al vostro servizio" spiega Zuckerberg in un post sulla sua pagina Facebook che sta lavorando "per capire esattamente cosa è successo e assicurarsi che non accada mai più". "La buona notizia - aggiunge - è che molte misure per prevenire tutto questo sono state già prese anni fa".
"Chiedo scusa e sono disponibile a testimoniare davanti al Congresso americano", ha aggiunto Zuckerberg, spiegando di essere disponibile anche all' istituzione di nuove regole per i social network.
Raccolta dati partì con supervisione Bannon
Il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato dalla Cambridge Analytica sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump. Per Chris Wylie - la talpa' che ha provocato lo scandalo - Bannon, tre anni prima il suo incarico alla Casa Bianca, cominciò a lavorare a un ambizioso programma: costruire profili dettagliati di milioni di elettori americani su cui testare l'efficacia di molti di quei messaggi populisti che furono poi alla base della campagna elettorale di Trump.
Facebook a ANSA,risponderemo a Agcom,proteggiamo dati
"Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l'opportunità di rispondere alle domande poste dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni": lo dice all'ANSA Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook, dopo che l'Agcom ha inviato alla società una richiesta di informazioni sull'impiego dei dati "per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi".
Negli Usa scatta la prima class action
Ed è scattata la prima class action contro Facebook e Cambridge Analytica negli Stati Uniti. L'azione legale e' stata avanzata presso la corte distrettuale di San Jose', in California, e potrebbe aprire la strada a molte altre cause collettive per la richiesta dei danni provocati dalla mancata protezione dei dati personali. Dati raccolti senza alcuna autorizzazione - spiegano i promotori dell'azione legale - e che sono stati utilizzati per avvantaggiare la campagna di Donald Trump.
Kogan, io capro espiatorio, tutti sapevano tutto
"Mi usano come capro espiatorio, sia Facebook sia Cambridge Analytica", ma la verità è che tutti sapevano tutto e tutti "ritenevamo di agire in modo perfettamente appropriato" dal punto di vista legale. Alexander Kogan, accademico americano figlio d'espatriati sovietici e docente di psicologia a Cambridge, non ci sta rimanere con il cerino in mano sullo scandalo del momento. E replica dai microfoni di Bbc Radio 4. E' lui, attraverso una sua app, l'uomo che ha raccolto ed elaborato i dati di 50 milioni di utenti di Facebook per poi passarli a Cambridge Analytica, società di consulenza e propaganda politica impegnata fra l'altro nel 2016 a sostenere la campagna presidenziale di Donald Trump. Ma nega di aver ingannato chiunque. E mette inoltre in dubbio che quei dati possano aver avuto davvero un ruolo chiave nella vittoria di Trump." SEGUE >>>
Mark Zuckerberg è sicuro che si voglia ancora una volta sfruttare la piattaforma di Facebook per influenzare le elezioni, e lancia l'allarme in vista del voto di metà mandato in cui gli americani rinnoveranno gran parte del Congresso. "Sono certo che qualcuno sta cercando di usare Facebook per influenzarle", ha detto nel corso di una intervista alla Cnn: "Sono certo che c'è una seconda edizione di tutto quello che è stato lo sforzo della Russia nel 2016, ci stanno lavorando. E sono certo che ci sono nuove tattiche che dobbiamo essere sicuri di individuare e fronteggiare".
"Sono responsabile di quello che è successo", ha detto Mark Zuckerberg. "Abbiamo fatto degli errori, c'è ancora molto da fare", scrive sulla sua pagina personale del social media. "Abbiamo la responsabilità di proteggere le vostre informazioni", aggiunge.
"Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati, e se non riusciamo a farlo non meritiamo di essere al vostro servizio" spiega Zuckerberg in un post sulla sua pagina Facebook che sta lavorando "per capire esattamente cosa è successo e assicurarsi che non accada mai più". "La buona notizia - aggiunge - è che molte misure per prevenire tutto questo sono state già prese anni fa".
"Chiedo scusa e sono disponibile a testimoniare davanti al Congresso americano", ha aggiunto Zuckerberg, spiegando di essere disponibile anche all' istituzione di nuove regole per i social network.
Raccolta dati partì con supervisione Bannon
Il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato dalla Cambridge Analytica sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump. Per Chris Wylie - la talpa' che ha provocato lo scandalo - Bannon, tre anni prima il suo incarico alla Casa Bianca, cominciò a lavorare a un ambizioso programma: costruire profili dettagliati di milioni di elettori americani su cui testare l'efficacia di molti di quei messaggi populisti che furono poi alla base della campagna elettorale di Trump.
Facebook a ANSA,risponderemo a Agcom,proteggiamo dati
"Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l'opportunità di rispondere alle domande poste dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni": lo dice all'ANSA Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook, dopo che l'Agcom ha inviato alla società una richiesta di informazioni sull'impiego dei dati "per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi".
Negli Usa scatta la prima class action
Ed è scattata la prima class action contro Facebook e Cambridge Analytica negli Stati Uniti. L'azione legale e' stata avanzata presso la corte distrettuale di San Jose', in California, e potrebbe aprire la strada a molte altre cause collettive per la richiesta dei danni provocati dalla mancata protezione dei dati personali. Dati raccolti senza alcuna autorizzazione - spiegano i promotori dell'azione legale - e che sono stati utilizzati per avvantaggiare la campagna di Donald Trump.
Kogan, io capro espiatorio, tutti sapevano tutto
"Mi usano come capro espiatorio, sia Facebook sia Cambridge Analytica", ma la verità è che tutti sapevano tutto e tutti "ritenevamo di agire in modo perfettamente appropriato" dal punto di vista legale. Alexander Kogan, accademico americano figlio d'espatriati sovietici e docente di psicologia a Cambridge, non ci sta rimanere con il cerino in mano sullo scandalo del momento. E replica dai microfoni di Bbc Radio 4. E' lui, attraverso una sua app, l'uomo che ha raccolto ed elaborato i dati di 50 milioni di utenti di Facebook per poi passarli a Cambridge Analytica, società di consulenza e propaganda politica impegnata fra l'altro nel 2016 a sostenere la campagna presidenziale di Donald Trump. Ma nega di aver ingannato chiunque. E mette inoltre in dubbio che quei dati possano aver avuto davvero un ruolo chiave nella vittoria di Trump." SEGUE >>>
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