Coin, gli storici grandi magazzini tornano in mani italiane - Repubblica.it: "MILANO - Coin, le insegne che portano il nome della famiglia veneta che le ha fondate un centinaio di anni fa, vengono comprate dalla Centenary, cordata italiana di manager e imprenditori allestita da Stefano Beraldo, che dovrà traghettare gli storici grandi magazzini nel prossimo secolo. O almeno questa è il progetto di un gruppo che negli ultimi anni ha visto di tutto: tra acquisizioni, liti famigliari, scorpori quotazioni, ristrutturazioni e offerte pubbliche, nell’ultimo ventennio, come una porta girevole ha attraversato la Borsa entrando e uscendo, e aggregando altre insegne come la Standa dei Berlusconi (1998), la tedesca Kaufhalle (2000) e la Upim (2009) che veniva da una costola della Rinascente (ceduta dagli Agnelli a una cordata di finanziatori tra cui l’ex fondatore Borletti).
La storia. Inizia nel 1916, quando Vittorio Coin inizia l’attività di ambulante di varie merceologie, che prolifera grazie gli sforzi della sua famiglia e dei suoi 13 figli. La prima società per azioni risale al 1950, si sviluppa nei favolosi anni sessanta e nel 1968 Vittorio Coin è il primo a dare vita al concetto di outlet, che prende il nome prima di Coinette e poi di Oviesse, che sta per Organizzazione Vendite Speciali, ovvero la svendita dei resti di magazzino al pubblico. Oggi Ovs, che staccatasi da Coin è tornata da sola in Piazza Affari, è un gruppo da 1,2 miliardi di capitalizzazione che fa utili e paga i dividendi. Coin, che dal 2011 non ha più un membro della famiglia nell’azionariato, è invece un gruppo in difficoltà che deve fare i conti con un modello – quello del grande magazzino - che in Italia stenta a prendere piede a differenza che all’estero, e che ora deve fare i conti con una nuova sfida ovvero quella dell’e.commerce. Ma Beraldo, che 13 anni fa ha per conto dei private equity di Pai Partner ha rilevato il gruppo dalla famiglia per rilanciarlo, è convinto che Coin abbia molto strada davanti a se. «Coin diventerà qualcosa di più di un punto vendita - spiega Beraldo - il progetto è quello di trasformare i grandi magazzini in luoghi d’incontri per servizi, esperienze e iniziative particolari, dove la gente si ritrova per magari, vedere una mostra, la presentazione di un libro. L’idea è quella di replicare il successo del Coin di Cola di Rienzo a Roma, che con questa nuova formula ha aumentato i ricavi del 30%».
I numeri dei magazzini. E così il fondo anglosassone Bc Partners, che nell’operazione è assistita da Rothschild e dallo studio notarile Busani & Partner, ha ceduto la Coin a Centenary spa, per un valore d’impresa di una settantina di milioni.
Torna in mani italiane un gruppo che ha 35 grandi magazzini a gestione diretta nelle migliori piazze d’Italia, nonché una settantina di negozi gestiti da terzi, soprattutto con la formula di Coin Casa, dislocati dentro i centri commerciali e i department store di tutto il mondo. Le insegne Coin hanno chiusto il 2017 con circa 400 milioni di ricavi, 12 milioni di margine lordo, 10 milioni di cassa e senza perdite. La scommessa di qui ai prossimi 3-5 anni, è quella di aumentare ricavi e redditività, ampliando la formula del franchising all’estero, e rinnovando anche i grandi magazzini Coin in Italia. «Abbiamo già preso accordi con alcuni dei proprietari degli immobili occupati da Coin - spiega Beraldo - per coinvolgerli nel nostro piano di rilancio e farli investire sul rinnovo degli spazi e dei locali. Una nuova Coin comporterà maggiori ricavi, e quindi per loro più affitti in prospettiva».
La cordata italiana. La maggior parte del capitale di Centenary è in mano a23 manager delle insegne venete, che congiuntamente possiede il 25% del capitale, il resto delle azioni con pacchetti che vanno dal 5 al 15% è suddiviso tra una serie di imprenditori come Alessandro Bastagli (imprenditore della moda e proprietario di Lineapiù e Shanghai Thang), Enzo de Gasperi (patron del gruppo di prodotti per la casa Edg), Giorgio Rossi (ex imprenditore del fashion, ora attivo nel settore immobiliare), Jonathan Kafri (proprietario del gruppo fiorentino di abbigliamento Sicem e di una serie di hotel di lusso) e un family office che ha sede in svizzera, e che è socio di Sempione. gruppo che insieme a Ovs, controlla le insegne di Charles Vogele. Anche Stefano Beraldo avrà una quota di minoranza, del resto da anni il manager lavora sulle insegne venete ed è stato lui a coagulare un gruppo di investitori pronti a impegnarsi nel prossimo rilancio di Coin. Per Berlado che resta impegnato a tempo pieno sulla guida di Ovs, non investire a titolo personale su quella che per anni è stata una sua creatura, era un po’ come disconoscerla proprio ora che torna in mani italiane."
La storia. Inizia nel 1916, quando Vittorio Coin inizia l’attività di ambulante di varie merceologie, che prolifera grazie gli sforzi della sua famiglia e dei suoi 13 figli. La prima società per azioni risale al 1950, si sviluppa nei favolosi anni sessanta e nel 1968 Vittorio Coin è il primo a dare vita al concetto di outlet, che prende il nome prima di Coinette e poi di Oviesse, che sta per Organizzazione Vendite Speciali, ovvero la svendita dei resti di magazzino al pubblico. Oggi Ovs, che staccatasi da Coin è tornata da sola in Piazza Affari, è un gruppo da 1,2 miliardi di capitalizzazione che fa utili e paga i dividendi. Coin, che dal 2011 non ha più un membro della famiglia nell’azionariato, è invece un gruppo in difficoltà che deve fare i conti con un modello – quello del grande magazzino - che in Italia stenta a prendere piede a differenza che all’estero, e che ora deve fare i conti con una nuova sfida ovvero quella dell’e.commerce. Ma Beraldo, che 13 anni fa ha per conto dei private equity di Pai Partner ha rilevato il gruppo dalla famiglia per rilanciarlo, è convinto che Coin abbia molto strada davanti a se. «Coin diventerà qualcosa di più di un punto vendita - spiega Beraldo - il progetto è quello di trasformare i grandi magazzini in luoghi d’incontri per servizi, esperienze e iniziative particolari, dove la gente si ritrova per magari, vedere una mostra, la presentazione di un libro. L’idea è quella di replicare il successo del Coin di Cola di Rienzo a Roma, che con questa nuova formula ha aumentato i ricavi del 30%».
I numeri dei magazzini. E così il fondo anglosassone Bc Partners, che nell’operazione è assistita da Rothschild e dallo studio notarile Busani & Partner, ha ceduto la Coin a Centenary spa, per un valore d’impresa di una settantina di milioni.
Torna in mani italiane un gruppo che ha 35 grandi magazzini a gestione diretta nelle migliori piazze d’Italia, nonché una settantina di negozi gestiti da terzi, soprattutto con la formula di Coin Casa, dislocati dentro i centri commerciali e i department store di tutto il mondo. Le insegne Coin hanno chiusto il 2017 con circa 400 milioni di ricavi, 12 milioni di margine lordo, 10 milioni di cassa e senza perdite. La scommessa di qui ai prossimi 3-5 anni, è quella di aumentare ricavi e redditività, ampliando la formula del franchising all’estero, e rinnovando anche i grandi magazzini Coin in Italia. «Abbiamo già preso accordi con alcuni dei proprietari degli immobili occupati da Coin - spiega Beraldo - per coinvolgerli nel nostro piano di rilancio e farli investire sul rinnovo degli spazi e dei locali. Una nuova Coin comporterà maggiori ricavi, e quindi per loro più affitti in prospettiva».
La cordata italiana. La maggior parte del capitale di Centenary è in mano a23 manager delle insegne venete, che congiuntamente possiede il 25% del capitale, il resto delle azioni con pacchetti che vanno dal 5 al 15% è suddiviso tra una serie di imprenditori come Alessandro Bastagli (imprenditore della moda e proprietario di Lineapiù e Shanghai Thang), Enzo de Gasperi (patron del gruppo di prodotti per la casa Edg), Giorgio Rossi (ex imprenditore del fashion, ora attivo nel settore immobiliare), Jonathan Kafri (proprietario del gruppo fiorentino di abbigliamento Sicem e di una serie di hotel di lusso) e un family office che ha sede in svizzera, e che è socio di Sempione. gruppo che insieme a Ovs, controlla le insegne di Charles Vogele. Anche Stefano Beraldo avrà una quota di minoranza, del resto da anni il manager lavora sulle insegne venete ed è stato lui a coagulare un gruppo di investitori pronti a impegnarsi nel prossimo rilancio di Coin. Per Berlado che resta impegnato a tempo pieno sulla guida di Ovs, non investire a titolo personale su quella che per anni è stata una sua creatura, era un po’ come disconoscerla proprio ora che torna in mani italiane."
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