sabato 22 luglio 2017

Borghetti: facciamo risplendere una Chiesa «senza macchia»

Borghetti: facciamo risplendere una Chiesa «senza macchia»: "L’appartamento in cui vive ha il portone che si affaccia sulla via principale di Albenga, la strada dello shopping e dello “struscio”. Appena esce, c’è chi lo ferma. Per un saluto. Per un consiglio. Per un “grazie”. «Qui nel Ponente Ligure la gente è un po’ più chiusa rispetto alla mia Toscana. Ma, quando cade la barriera dell’iniziale diffidenza, ha davvero un cuore grande ed è capace di straordinari gesti di generosità », racconta il vescovo di Albenga-Imperia, Guglielmo Borghetti. L’episcopio è un cantiere aperto. E lo sono anche la Caritas, il Seminario, qualche parrocchia. Una Chiesa da risistemare, verrebbe da dire.

E alla mente tornano le vicende che l’hanno fatta finire al centro delle cronache per il comportamento non cristallino di alcuni sacerdoti e laici. «È inutile fare come gli struzzi e nascondere la testa sotto la sabbia – ammette Borghetti –. Eventi non piacevoli ci sono stati, anche se talvolta i media li hanno amplificati». Aprendo la Porta Santa durante l’ultimo Giubileo, il vescovo ha parlato di «Sposa chiacchierata», mentre nell’omelia di Natale ha messo in guardia dalla «bramosia delle passioni» e dalla «corruzione del cuore». «Per recuperare la bellezza che la diocesi possiede – spiega adesso – e per far risplendere sempre più la sua natura profonda di Chiesa “senza macchia né ruga”, i problemi vanno affronti uno alla volta nel modo più discreto, determinato ed efficace possibile. È la linea che sto seguendo». Il presule riconosce di aver attraversato momenti di «preoccupazione e sofferenza ». «Di mezzo ci sono sempre le persone, siano esse preti o laici. Sono persone coloro che hanno sbagliato. E sono persone coloro che ne hanno subìto le conseguenze. C’è bisogno di paternità, misericordia, amorevolezza. Ma chi è caduto in errore va aiutato ad assumersi le sue responsabilità. Non si può fare finta di niente».

Borghetti entra nell’antico Palazzo dei vescovi che ospita la Curia e il Museo diocesano. Dalle finestre del suo studio si intravede uno scrigno d’arte: è il Battistero paleocristiano che spicca a fianco della Cattedrale. Sulla parete la bolla di nomina firmata da papa Francesco. Borghetti è arrivato ad Albenga-Imperia nel 2015 come vescovo coadiutore. Fin dall’inizio Bergoglio gli ha concesso ogni potestà propria del vescovo. E dallo scorso settembre è diventato titolare della diocesi. «La decisione di Francesco è stata un’autentica sorpresa – confida –. Ero da quattro anni alla guida della Chiesa di Pitigliano-Sovana-Orbetello e tutto mi sarei aspettato fuorché di essere chiamato ad andare in un altrove sconosciuto. La riviera di Ponente era per me una terra nuova, ignota, da amare e servire». Quindi racconta: «Dopo la sorpresa, ecco il fattore timore perché era un impegno particolarmente delicato quello che mi prospettava il Papa. L’ho capito nel primo colloquio che ho avuto con lui. Durante l’incontro Francesco mi ha chiarito che cosa mi aspettava e mi ha assicurato la sua vicinanza». Nessun tentennamento? «Un’oscillazione interiore l’ho avuta. Ma ho adottato il modello mariano del “sì”».

La vita di Borghetti è stata sempre segnata dall’abbraccio fra mare e monti. Accadeva a Carrara, la città dov’è nato 63 anni fa e in cui è germogliata la sua vocazione «fra parrocchia e oratorio, in mezzo ai giovani e a tre sacerdoti molto in gamba», sottolinea. Il mare e la montagna tornano nel Sud della Toscana, nella prima diocesi che lo ha visto vescovo: quella di Pitigliano-Sovana-Orbetello. E di nuovo, qui, in questo angolo di Liguria. Nell’omelia per l’inizio del ministero episcopale ha tenuto a far sapere che un vescovo non può piacere a tutti. «Piacere a troppi è pericoloso – osserva –. Vuol dire probabilmente che è gattopardista, cioè che si ingrazia chiunque. Un vescovo è tenuto a fare scelte. Che non possono raccogliere un consenso collettivo». Nell’ultima Messa crismale del Giovedì Santo ha richiamato i sacerdoti a essere casti, poveri, obbedienti e creativi. «Sono dimensioni irrinunciabili nella vita del cristiano e in quella del prete in particolare – chiarisce –. La castità va intesa come capacità di amare radicalmente; la povertà implica il non attaccamento ai beni materiali; l’obbedienza rimanda all’ascolto della Parola e passa anche dalle indicazioni del vescovo. Sono persuaso che se non si ha un cuore libero, se si è legati a interessi personali, se si è irrigiditi sul proprio ego, cala inevitabilmente l’impegno pastorale ».

E subito precisa: «Comunque qui la maggioranza dei sacerdoti è esemplare sia per la vita di preghiera, sia per la testimonianza, sia per lo spirito di sacrificio ». Ai “suoi” presbiteri Borghetti ama ripetere che occorre ritagliarsi il tempo per lo studio. «La conoscenza di quello accade e di quanto esce in libreria è indispensabile per un pastore d’anime che voglia seminare il Vangelo fra la gente del suo tempo. Accanto alla preghiera, serve l’approfondimento. Altrimenti facciamo soltanto assistenza sociale»." SEGUE >>>


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