Tutto quello che c’è da sapere sulla crisi nello Yemen | Versus: "Le origini della crisi
Lo Yemen si trova nella penisola arabica, confina con l’Arabia Saudita e con l’Oman, ma a differenza dei suoi facoltosi vicini è estremamente povero. A Sud, dal golfo di Aden (Oceano Indiano), si affaccia sull’Africa Orientale. Il paese quindi è il punto di incontro tra l’Africa e il Medio Oriente e, di conseguenza, un punto di transito dei flussi del jihad. Lo Yemen è diventato una repubblica nel 1990 tramite la fusione dello Yemen del Nord con quello del Sud. Durante gli anni ‘90 il paese è stato scosso da diversi scontri interni. Alla guida dello Yemen del Nord (1978-1990) prima e di quello unificato poi (1990-2012), il presidente Ali Abdullah Saleh si è trovato costretto a dimettersi dopo le proteste iniziate nel 2011 sull’onda delle “primavere arabe” di Egitto e Tunisia. Questa crisi ha permesso ad al Qaeda nella penisola arabica (Aqap) di creare delle roccaforti nel Sud del paese. Nel 2012 Rabbu Mansur Hadi prende il posto di Saleh, ma non riesce a contrastare in maniera efficace e definitiva il terrorismo e l’ascesa degli huthi.
Chi sono gli huthi
Conosciuti anche come Ansar Allah (Partigiani di Dio) sono sciiti e appartengono alla comunità yemenita degli zaydi, che rappresenta almeno il 30% della popolazione yemenita. Il gruppo è nato nel 1992, con il nome di “Gioventù credente”. Quello attuale viene da Hussein Badr al-Din al Huthi, che nel 2004 ha guidato la loro prima insurrezione nella provincia di Saada, loro roccaforte.
Gli attori esterni
L’ex Presidente Hadi
Per la sua posizione privilegiata lo Yemen è il crocevia degli interessi di Stati Uniti, Arabia Saudita e Iran. Per gli Stati Uniti la stabilità dello Yemen è importante sia per garantire il trasporto delle forniture di petrolio provenienti dal golfo di Aden, sia per ostacolare il terrorismo. Aqap sarebbe responsabile di diversi attentati contro l’Occidente, tra cui anche quello nei confronti della redazione del giornale Charlie Hebdo. Numerosi attacchi di droni sono stati sferrati negli ultimi anni dagli Stati Uniti con l’intento di lottare in maniera mirata il terrorismo. Lo scorso mese l’ambasciata USA a Sana’a è stata chiusa ed il personale evacuato a causa della situazione critica. L’Arabia Saudita sostiene il presidente Hadi e accusa l’Iran, sua controparte, di appoggiare militarmente ed economicamente gli huthi (con cui Teheran condivide la matrice sciita) per danneggiare indirettamente Riyad. Lo Stato Islamico è l’attore più equivoco nel quadro yemenita. Infatti non è chiaro quanto sia forte il legame tra gli huthi e il nucleo dell’organizzazione in Iraq e Siria. I jihadisti locali allo scopo di incutere timore e di legittimare il proprio ruolo sul territorio molto spesso reclamano l’appartenenza a un gruppo terroristico più grande e conosciuto a livello internazionale. Questo non fa altro che rendere la situazione ancora più tesa e potenzialmente molto pericolosa.
I fatti recenti
Il 25 marzo i ribelli huthi hanno occupato l’aeroporto di Aden, città portuale dove il presidente Hadi si è rifugiato. Il presidente, che è stato costretto a dimettersi, si trova ora in un “luogo sicuro”, ma non si sa se abbia lasciato o meno il paese. Gli huthi hanno anche sferrato diversi attacchi ad obiettivi strategicamente molto importanti, come la città di al Mukha, 80 chilometri a nord dallo stretto di Bab al Mandeb, che collega il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, ed è quindi un fondamentale snodo per il traffico di petrolio proveniente dalla penisola arabica. Qualche giorno fa, inoltre, la milizia jihadista “Provincia di Sana’a” affiliata allo Stato Islamico (Is), ha rivendicato i due attentati sferrati in moschee sciite della capitale in cui sono morte circa 150 persone. Ad oggi l’impegno militare saudita e della coalizione regionale araba dimostra che la paura di una saldatura tra le forze sciite della regione è reale. L’ avanzata degli huthi viene considerata come una terribile minaccia, per la quale vale la pena mobilitare tutte le possibili alleanze sunnite. Le monarchie del Golfo vedono nell’Iran e nell’Onu gli artefici del collasso istituzionale dello Yemen. In realtà lo Yemen è nel pieno di una fase di cambiamento estremamente complessa e l’Iran, in questo contesto interviene andando ad occupare gli spazi lasciati vuoti dall’inevitabile collasso istituzionale e soprattutto dalla sconsiderata azione politica perpetrata per anni dalle monarchie del Golfo. Questo non fa altro che legittimare il timore dei sauditi rispetto a vere e proprie mire espansionistiche dell’Iran in territorio yemenita. Il 27 marzo l’Arabia Saudita, alla testa di una coalizione di dieci Paesi musulmani, ha bombardato l’aeroporto della capitale Sana’a.
L’intervento dell’Onu
L’operazione Tempesta Decisiva voluta dall’Arabia Saudita, vanta molti partner arabi
La proposta di dialogo nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite dell’inviato Jamal Bin Omar è stata seccamente rifiutata da Hadi. Il presidente, che ha bollato i colloqui tenutisi a Sana’a nei giorni scorsi come illegittimi poiché non riconosce la rappresentatività dei negoziatori, ha proposto un negoziato a Riyad, conscio che difficilmente i rappresentanti degli huthi accetteranno "SEGUE >>>
Lo Yemen si trova nella penisola arabica, confina con l’Arabia Saudita e con l’Oman, ma a differenza dei suoi facoltosi vicini è estremamente povero. A Sud, dal golfo di Aden (Oceano Indiano), si affaccia sull’Africa Orientale. Il paese quindi è il punto di incontro tra l’Africa e il Medio Oriente e, di conseguenza, un punto di transito dei flussi del jihad. Lo Yemen è diventato una repubblica nel 1990 tramite la fusione dello Yemen del Nord con quello del Sud. Durante gli anni ‘90 il paese è stato scosso da diversi scontri interni. Alla guida dello Yemen del Nord (1978-1990) prima e di quello unificato poi (1990-2012), il presidente Ali Abdullah Saleh si è trovato costretto a dimettersi dopo le proteste iniziate nel 2011 sull’onda delle “primavere arabe” di Egitto e Tunisia. Questa crisi ha permesso ad al Qaeda nella penisola arabica (Aqap) di creare delle roccaforti nel Sud del paese. Nel 2012 Rabbu Mansur Hadi prende il posto di Saleh, ma non riesce a contrastare in maniera efficace e definitiva il terrorismo e l’ascesa degli huthi.
Chi sono gli huthi
Conosciuti anche come Ansar Allah (Partigiani di Dio) sono sciiti e appartengono alla comunità yemenita degli zaydi, che rappresenta almeno il 30% della popolazione yemenita. Il gruppo è nato nel 1992, con il nome di “Gioventù credente”. Quello attuale viene da Hussein Badr al-Din al Huthi, che nel 2004 ha guidato la loro prima insurrezione nella provincia di Saada, loro roccaforte.
Gli attori esterni
L’ex Presidente Hadi
Per la sua posizione privilegiata lo Yemen è il crocevia degli interessi di Stati Uniti, Arabia Saudita e Iran. Per gli Stati Uniti la stabilità dello Yemen è importante sia per garantire il trasporto delle forniture di petrolio provenienti dal golfo di Aden, sia per ostacolare il terrorismo. Aqap sarebbe responsabile di diversi attentati contro l’Occidente, tra cui anche quello nei confronti della redazione del giornale Charlie Hebdo. Numerosi attacchi di droni sono stati sferrati negli ultimi anni dagli Stati Uniti con l’intento di lottare in maniera mirata il terrorismo. Lo scorso mese l’ambasciata USA a Sana’a è stata chiusa ed il personale evacuato a causa della situazione critica. L’Arabia Saudita sostiene il presidente Hadi e accusa l’Iran, sua controparte, di appoggiare militarmente ed economicamente gli huthi (con cui Teheran condivide la matrice sciita) per danneggiare indirettamente Riyad. Lo Stato Islamico è l’attore più equivoco nel quadro yemenita. Infatti non è chiaro quanto sia forte il legame tra gli huthi e il nucleo dell’organizzazione in Iraq e Siria. I jihadisti locali allo scopo di incutere timore e di legittimare il proprio ruolo sul territorio molto spesso reclamano l’appartenenza a un gruppo terroristico più grande e conosciuto a livello internazionale. Questo non fa altro che rendere la situazione ancora più tesa e potenzialmente molto pericolosa.
I fatti recenti
Il 25 marzo i ribelli huthi hanno occupato l’aeroporto di Aden, città portuale dove il presidente Hadi si è rifugiato. Il presidente, che è stato costretto a dimettersi, si trova ora in un “luogo sicuro”, ma non si sa se abbia lasciato o meno il paese. Gli huthi hanno anche sferrato diversi attacchi ad obiettivi strategicamente molto importanti, come la città di al Mukha, 80 chilometri a nord dallo stretto di Bab al Mandeb, che collega il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, ed è quindi un fondamentale snodo per il traffico di petrolio proveniente dalla penisola arabica. Qualche giorno fa, inoltre, la milizia jihadista “Provincia di Sana’a” affiliata allo Stato Islamico (Is), ha rivendicato i due attentati sferrati in moschee sciite della capitale in cui sono morte circa 150 persone. Ad oggi l’impegno militare saudita e della coalizione regionale araba dimostra che la paura di una saldatura tra le forze sciite della regione è reale. L’ avanzata degli huthi viene considerata come una terribile minaccia, per la quale vale la pena mobilitare tutte le possibili alleanze sunnite. Le monarchie del Golfo vedono nell’Iran e nell’Onu gli artefici del collasso istituzionale dello Yemen. In realtà lo Yemen è nel pieno di una fase di cambiamento estremamente complessa e l’Iran, in questo contesto interviene andando ad occupare gli spazi lasciati vuoti dall’inevitabile collasso istituzionale e soprattutto dalla sconsiderata azione politica perpetrata per anni dalle monarchie del Golfo. Questo non fa altro che legittimare il timore dei sauditi rispetto a vere e proprie mire espansionistiche dell’Iran in territorio yemenita. Il 27 marzo l’Arabia Saudita, alla testa di una coalizione di dieci Paesi musulmani, ha bombardato l’aeroporto della capitale Sana’a.
L’intervento dell’Onu
L’operazione Tempesta Decisiva voluta dall’Arabia Saudita, vanta molti partner arabi
La proposta di dialogo nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite dell’inviato Jamal Bin Omar è stata seccamente rifiutata da Hadi. Il presidente, che ha bollato i colloqui tenutisi a Sana’a nei giorni scorsi come illegittimi poiché non riconosce la rappresentatività dei negoziatori, ha proposto un negoziato a Riyad, conscio che difficilmente i rappresentanti degli huthi accetteranno "SEGUE >>>
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