martedì 24 marzo 2015

"In Ucraina un golpe targato Obama" - IlGiornale.it

"In Ucraina un golpe targato Obama" - IlGiornale.it: "È passato da poco un anno dalla rivolta di piazza che provocò la caduta del governo ucraino e la guerra civile che ha portato il mondo sull'orlo di un conflitto più esteso. Mykola Azarov, leader del Partito delle regioni, era il primo ministro che in quei giorni si trovò a gestire lo scontro tra filo russi e filo europei. Si dimise in febbraio, pochi giorni prima della caduta dell'intero governo e del presidente Yanukovich. Braccato dagli insorti, si salvò in modo rocambolesco e ora vive esule a Mosca.


Signor Azarov, il giudizio dell'opinione pubblica europea resta confuso e diviso. Fu rivoluzione di popolo o colpo di stato?

«Guardi, durante i miei tre anni di governo avevamo tenuto l'Ucraina su una linea di buon vicinato sia con la Russia che con l'Unione Europea. Questa equidistanza non era gradita agli Stati Uniti d'America che volevano si tornasse alla politica del precedente governo di dichiarata ostilità alla Russia. Questa irritazione, e le conseguenti pressioni, l'abbiamo percepita fin da quando siamo andati al governo».

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Lei personalmente subì pressioni in tal senso?

«Quando noi ci rendemmo indisponibili a sottoscrivere così come ci erano stati presentati gli accordi con l'Unione Europea, accaddero due cose contemporaneamente».

Cioè?

«Da una parte incominciarono occupazioni di uffici pubblici da parte di manifestanti spuntati dal nulla, dall'altra una incredibile e arrogante ingerenza da parte degli Stati Uniti negli affari interni di uno Stato sovrano. Venne da me la consigliera diplomatica del presidente Obama, Victoria Nuland, a pormi una sorta di ultimatum: o accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l'America non sarebbe stata a guardare».

E lei cosa rispose?

«Che il mio governo era stato eletto democraticamente e che aveva superato ben due voti di fiducia. Le dissi chiaramente che la politica dell'Ucraina era nelle mani del popolo ucraino e che lei non doveva permettersi di usare quei toni con il suo legittimo rappresentante».

Eppure, stando alle immagini televisive rimbalzate in tutto il mondo, la protesta contro di voi stava montando.

«Quella di concentrare una massa di persone attorno al palazzo del potere o nella piazza simbolo di una capitale, è una tecnica collaudata delle cosiddette rivoluzioni arancioni. In quei giorni avevamo in mano sondaggi secondo i quali la maggioranza del popolo ucraino appoggiava convintamente la linea del governo. Del resto bastava spostarsi poche centinaia di metri dalla piazza occupata per verificare come a Kiev la vita procedesse in modo assolutamente normale e che altre manifestazioni, di segno opposto, avvenivano in modo spontaneo un po' ovunque nel Paese».

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Secondo voi, chi alimentava la pressione della piazza?

«In quei giorni noi avevamo il controllo completo di ciò che stava accadendo. I nostri servizi segreti avevano infiltrato uomini tra i manifestanti e avemmo le prove che la piazza prendeva ordini dagli americani, che il quartier generale della protesta era nell'ambasciata Usa a Kiev, la quale provvedeva anche a finanziare in modo importante la rivolta».

E non prendeste contromisure?

«Quando la protesta passò da pacifica a violenta, con uso massiccio di bombe molotov e anche armi da fuoco contro la nostra polizia, convocammo sia l'ambasciatore americano che gli ambasciatori europei per mostrare loro le prove in nostro possesso».

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Con che esito?

«Fu sconcertante. L'unica cosa che ci dissero è che noi non potevamo reagire con la forza alla violenza crescente dei manifestanti. Ci stavano insomma legando le mani».

L'Europa quindi, mi sta dicendo, si girò dall'altra parte?

«Il ruolo della Comunità europea, in quei giorni drammatici e decisivi, fu volutamente marginale e quello dell'Italia pari a zero. Entrammo in possesso dell'intercettazione di una telefonata nella quale il primo ministro polacco diceva alla responsabile esteri della Commissione europea che, contrariamente alla versione spacciata per ufficiale, i cecchini che entrarono in azione in piazza non erano filo russi ma appartenenti alla fazione a noi avversa».

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