sabato 20 dicembre 2014

«Cara mamma». Ebrei al fronte - Cultura & Spettacoli - iltempo

«Cara mamma». Ebrei al fronte - Cultura & Spettacoli - iltempo: "«Carissimo Gabriele, ricevo sempre tue notizie e te ne ringrazio anche a nome della tua cara mamma, mi dici che non ricevi mie lettere, sappi che io sempre rispondo alle tue... », questo l'inizio di una delle tante missive di Prospero Anticoli al figlio Gabriele impegnato al fronte nel corso della Grande Guerra del 1915-1918 che vide impegnati migliaia di ebrei. Il patriottismo, l'amore per l'Italia e per la Casa Savoia traspare in questo e in tanti altri documenti che da ieri sono esposti al Museo Ebraico di Roma, in largo Stefano Gay Taché e lo saranno fino al 16 marzo per la mostra «Prima di tutto italiani. Gli Ebrei Romani e la Grande Guerra». Prima considerati come corpo estraneo della società romana in particolare e di quella italiana, gli ebrei si espressero con grande slancio nel conflitto del 1915-1918. Diventarono ufficiali, soldati semplici, rabbini militari e, insieme a tutti gli altri, diedero il loro grande contributo di sangue. «Il nostro pensiero deve essere sempre rivolto al buon Dio, alla Cara nostra Italia, alla nostra famiglia... Sarò contento il giorno che saprò che avrete fatto il vostro dovere verso la nostra Cara Patria», continuava Prospero nella sua lettera. Ieri la presentazione della mostra che raggruppa foto, oggetti, documenti, frutto anche di prestiti da Paola Bonfiglioli, Orietta Citoni, Esther Di Porto, Rosa Piperno, provenienti dall'Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma. Il tutto accompagnato da un filmato che mostra fotografie dal fronte e, in sottofondo, la voce dell'attore Silvio Muccino mentre legge alcune delle lettere di questi uomini.
A presenziare ieri l'avvio dell'esposizione, Roberta Pinotti, ministro della Difesa, Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, Rabbino Capo, Gianni Ascarelli assessore alla Cultura della Comunità, Alessandra Di Castro, direttrice del Museo e Lia Toaff, curatrice della mostra.
Nel 1870 gli ebrei poterono uscire dal ghetto «ma già con lo Statuto Albertino del 1848, nei territori soggetti ai Savoia, ebbero la possibilità di entrare nelle forze armate e indossare la divisa: prima era vietato – sottolinea Di Segni – Fu la possibilità di entrare a pieno titolo nella comunità italiana, mossa poi decisiva proprio nel primo conflitto mondiale».
Nel 1915 gli ebrei italiani erano circa 35.000 su 38 milioni di italiani: 5.000 andarono a combattere, nel 50 per cento dei casi come ufficiali.
«L'idea della mostra venne fuori durante una fiaccolata con la comunità di Sant'Egidio quando mi si ricordò il forte contributo della Comunità alla Grande Guerra – racconta Pacifici – Attorno alla Sinagoga le lapidi che ricordano il sacrificio del nostro popolo, quella sulle Fosse Ardeatine per esempio o, nei giardini del Tempio, quella sulla partecipazione alla Resistenza. Vicino a una palma, la targa con i nomi dei caduti nel primo conflitto mondiale. Ridiscutendo dei processi storici, si è ricordato come le leggi razziste del 1938 fecero perdere tutti i diritti anche a quegli ebrei militari presenti nelle forze armate italiane, pure quelli che avevano combattuto nella Grande Guerra. Fu un doppio tradimento, come ebrei e come cittadini italiani, privati della possibilità di difendere la Patria a prescindere dalle scelte nazionali del momento».
«Al vedere quelle lapidi ci sono stati momenti di grandi emozioni – sottolinea il ministro Pinotti – Per costruire il futuro non bisogna mai dimenticare il passato. Nella vicenda della Grande Guerra ci furono grandi storie umane. Ritroviamo orgoglio e senso della Patria, elementi che danno un senso al ruolo umano. Le successive leggi razziste hanno svenduto quel significato di esseri umani. Parlando di chi ha indossato la divisa, non posso non pensare a chi oggi la indossa e riflettere sulla grave decisione della corte suprema indiana che ha rigettato le istanze presentate dai nostri Latorre e Girone»"


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