Papa Francesco “bombarda” il califfo dall’Albania - rivista italiana di geopolitica - Limes: "Come Obama e la Nato, anche Francesco aveva bisogno di una "base" sicura, una piattaforma balistica ravvicinata in terra musulmana, per lanciare i suoi missili mediatici contro il califfo, certo che non finissero deviati e travisati lungo il tragitto.
Una uniforme mimetica e mediatica, il veicolo anfibio di un paese a maggioranza islamica, per rivestire e trasportare le parole del papa, spogliandole dal sospetto di crociata romana e sbarcandole sulle spiagge digitali dell’immaginario arabo, affrancate dal marchio d’origine di un suolo infedele.
È questo il significato strategico della trasferta domenicale sull’altra sponda dell’Adriatico. Il valore aggiunto geopolitico delle cinquanta miglia del Canale d’Otranto, quanto è bastato a Bergoglio per trovare il suo Kurdistan d’Europa, eleggendolo a sfondo della propria invettiva: “Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano”.
Nel duplice incontro della mattina e del pomeriggio con le autorità civili e religiose, Francesco sapeva di avere davanti a sé i rappresentanti dell’Islam più moderato del mondo, ma era consapevole altrettanto, in cuor suo, di essere ascoltato da quelli del più estremista.
“Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio… Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!”
L’esempio dell’Albania, del resto, mostra quanto siano improvvise, impreviste le svolte della storia, sbattendo e sbarrando la porta del vicino di casa, sul pianerottolo dei Balcani o del Medio Oriente, per scivolare nel sotterraneo di un incubo che può protrarsi per anni, da un giorno all’altro: “In un recente passato anche la porta del vostro paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni…”
Parole perfettamente applicabili all’attualità dello Stato Islamico, passando paradossalmente dal più ateo al più religioso dei regimi, ma conservando intatto il livello di esperienza totalitaria, nella stessa temperatura di delirio, se solo si sostituisce la sharia con la ideologia, Enver Hoxha con Al- Baghdadi, il muro delle fucilazioni di Scutari, evocato dal pontefice, con il deserto delle decapitazioni televisive, inquadrato dal carnefice.
“Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi. Egli vi ha guidato e consolato e infine vi ha sollevato su ali di aquila come un giorno fece con l’antico popolo d’Israele”, ha scandito durante l’omelia il papa.
Nella “terra delle aquile”, tradizionale appellativo dell’Albania, Bergoglio ha offerto dunque un nuovo saggio della “liturgia della liberazione”, da lui brevettata sull’isola di Lampedusa e intesa come capacità - un’autentica specialità personale - di fare un uso politico, non solo profetico della scrittura. In direzione di Baghdad, ma anche di Bruxelles.
Si può anzi osservare, a riguardo, che l’Europa di Francesco è cominciata letteralmente in ordine alfabetico, dalla "a" di Albania, portando tutti a lezione di geografia e storia, come si addice a un inizio di anno scolastico. In osservanza del motto evangelico per cui l’ultimo diventa il primo."
Una uniforme mimetica e mediatica, il veicolo anfibio di un paese a maggioranza islamica, per rivestire e trasportare le parole del papa, spogliandole dal sospetto di crociata romana e sbarcandole sulle spiagge digitali dell’immaginario arabo, affrancate dal marchio d’origine di un suolo infedele.
È questo il significato strategico della trasferta domenicale sull’altra sponda dell’Adriatico. Il valore aggiunto geopolitico delle cinquanta miglia del Canale d’Otranto, quanto è bastato a Bergoglio per trovare il suo Kurdistan d’Europa, eleggendolo a sfondo della propria invettiva: “Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano”.
Nel duplice incontro della mattina e del pomeriggio con le autorità civili e religiose, Francesco sapeva di avere davanti a sé i rappresentanti dell’Islam più moderato del mondo, ma era consapevole altrettanto, in cuor suo, di essere ascoltato da quelli del più estremista.
“Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio… Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!”
L’esempio dell’Albania, del resto, mostra quanto siano improvvise, impreviste le svolte della storia, sbattendo e sbarrando la porta del vicino di casa, sul pianerottolo dei Balcani o del Medio Oriente, per scivolare nel sotterraneo di un incubo che può protrarsi per anni, da un giorno all’altro: “In un recente passato anche la porta del vostro paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni…”
Parole perfettamente applicabili all’attualità dello Stato Islamico, passando paradossalmente dal più ateo al più religioso dei regimi, ma conservando intatto il livello di esperienza totalitaria, nella stessa temperatura di delirio, se solo si sostituisce la sharia con la ideologia, Enver Hoxha con Al- Baghdadi, il muro delle fucilazioni di Scutari, evocato dal pontefice, con il deserto delle decapitazioni televisive, inquadrato dal carnefice.
“Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi. Egli vi ha guidato e consolato e infine vi ha sollevato su ali di aquila come un giorno fece con l’antico popolo d’Israele”, ha scandito durante l’omelia il papa.
Nella “terra delle aquile”, tradizionale appellativo dell’Albania, Bergoglio ha offerto dunque un nuovo saggio della “liturgia della liberazione”, da lui brevettata sull’isola di Lampedusa e intesa come capacità - un’autentica specialità personale - di fare un uso politico, non solo profetico della scrittura. In direzione di Baghdad, ma anche di Bruxelles.
Si può anzi osservare, a riguardo, che l’Europa di Francesco è cominciata letteralmente in ordine alfabetico, dalla "a" di Albania, portando tutti a lezione di geografia e storia, come si addice a un inizio di anno scolastico. In osservanza del motto evangelico per cui l’ultimo diventa il primo."
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