martedì 11 novembre 2025

Il Piano Mattei e l'Africa: oltre i colonialismi

@ - Dal volgere del Millennio l’Africa è diventata terreno di scontro geopolitico tra Usa, Cina, Russia e altri soggetti, tra cui l’Europa. Al centro della contesa energia, agricoltura, materie prime e terre rare. L’arrivo dei cinesi ha rimesso al centro degli interessi globali l’Africa che gli occidentali, avevano abbandonato nel corso degli anni Novanta. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, né Barack Obama né Donald Trump hanno mostrato grande e reale interesse; Joe Biden vi ha fatto solo una rapida visita. Il focus americano è ormai l’Indo-Pacifico. La Russia ha compiuto passi di presenza e influenza con l’unico strumento che possiede: armi e contractors (Wagner e successori). Altri investitori si sono affacciati come la Turchia o gli Stati del Golfo.

In questo contesto l’Europa rimane pur sempre il principale partner nell’aiuto allo sviluppo, ma con dei mutamenti profondi. La Francia non è più favorita dalla sua “relazione speciale” con i Paesi francofoni. La guerra in Ucraina drena moltissime risorse. Ai singoli Stati europei manca una visione geostrategica sull’Africa, ma l’Unione Europea si è data gli strumenti necessari per competere, come il Global Gateway. L’Italia è piccola per un continente immenso come l’Africa ma possiede alcune carte da giocare. Non siamo più il Paese delle grandi imprese pubbliche degli anni Sessanta-Settanta che hanno lasciato il segno sul continente: ancora tutti parlano delle nostre realizzazioni di quei decenni. A parte WeBuild (Salini), Eni, Enel, Fincantieri e Leonardo e poche altre, ci mancano campioni nazionali nel settore agroalimentare, turismo, pesca, lavori infrastrutturali intermedi (case, scuole, ospedali), logistica, trasporti, automotive. Tuttavia, Bonifiche Ferraresi e altri danno l’esempio di come si possa tornare sul continente con ottimi ritorni. Abbiamo migliaia di piccole e medie imprese che gli africani prediligono: preferiscono trattare con esse piuttosto che vedersi imporre tutto da una multinazionale. Inoltre, conoscono ed apprezzano la qualità italiana. L’idea del Piano Mattei è un volano che punta ad aiutare l’Africa a industrializzarsi, cosa mai tentata prima e unica via per un vero sviluppo, come è accaduto all’Asia. L’Italia è un partner ideale se le istituzioni avranno il coraggio di garantire gli investimenti delle nostre imprese. Il Piano Mattei è una rivoluzione copernicana per tutto il nostro sistema (Sace, Cdp, Simest e Ice) abituato da tempo all’iper-prudenza: con il piano deve garantire investimenti a più alto rischio e creare strumenti di garanzia specifici. Un altro vantaggio italiano è non avere – almeno nelle percezioni africane – strascichi post o neocoloniali.

Non è del tutto vero – si pensi al massacro di Debre Libanos nel 1937 – ma è un fatto che avvantaggia. Piano Mattei significa tornare in Africa per restarci: uno dei difetti storici italiani è quello della mancanza di continuità istituzionale. Il piano è un concetto-contenitore riempito di progetti innovativi: si proseguono le buone cose già fatte in passato a livello di sanità, educazione, formazione ecc., ma se ne aumenta la magnitudine. Vi sono molte buone pratiche italiane – soprattutto delle Organizzazioni non governative – da replicare. Il piano serve come strumento per partecipare a programmi europei di grandi dimensioni, come il corridoio di Lobito che ha l’ambizione di attraversare il continente da est a ovest. Con il Piano Mattei, l’Italia potrà divenire un partner stabile del continente: non è solo una questione di quanti soldi metterci ma di quanto know how, tecnologia e spirito di cooperazione paritaria saremo capaci di esprimere. Gli africani sanno fare la differenza tra chi è venuto solo a estrarre e sfruttare e chi vuole costruire qualcosa assieme. Gli Stati africani hanno imparato in questi decenni, in particolare dall’inizio dei conflitti in Ucraina e a Gaza, che le grandi potenze (Usa, Russia e Cina) e i paesi ricchi (Ue, G7, G20 e anche i Brics e la Sco) fanno solo i propri interessi e non credono più al multilateralismo. In tale contesto caotico e sregolato, l’Africa si adatta ma cerca anche partner affidabili.

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