@ - Nel 2025 la pena di morte è ancora una realtà in diversi Paesi e non mancano le esecuzioni. Ecco dove e quali sono le novità per gli Stati Uniti.
Parlare di pena di morte nel 2025 sembra anacronistico in alcuni Stati, ma non c’è argomento più attuale. L’attuale contesto geopolitico e i cambiamenti introdotti da Donald Trump, nuovamente insediato alla Casa Bianca, impongono riflessioni accurate su quello che è da sempre un argomento divisivo. La pena di morte è un tema caldo di dibattito sia nel campo giuridico che in quello etico e filosofico e nessuno può ergersi a giudice universale.
Attualmente sono ancora diversi gli Stati in cui vige la pena di morte, anche se non tutti la applicano effettivamente. I reati per cui è prevista e le modalità di esecuzione sono aspetti altrettanto importanti per questa pena, che separa anche l’opinione pubblica. Qualcuno la considera una vera e propria barbaria, altri la giusta punizione per i crimini più efferati. Da un punto di vista prettamente funzionale, possiamo però dire che la pena di morte non funziona granché come deterrente, al contrario di ciò che tanti pensano.
Negli Stati dove viene applicata, infatti, non si registrano cali rispetto ai reati in questione. Diversi studi e ricerche internazionali sostengono questa tesi, motivo per cui alcuni esperti sostengono altri argomenti a favore della pena capitale. In ogni caso, ogni Nazione decide con una certa autonomia e questa pena non trova alcuno spazio nella Costituzione italiana. Non è per tutti così.
La pena di morte in Italia
In Italia la condanna a morte non trova spazio nell’ordinamento penale, che attribuisce alla pena innanzitutto una funzione rieducativa e non deve contrariare il senso di umanità costituzionale. Non bisogna guardare alla pena di morte come un passato lontano, visto che la sua abolizione formale è avvenuta soltanto nel 1948, per l’appunto grazie alla Costituzione.
Il processo che ha portato a questo traguardo è stato però graduale e i primi segnali di ridimensionamento si hanno già a partire dal 1889, quando la pena di morte viene abolita nel Regno d’Italia, salvo essere ripristinata nel ventennio fascista, durante il quale si ebbero 118 esecuzioni. Di fatto, l’ultima condanna a morte è stata eseguita nel 1947. Già prima dell’abrogazione definitiva, il d.l.l. n. 224 del 10 agosto 1944 di re Umberto di Savoia riduce notevolmente l’applicazione della massima condanna, limitandoli a reati legati al fascismo e destinandone la competenza ai tribunali militari.
La pena rimane comunque nel Codice penale militare di guerra fino al 1994, per venire poi sostituita con l’ergastolo. Il processo è stato molto lungo, ma ha portato a un’abrogazione definitiva, che per tanti Stati del mondo appare più lontana che mai. Nel 2024 i Paesi che hanno la pena di morte sono molti di più di ciò che si potrebbe pensare, nonostante l’impegno delle Nazioni Unite e delle organizzazioni di pace. Di seguito l’elenco dei Paesi in cui c’è ancora la pena di morte e qualche informazione per contestualizzare.
Quali sono i Paesi con la pena di morte nel 2025
Attualmente, sono più di 50 i Paesi che prevedono ancora la pena di morte nel loro ordinamento penale e la eseguono. Pur non avendo espressamente cancellato la pena capitale, infatti, diversi Paesi l’hanno abolita di fatto non praticandola nelle condanne. Per esempio, diversi Stati degli Usa hanno aderito a moratorie contro l’uso della pena capitale, pur non abolendola. Tra gli Stati che ancora usano la pena di morte rilevano soprattutto la Cina e i paesi afro-asiatici, tra i primi per il numero elevato di esecuzioni.
Per semplificare, si citano soltanto i Paesi con la pena di morte che nel 2025 la praticano ancora per i reati comuni, evidenziando solo quelli particolarmente ingiustificati rispetto alle indicazioni delle Nazioni Unite. Di norma, la pena capitale è prevista per l’omicidio e l’alto tradimento, ma spesso anche per spionaggio e tentativi sovversivi oltre che per crimini sessuali.
Algeria;
Botswana;
Camerun;
Comore;
Repubblica del Congo;
Egitto (anche per traffico di stupefacenti e bestemmia);
Etiopia;
Gambia;
Kenya;
Lesotho;
Liberia;
Libia;
Malawi;
Mali;
Mauritiana (anche per la sodomia);
Marocco;
Niger;
Nigeria (compresa la sodomia, oltre a eventuali specifiche della legge islamica vigente nel Nord);
Somalia;
Sudan e Sudan del Sud (anche per sodomia, prostituzione e apostasia);
eSwatini;
Tanzania;
Tunisia;
Uganda;
-* Antigua e Barbuda;
Bahamas;
Barbados;
Belize;
Dominica;
Giamaica;
Saint Kitts e Nevis;
Saint Lucia;
Saint Vincent e Grenadine;
Trinidad e Tobago;
Turks e Caicos;
Stati Uniti, con 25 Stati/territori abolizionisti e la sospensione dell’applicazione federale;
Guyana;
Perù;
Afghanistan (tra cui adulterio, sodomia, apostasia, omosessualità);
Arabia Saudita (apostasia, reati di droga, condotta sessuale immorale e stregoneria);
Bahrein;
Bangladesh (anche per reati di droga);
Brueni (anche per il possesso di stupefacenti);
Cina, di cui non si dispongono i dati ufficiali;
Giordania;
India;
Indonesia;
Iran (tra cui sodomia, terza condanna per uso di alcol, prostituzione reiterata e adulterio);
Iraq (anche distribuzione di droga);
Israele;
Giappone;
Corea del Nord;
Kuwait (anche per traffico di droga);
Laos (per traffico di droga);
Libano;
Malaysia, dove ne è stata abolita l’obbligatorietà;
Maldive;
Birmania;
Oman;
Pakistan (tra cui sodomia);
Qatar;
Singapore (anche per detenzione di stupefacenti);
Sri Lanka;
Siria;
Taiwan (anche per traffico di droga);
Thailandia (tra cui ribellione e traffico di droga);
Emirati Arabi Uniti (tra cui reati di droga e omosessualità);
Vietnam (tra cui reati di droga e contro il patrimonio);
Yemen (tra cui omosessualità e adulterio);
Russia, di cui non si dispongono dati ufficiali e con diversi interventi contradditori.
La pena di morte nel mondo
Non è facile trovare dati unitari e completi sulle esecuzioni capitali nel mondo, su cui la maggior parte dei Paesi che le applicano prova a mantenere grande riserbo. Questo perché la pena di morte viene spesso impiegata per ragioni ingiuste anche negli stessi ordinamenti che la prevedono e/o con metodi crudeli. Rileva in proposito il report annuale di Amnesty International, associazione che promuove l’abolizione, al momento disponibile con dati aggiornati al 2023. Tra i dati presi in considerazione ci sono proprio la frequenza delle esecuzioni e i reati per cui sono previste. Nel complesso, c’è stato un notevole aumento del ricorso a questa pena, tanto che hanno ripreso a usarla anche ordinamenti che da tempo la ignoravano.
In particolare, nell’anno 2022 ci sono state 883 esecuzioni in 20 Stati, il tasso più alto degli ultimi 5 anni ha portato a un aumento del 53% rispetto al 2021. Queste informazioni, tuttavia, non sono omogenee, infatti il 90% dell’aumento di esecuzioni si è concentrato nell’area tra Medio Oriente e Africa del Nord. Si fa però riferimento alle sole condanne registrate, mentre si stima che le condanne siano state ben superiori in alcuni Paesi, principalmente Cina, Corea del Nord e Vietnam, dei quali però non si hanno a disposizione i dati precisi.
La Cina è comunque rimasta al primo posto per l’uso della pena di morte, seguita da Iran, Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti. I dati sono preoccupanti perché, a fronte dell’aumento delle esecuzioni, non sono invece aumentate le condanne tra il 2021 e il 2022.
Un’altra situazione allarmante riguarda i reati per cui sono state eseguite le condanne e, in genere, quelli per cui sono previste dagli ordinamenti statali. In particolare, il diritto internazionale chiede almeno di limitare le esecuzioni ai reati più gravi, come l’omicidio intenzionale. Non tutti i Paesi hanno accolto questo limite, come dimostrano le esecuzioni avvenute in Arabia Saudita per chi aveva esercitato il diritto di protesta. Nel 2023 l’organizzazione ha registrato in tutto il mondo ben 1.153 esecuzioni, con una crescita del 71% rispetto al 2022. La tendenza sta proseguendo nel 2024, dovuta principalmente a Iran e Arabia Saudita.
Non solo, si stima che quasi il 40% delle condanne a morte eseguite sia relativo ai diritti legati alla droga. Molti paesi islamici prevedono la pena di morte anche per la blasfemia e l’apostasia, talvolta perfino per l’adulterio e l’omosessualità. In ogni caso, la maggior parte dei Paesi con la pena di morte ha registrato un aumento delle esecuzioni, che sono ricominciate anche in:
Afghanistan;
Kuwait;
Myanmar;
Palestina;
Singapore.
L’abolizione della pena di morte, fortemente sollecitata dalle Nazioni Unite, sta gradualmente prendendo piede, nonostante le tendenze. Già nel 2022, alcuni Stati hanno abolito la pena capitale per tutti i reati, si tratta di:
Kazakistan;
Papua Nuova Guinea;
Repubblica Centrafricana;
Sierra Leone.
La Guinea Equatoriale ha abolito la pena di morte per i reati comuni. Nel complesso, molti Paesi stanno muovendo i primi passi in questa direzione, fra cui le Isole Maldive, lo Sri Lanka (che hanno annunciato la sospensione delle esecuzioni), la Malesia, il Ghana e la Liberia, che stanno affrontando iniziative legislative apposite.
Il dialogo di Amnesty International sta funzionando soprattutto in Kenya, Zimbabwe e Gambia, dove comunque negli ultimi 10 anni non sono state eseguite condanne a morte e anzi diverse pene sono state commutate. Lo Zimbabwe ha addirittura abolito definitivamente la pena capitale, precisamente il 31 dicembre 2024, diventando il 30° Paese africano ad abolire ufficialmente questa pena (dopo averla precedentemente eliminata per i reati comuni).
Il problema della pena di morte resta piuttosto complesso, ma dal punto di vista funzionale i dati non mostrano che sia un deterrente efficace. In secondo luogo, laddove non c’è apertura verso pene differenti, è comunque importante rivedere i metodi di esecuzione, che non dovrebbero perlomeno causare sofferenza e agonia nel condannato. Anche sotto questo profilo, in diversi Paesi c’è ancora molto da fare (si pensi alla lapidazione in Arabia Saudita).
Cosa succede negli Stati Uniti?
Lo Zimbabwe abolisce del tutto la pena di morte, mentre gli Stati Uniti la ripristinano a livello federale. Non c’è una correlazione diretta tra le due decisioni, ma considerando la diversità intrinseca tra i due territori è impossibile non fare un confronto. Inutile sottolineare che lo Zimbabwe è un Paese infinitamente più piccolo e povero rispetto al gigante a stelle e strisce. Lo Stato africano sta attraversando tuttora importanti difficoltà a livello politico e sociale, condizioni che hanno portato a disordini notevoli e spianato le strade a meccanismi come la repressione di massa. Proprio gli Stati Uniti hanno sanzionato lo Zimbabwe per le violazioni dei diritti umani e la corruzione governativa, interrompendo il programma dopo decenni durante l’amministra-zione Biden.
Oggi lo Zimbabwe saluta la pena capitale, mentre negli Stati Uniti si procede per il verso opposto. Il tycoon ha infatti stabilito che la pena di morte federale sarà ripristinata: il procuratore generale potrà chiederla “indipendentemente da altre fattori” per l’uccisione di un agente di polizia, i reati capitali commessi da stranieri irregolari e altri crimini considerati molto gravi. Nulla cambia nella normativa dei singoli Stati, molti dei quali continuano a mettere in pratica le esecuzioni. Queste ultime avranno inevitabilmente una spinta considerata la politica del nuovo presidente, che nel corso del primo mandato ha dato il via proprio alla loro ripresa dopo 17 anni di sospensione.
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