@ - Il conflitto in Siria è uno dei segmenti della “policrisi” di questi ultimi anni, un intreccio di crisi che si amplificano reciprocamente, con effetti che si estendono ben oltre la regione d’origine. La crisi siriana è un esempio eloquente di come i conflitti regionali possano trasformarsi in crisi globali, colpendo anche attori non direttamente coinvolti.
Tra di essi, l’Italia non è al
riparo dalle conseguenze di questo conflitto, soprattutto se consideriamo
le possibili mosse future dei due grandi sconfitti della crisi siriana: Iran e
Russia.
Innanzitutto l’Iran. La caduta
di Assad è un rovescio catastrofico per Teheran, che perde un alleato
strategico, vede frantumarsi l’Asse della Resistenza e interrompersi la
Mezzaluna Shiita, zona di influenza e continuità territoriale
attraverso Yemen, Iraq, Siria e Libano. La Siria è persa e con essa il
corridoio logistico verso Hezbollah in Libano, fulcro e bastione avanzato della
strategia iraniana contro Israele e strumento del sogno iraniano di egemonia
regionale. Ricostituire questo asse e renderlo nuovamente efficace, non è
scontato e comunque richiede tempo.
Il risultato, gravissimo per
la Repubblica Islamica, è che Israele ora rafforza la sua posizione di potenza
dominante in Medio Oriente. A Teheran cresce dunque la tentazione di accelerare
il completamento del programma nucleare iraniano, per poter
ripristinare una deterrenza strategica in chiave anti israeliana. Si tratta,
evidentemente, di una ipotesi molto preoccupante.
Per Mosca, la caduta di Assad
mette a serio rischio la base navale russa a Tartus in territorio siriano,
snodo cruciale per la proiezione militare della Russia nel Mediterraneo
orientale. Qualora perdesse Tartus, al fine di mantenere una efficace
influenza mediterranea, Mosca dovrebbe rafforzare la propria presenza navale in
Libia, ove già sostiene il generale Haftar e dispone di forze militari in
Cirenaica. Del resto, già durante la guerra civile libica nel 2019-2020, i
russi trasferirono, a sostegno di Haftar, mercenari, armi ed equipaggiamenti
dalla Siria alla Libia, utilizzando la base aerea siriana di Hmeimim. Un
rafforzamento russo in Cirenaica causerebbe tuttavia una reazione della
Turchia, che mantiene una presenza pervasiva in Tripolitania e potrebbe
decidere di aumentarla, a scapito degli interessi italiani in Libia.
Gli eventi in Siria trasmettono
inoltre un messaggio eloquente ai regimi africani alleati della Russia,
alimentando dubbi sulla capacità di Mosca di assicurare la sopravvivenza dei
suoi partner. Ciò preoccupa le fragili autocrazie del Sahel che hanno finora
fatto affidamento sulle milizie russe per consolidare il proprio potere. È
plausibile che, per contrastare questa percezione di debolezza, la
Russia possa adottare un atteggiamento più aggressivo nel continente africano,
cercando di rafforzare la propria influenza in un’area critica per il passaggio
dei flussi migratori diretti in Europa e, quindi, in Italia.
Per Mosca e Teheran mostrare i
muscoli può essere una scelta necessaria. Le autocrazie non possono permettersi
di trasmettere una immagine di debolezza, poiché la loro sopravvivenza si
basa sull’immagine di potenza che sono capaci di proiettare, all’esterno come
all’interno. Ciò che spesso conta, soprattutto per questi regimi, non è la
realtà, ma la percezione della realtà. L’apparenza di forza non è un lusso, ma
una questione di sopravvivenza.
Oltre a queste vi sono tuttavia
altre possibili conseguenze di portata globale che rischiano di riguardarci da
vicino.
Innanzitutto, la
situazione in Siria potrebbe scatenare una nuova ondata migratoria verso i
Paesi della regione e verso l’Europa e, dunque, anche verso l’Italia.
Inoltre, la presa di potere da
parte di un gruppo legato, almeno alla sua origine, ad Al Qaeda, potrebbe
destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente e sollevare preoccupazioni sulla
possibile espansione dell’estremismo e sull’aumento delle minacce terroristiche
sia a livello regionale che internazionale.
Il pericolo di un Iran
nucleare, una Russia più aggressiva nel Mediterraneo, in Libia e in Africa, la
pressione migratoria legata alla crisi siriana o all’azione russa in Africa,
una possibili recrudescenza del terrorismo sono questioni che riguardano direttamente
il nostro Paese. Per l’Italia, affrontare questi scenari con la
consapevolezza dei rischi è una priorità e un interesse cruciale. Il nostro
Paese, in quanto attore primario nel Mediterraneo allargato e in Africa deve
saper giocare un ruolo di primo piano nei processi internazionali che
delineeranno il post-Assad e non deve restare escluso dai formati ristretti
che, inevitabilmente, definiranno il futuro della Siria. Ogni soluzione,
positiva o negativa, si ripercuoterà, direttamente o indirettamente, anche
sull’Italia. Il ruolo della nostra diplomazia sarà fondamentale.
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