martedì 10 dicembre 2024

Così la sconfitta di Iran e Russia rischia di diventare crisi globale

 @Il conflitto in Siria è uno dei segmenti della “policrisi” di questi ultimi anni, un intreccio di crisi che si amplificano reciprocamente, con effetti che si estendono ben oltre la regione d’origine. La crisi siriana è un esempio eloquente di come i conflitti regionali possano trasformarsi in crisi globali, colpendo anche attori non direttamente coinvolti.

ONECMS_4C65ABF1-092A-4E2F-B35D-AEF7730B17E7_1733774198918_COLO-B© REUTERS

Tra di essi, l’Italia non è al riparo dalle conseguenze di questo conflitto, soprattutto se consideriamo le possibili mosse future dei due grandi sconfitti della crisi siriana: Iran e Russia.

Innanzitutto l’Iran. La caduta di Assad è un rovescio catastrofico per Teheran, che perde un alleato strategico, vede frantumarsi l’Asse della Resistenza e interrompersi la Mezzaluna Shiita, zona di influenza e continuità territoriale attraverso Yemen, Iraq, Siria e Libano. La Siria è persa e con essa il corridoio logistico verso Hezbollah in Libano, fulcro e bastione avanzato della strategia iraniana contro Israele e strumento del sogno iraniano di egemonia regionale. Ricostituire questo asse e renderlo nuovamente efficace, non è scontato e comunque richiede tempo.

Il risultato, gravissimo per la Repubblica Islamica, è che Israele ora rafforza la sua posizione di potenza dominante in Medio Oriente. A Teheran cresce dunque la tentazione di accelerare il completamento del programma nucleare iraniano, per poter ripristinare una deterrenza strategica in chiave anti israeliana. Si tratta, evidentemente, di una ipotesi molto preoccupante.

Per Mosca, la caduta di Assad mette a serio rischio la base navale russa a Tartus in territorio siriano, snodo cruciale per la proiezione militare della Russia nel Mediterraneo orientale. Qualora perdesse Tartus, al fine di mantenere una efficace influenza mediterranea, Mosca dovrebbe rafforzare la propria presenza navale in Libia, ove già sostiene il generale Haftar e dispone di forze militari in Cirenaica. Del resto, già durante la guerra civile libica nel 2019-2020, i russi trasferirono, a sostegno di Haftar, mercenari, armi ed equipaggiamenti dalla Siria alla Libia, utilizzando la base aerea siriana di Hmeimim. Un rafforzamento russo in Cirenaica causerebbe tuttavia una reazione della Turchia, che mantiene una presenza pervasiva in Tripolitania e potrebbe decidere di aumentarla, a scapito degli interessi italiani in Libia.

Gli eventi in Siria trasmettono inoltre un messaggio eloquente ai regimi africani alleati della Russia, alimentando dubbi sulla capacità di Mosca di assicurare la sopravvivenza dei suoi partner. Ciò preoccupa le fragili autocrazie del Sahel che hanno finora fatto affidamento sulle milizie russe per consolidare il proprio potere. È plausibile che, per contrastare questa percezione di debolezza, la Russia possa adottare un atteggiamento più aggressivo nel continente africano, cercando di rafforzare la propria influenza in un’area critica per il passaggio dei flussi migratori diretti in Europa e, quindi, in Italia.

Per Mosca e Teheran mostrare i muscoli può essere una scelta necessaria. Le autocrazie non possono permettersi di trasmettere una immagine di debolezza, poiché la loro sopravvivenza si basa sull’immagine di potenza che sono capaci di proiettare, all’esterno come all’interno. Ciò che spesso conta, soprattutto per questi regimi, non è la realtà, ma la percezione della realtà. L’apparenza di forza non è un lusso, ma una questione di sopravvivenza.

Oltre a queste vi sono tuttavia altre possibili conseguenze di portata globale che rischiano di riguardarci da vicino.

Innanzitutto, la situazione in Siria potrebbe scatenare una nuova ondata migratoria verso i Paesi della regione e verso l’Europa e, dunque, anche verso l’Italia.

Inoltre, la presa di potere da parte di un gruppo legato, almeno alla sua origine, ad Al Qaeda, potrebbe destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente e sollevare preoccupazioni sulla possibile espansione dell’estremismo e sull’aumento delle minacce terroristiche sia a livello regionale che internazionale.

Il pericolo di un Iran nucleare, una Russia più aggressiva nel Mediterraneo, in Libia e in Africa, la pressione migratoria legata alla crisi siriana o all’azione russa in Africa, una possibili recrudescenza del terrorismo sono questioni che riguardano direttamente il nostro Paese. Per l’Italia, affrontare questi scenari con la consapevolezza dei rischi è una priorità e un interesse cruciale. Il nostro Paese, in quanto attore primario nel Mediterraneo allargato e in Africa deve saper giocare un ruolo di primo piano nei processi internazionali che delineeranno il post-Assad e non deve restare escluso dai formati ristretti che, inevitabilmente, definiranno il futuro della Siria. Ogni soluzione, positiva o negativa, si ripercuoterà, direttamente o indirettamente, anche sull’Italia. Il ruolo della nostra diplomazia sarà fondamentale.

LEGGERE

Video correlato: Cade Assad, quale futuro per la Siria: perde Putin, vince Erdogan. Perché il Medio Oriente è il focolaio delle guerre (Riformista Tv)


Nessun commento: