@ - TEL AVIV — Le bare bianche, la processione dei funerali a Majdal Shams; il dolore del paese sconvolto, l’ira dei drusi davanti ai ministri israeliani. Li contestano, li cacciano. «Vattene Smotrich, balli sul sangue dei nostri bambini», urla un uomo.
01_C© KAWNAT HAJU
Sono le ore nere del lutto per la strage nel campo di calcio, nel paese druso nell’Alto Golan controllato da Israele in cui un missile ha ucciso dodici bambini. Quel che resta dell’ultimo, centrato in pieno, è stato identificato ieri sera: aveva 11 anni.
Sono ore difficili in tutto il Medio Oriente. Ore di attesa per le conseguenze annunciate di questo massacro: nessuno si fa illusioni, i raid scattati sabato sera e poi domenica pomeriggio sono solo avvisaglie di qualcosa di grave che deve ancora accadere. Rientrato in anticipo dagli Stati Uniti, il premier Benjamin Netanyahu convoca il gabinetto di sicurezza per decidere dove, come e quando rispondere. Gli basterebbe firmare la bozza d’accordo sul negoziato di pace con Hamas per spegnere in un istante tutti gli incendi in cui Israele è coinvolto; ma il negoziato si trascina in sedute inconcludenti, e lo è anche quest’ultima di ieri nel vertice dei capi dei servizi di intelligence a Roma. Netanyahu ha alzato di nuovo l’asticella delle pretese, bisogna ridiscutere da capo.
Non c’è tempo per sperare in questa soluzione pacifica. Le dita sono già sul grilletto: l’impressione è che un attacco profondo israeliano in Libano sia inevitabile ed imminente, forse già nel corso della notte. Fonti diplomatiche a Washington e a Beirut hanno detto al canale news libanese Lbci che l’attacco israeliano è «certo». Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha ordinato lo stato «di massima allerta» al capo del Comando Nord delle forze armate israeliane, il maggiore generale Ori Gordin, chiedendogli di prepararsi a ogni possibile sviluppo. Il capo di Stato maggiore ha approvato i piani di attacco.
Ancora una volta è la comunità internazionale a chiedere moderazione a Israele. Si tenta di scongiurare una guerra aperta con Hezbollah che rischierebbe di scatenare un conflitto molto più ampio, coinvolgendo l’Iran e i suoi alleati militari, come gli houti yemeniti. «Sottolineo il diritto di Israele a difendere i suoi cittadini — dice il segretario di Stato Usa, Antony Blinken — ma non vogliamo un’escalation del conflitto. Non vogliamo che si allarghi». Anche il presidente francese Macron si gioca le sue carte per raffreddare le tensioni: «La Francia è impegnata a fare tutto il possibile per evitare una nuova escalation».
Washington sta lavorando «a una soluzione diplomatica lungo la Blue Line» per porre «fine a tutti gli attacchi e consentire ai cittadini su entrambi i lati del confine di tornare a casa in sicurezza». Il ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bouhabib, ha detto in un’intervista che Hezbollah è pronto «a ritirarsi oltre il fiume Litani», a 29 chilometri dal confine, se Israele sospende le sue «violazioni»; e ha ammonito a «pensare attentamente» alle conseguenze, prima di colpire il Libano provocando l’escalation nell’intera regione. Una prospettiva che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan cavalca con un monito roboante in tv: «Dobbiamo essere forti» con Israele per difendere i palestinesi: «Come abbiamo fatto in Karabakh e in Libia, possiamo fare lo stesso con loro», dice minacciando addirittura un’invasione. E Teheran avverte: una nuova «avventura» militare in Libano avrebbe «conseguenze impreviste». Sono forse urla alla luna, ma la preoccupazione è palpabile. La Farnesina suggerisce agli italiani di evacuare Israele e Libano. La missione Unifil è in allerta, il cacciatorpediniere De La Penne è fermo a Creta «a meno di 24 ore dalle coste libanesi», e sono pronti anche i C130 dell’aeronautica.
Su dinamica e responsabilità della strage dei bimbi drusi ci sono ancora versioni contrastanti. Hezbollah nega responsabilità, mentre Beirut chiede un’indagine indipendente; ma la Casa Bianca dice che «l’attacco è stato effettuato da Hezbollah. Era un loro missile lanciato da un’area che controllano». Washington lascia intendere che sia stato un errore. L’Idf mostra fotografie di parti di un missile iraniano Falaq-1, usato in Libano da Hezbollah, trovate sul luogo della strage. Secondo le forze armate israeliane il colpo è partito da Chebaa, nel sud del Libano.
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