martedì 20 giugno 2023

Oleg Orlov è rimasto nella sua casa a Mosca, nonostante le accuse contro di lui ed il rischio di finire in carcere.

@ - Oleg Orlov è uno degli attivisti russi più temuti dal regime di Vladimir Putin. Il governo attuale, specialmente dopo l’invasione dell’Ucraina, ha reagito duramente al suo impegno a supporto dei diritti umani, soprattutto all’interno del suo Paese. La sua Ong “Memorial” è stata bandita dalla Russia in quanto considerata “agente straniero“: Oleg Orlov, però, continua a lavorare nell’ombra scappando dalla repressione di Putin.

L’attivista è indagato per aver violato l’articolo 280.3 del codice penale russo, il reato di avviare “azioni pubbliche volte a screditare le forze armate utilizzate al fine di proteggere l’interesse della Russia e dei suoi cittadini al mantenimento della pace e della sicurezza”.

Fanpage.it ha intervistato Orlov, ancora stabile a Mosca, per parlare del regime putiniano, cercando di scoprire in che modo la Russia possa tornare ad essere libera, a livello politico.


I dissidenti politici in Russia
Secondo l’elenco di Memorial – risponde Orlov sul numero di prigionieri politici in Russia – sono 564. Ma si tratta di una stima conservativa. Impossibile avere tutti i dati su tutta la Russia. È solo la punta dell’iceberg. L’organizzazione Ovd-Info, specializzata nel monitorare le persecuzioni politiche, ha inoltre accertato poco meno di 20mila detenzioni temporanee e 584 casi penali ancora aperti, tra i quali il mio, per azioni di protesta contro la guerra. Si è ritirato fuori il reato di alto tradimento, per cui si possono facilmente prendere 25 anni di galera“.

La fine del regime di Putin
Si prospettano diversi scenari – spiega Orlov sulla possibile fine del regime di Putin -. Il più rapido e forse il migliore: la guerra in Ucraina si mette al peggio, Putin lascia il potere, o perché lo trasferisce più o meno volontariamente a un successore o perché viene defenestrato. In questo caso tutto avverrebbe molto velocemente. Dalle élites al potere emergerebbero riformatori che inizierebbero immediatamente a cambiare la Russia in senso democratico. Un po’ come successe con Khrushchev dopo la morte di Stalin, fatti i dovuti distinguo. Se succedesse questo, i russi dell’emigrazione e la società civile rimasta in patria avrebbero un ruolo cruciale nel vigilare sulle riforme impedendo che siano solo cosmetiche”.

Il peggiore – risponde ancora l’attivista su come potrebbe terminare il regime putiniano – sarebbe quello in cui, in seguito alla guerra, il regime risulti incapacitato ma resti simile a se stesso per lunghi anni, nel corso dei quali la situazione in Russia diventerebbe putrescente. Il Paese resterebbe indietro rispetto al resto del mondo. E il tutto finirebbe con un’implosione che distruggerebbe la Russia e porterebbe all’anarchia, oltre che al crollo del regime”.

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