venerdì 23 settembre 2022

Russia, mobilitati anche gli over 50: panico e code ai confini del Paese

@ - Famiglie in ansia: i coscritti potrebbero arrivare a un milione. Aumentano le fughe all’estero. E la Germania apre le porte ai disertori


«Come stiamo? Ha presente il Sole di Mosca?». La risposta di Dmitry Oreshkin, scienziato politico di notevole popolarità fino a quando nel 2014 osò criticare la strategia del Cremlino sull’Ucraina, necessita di una spiegazione.

Appena dodici giorni fa. La capitale celebrava la sua festa, mentre a Kharkiv le truppe russe fuggivano abbandonando le loro posizioni, con una ritirata così veloce da non poter passare sotto silenzio. Vladimir Putin sceglieva invece di inaugurare con parole piene d’orgoglio la nuova attrazione locale, una grande ruota panoramica alta 140 metri che con i suoi raggi doveva illuminare il VDNKH, un parco tematico costruito nel 1935 per illustrare i grandi successi raggiunti dall’Unione Sovietica, oggi un’area in via di recupero. «Un’opera unica, che non ha eguali in Europa e nel mondo». Poche ore dopo, il Sole di Mosca si bloccava per un’avaria. È rimasta chiusa per quattro giorni, poi ha riaperto per due, infine ha chiuso nuovamente per manutenzione.

«Alla popolazione è stato detto che eravamo forti e che dovevamo essere orgogliosi di noi stessi», spiega il professore, titolare di una rubrica molto seguita sul sito di Radio Echo fino alla sua chiusura. «All’improvviso scopriamo invece che non funziona nulla, e che le parole di Vladimir Putin degli ultimi sei mesi erano un bluff. Comprese quelle del suo ultimo discorso, perché la mobilitazione parziale è come una gravidanza parziale: non esiste. La gente lo capirà presto. E comincerà a non credergli più. Il vero pericolo che corre il Cremlino non è la protesta, ma la sfiducia collettiva».

La domanda
Eppure, sembra che non sia cambiato niente. A cominciare dal nome. Ieri Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino nonché voce del presidente, a precisa domanda di una giornalista inglese del Telegraph ha risposto che neppure adesso è possibile chiamarla guerra, rimane ancora una Operazione militare speciale. E come al solito l’Ucraina sta diventando «uno Stato totalitario nazista» secondo il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Avanti così, seguendo un copione prestabilito, e intanto mezza Russia e il mondo intero si chiedono cosa sarà mai questa mobilitazione.
Citando fonti dell’amministrazione del Cremlino, l’edizione europea di Novaya Gazeta ha rivelato che all’inizio l’intero testo sulla chiamata alle armi doveva essere secretato, seguendo così la volontà del ministero della Difesa. Ma poi è stato deciso di applicare l’omissis solo al settimo dei dieci articoli di cui si compone il provvedimento, quello che stabilisce il numero delle persone da mandare al fronte. Dovevano essere trecentomila, si arriverà al milione di civili arruolati, secondo il giornale fondato dal premio Nobel per la pace Dmitry Muratov. Una versione che Peskov ha liquidato come «menzogna totale».

La parte in chiaro del decreto avvalora comunque la tesi di una mobilitazione ben poco parziale. Gli unici esentati sono i dipendenti del comparto bellico, i non idonei per motivi di salute, le persone con familiari disabili a carico, i padri con almeno quattro figli a carico di età inferiore ai sedici anni. Ma ieri sono arrivate alcune correzioni dal ministero della Difesa. Rimarranno a casa anche gli studenti universitari a tempo pieno, una postilla che asciuga di molto un potenziale bacino di protesta, ed è stata smentita la voce che i nuovi coscritti perderanno il posto di lavoro. Confermata invece la decisione di notificare l’ordine di leva agli oltre mille manifestanti arrestati durante i cortei spontanei di mercoledì. Il movimento giovanile democratico Vesna parla di ritorsione e intimidazione. Peskov sostiene che si tratta di una misura legale, come al solito.

Il conto alla rovescia
Abbas Gallyamov, che fu uno dei primi speechwriter di Putin, è convinto che sia ormai cominciato il conto alla rovescia. «Per la maggior parte del pubblico, la mobilitazione è ancora un concetto astratto. Cominceranno a capire quando i loro cari avranno ricevuto la chiamata, e quando alcuni di loro torneranno in patria nelle bare. I soldati uccisi finora non hanno suscitato emozione, perché erano militari di professione. Ma le future morti dei mobilitati saranno vissute come una terribile ingiustizia. Persone che lo Stato ha tolto alla vita normale e ha mandato al macello. Le conseguenze si vedranno più avanti. E saranno devastanti per il Cremlino».

Forse sono queste le ragioni per cui Putin si era finora mostrato riluttante al coinvolgimento dei civili, arrivando a escludere qualsiasi forma di mobilitazione. Lo aveva fatto lo scorso 8 marzo, quando cominciava a essere chiaro che l’Operazione militare speciale non sarebbe stata una passeggiata, nel suo secondo discorso alla nazione. «Capisco i vostri timori per le persone amate, ma vi assicuro che non verranno chiamate».

Le province remote
Le prime notizie che arrivano dalle province più remote riferiscono di convocazioni inviate a persone sopra i cinquant’anni di età, dettaglio anagrafico che, se confermato, allargherebbe la platea dei coscritti ben oltre le trecentomila unità. Dice Oreshkin che ben presto inizierà un sabotaggio di massa. «Ormai è chiaro che il Sole di Mosca non funziona. E la gente vuole solo scendere dalla ruota, come già stiamo cominciando a vedere».

L’incertezza produce paura e code ai confini. Sono quasi cinquemila le persone rifugiate in Finlandia. Gli ingressi giornalieri dalla Russia in Armenia sono triplicati.

La Germania si è detta pronta ad accogliere eventuali disertori. In soli due giorni, sono già stati attaccati a colpi di molotov tre centri di arruolamento militare. Vesna ha convocato per sabato manifestazioni nelle principali città. Finiranno con la consueta caccia all’uomo. Ma questa volta potrebbero anche essere un inizio.

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