domenica 27 marzo 2022

Biden ignora il Pentagono: deputati e media lo spingono verso la guerra

@ - Per un mese il settimanale ha prodotto servizi e testimonianze di esperti d’intelligence e militari statunitensi sullo sviluppo delle operazioni russe che non si scostavano di molto dalla narrazione dei media volta a sostenere (o suggerire) la versione dell’Ucraina. 


In questi giorni ha pubblicato delle strane nuove testimonianze e pareri di esperti leggermente diversi. Che il settimanale stia diventando complottista e filo putiniano? Forse no. Forse è soltanto l’esercizio giornalistico di dare un’informazione più aderente alla realtà sul terreno e meno alla propaganda (l’altrui e propria). È un tentativo che sin dall’inizio del conflitto pochi avevano fatto cercando di rimanere sul piano della razionalità e quasi nessuno considerava plausibile perché ottenebrato dalle emozioni vere o presunte, in buona o cattiva fede. “Benché distruttiva come è la guerra ucraina, la Russia sta causando meno danni e uccidendo meno civili di quanto potrebbe fare (dicono gli esperti dell’intelligence Usa). Il comportamento della Russia nella brutale guerra racconta una storia diversa da quella ampiamente accettata, secondo la quale Putin intende demolire l’Ucraina e infliggere il massimo dei danni civili possibili. Esso rivela l’azione strategicamente equilibrata del leader russo”. Incredibile! La distruzione è massiccia – riferisce un esperto della Defense Intelligence Agency (Dia) – specie se confrontata con ciò che europei e americani sono abituati a vedere, ma – dice lo stesso analista – i danni associati a un combattimento terrestre che impegna pari opponenti non deve rendere ciechi su ciò che sta realmente accadendo”.

Kiev: in un mese 55 edifici danneggiati e 222 vittime

E qui, l’anonimo esperto elenca una serie di fatti desunti da materiali classificati (segreti) del Pentagono. È un bene che sia anonimo perché non finisca in galera e soprattutto perché non appaia così cieco e smemorato quando accenna a cosa da trent’anni europei e americani sono stati abituati a vedere. Ma dice apertamente che la quasi totalità dei missili lanciati dalla Russia hanno colpito obiettivi militari. Il cuore di Kiev è stato a malapena toccato, le cifre di 55 edifici danneggiati e 222 persone morte dal 24 febbraio, in una città di 2,8 milioni di persone non sono perdite da guerra di distruzione. Un altro esperto aeronautico afferma che “se ci convinciamo che la Russia stia bombardando indiscriminatamente o che stia fallendo nello scopo di infliggere maggiori danni perché il suo personale non è adeguato al compito o perché è tecnicamente inadatto, allora non stiamo guardando il conflitto reale”. Nei primi 24 giorni di conflitto la Russia ha effettuato 1400 sortite di attacco aereo e lanciato quasi 1000 missili (meno di quanto gli Usa abbiano fatto in un giorno durante la guerra del 2003 in Iraq). La maggior parte degli interventi aerei sono stati in supporto alle truppe di terra (CSA appoggio ravvicinato) il rimanente 20% è stato effettuato su aeroporti militari, caserme e depositi logistici. In ogni caso il livello di morte e distruzione è basso se comparato alla capacità russa. È “duro ingoiare il fatto che la carneficina e la distruzione potrebbero essere molto peggiori, ma questo ci viene mostrato dai fatti – dice l’analista della Dia – e mi fa pensare che Putin non sta intenzionalmente attaccando i civili. Forse si rende conto del fatto di dover limitare i danni per lasciare spazio ai negoziati”. Un’altra vulgata è che la Russia abbia fallito la campagna aerea per la supremazia dell’aria anche grazie alle difese contraeree ucraine. In realtà la campagna aerea è stata limitata ai primissimi giorni dell’attacco “quando sono stati colpiti 65 aeroporti (di cui 11 la prima notte) e 50 siti di difesa aerea, incluse 18 installazioni militari di radar early-warning. Furono lanciati 240 sistemi d’attacco di cui 166 missili dall’aria, da terra e dal mare”. Gli attacchi furono quasi esclusivamente di breve raggio come la maggior parte dei missili (Tochka -70/120 Km e Iskander <400 Km). La narrazione di questi eventi portò alla “prematura ed errata impressione” che si fosse trattato di un’enorme operazione di acquisizione della superiorità aerea che avrebbe dovuto danneggiare così tanto le infrastrutture ucraine da garantire una rapida vittoria sul campo. Era la classica interpretazione di chi attribuisce ad altri ciò che avrebbe fatto nei loro panni: “un’immagine speculare”.

Aeroporti, treni, elettricità: no attacchi sistematici

Dopo un mese di combattimenti, la continuazione del fuoco su obiettivi puntuali racconta una storia diversa. La Russia non ha soppresso completamente le difese ucraine, non ha stabilito la superiorità aerea su tutta l’Ucraina. Gli aeroporti lontani dal teatro di battaglia terrestre sono ancora funzionanti e alcuni nelle città più importanti non sono stati mai bombardati. Il tessuto delle comunicazioni dell’intero paese è ancora funzionante e intatto. Non c’è stato attacco metodico sulla rete dei trasporti o delle infrastrutture che potesse impedire le difese terrestri e i rifornimenti. “Le centrali elettriche colpite riguardano le aree dei combattimenti o le vicinanze d’installazioni militari. Nessuna di esse è stata colpita intenzionalmente”. In pratica non c’è stata nessuna campagna aerea di distruzione programmata per conseguire risultati di natura strategica. Questa autolimitazione è stata utilizzata dall’Ucraina per enfatizzare i successi della propria difesa aerea smentiti dalla stessa Nato che in un briefing per il Consiglio atlantico ha dichiarato: “Il fatto che le batterie missilistiche contraeree S-300 si muovano liberamente sul territorio è un chiaro indizio della capacità della Russia di condurre azioni dinamiche”. Entrambe le versioni dell’Ucraina e della Nato sono sbagliate. Secondo l’analista della Dia “qualunque sia la ragione, è chiaro che i russi hanno evitato di bombardare l’area metropolitana di Kiev. Può essere che essi non abbiano le capacità occidentali di conseguire la superiorità aerea e nemmeno la capacità di acquisizione dinamica degli obiettivi aerei, ma questa non è una guerra per la superiorità aerea è una guerra terrestre. L’aeronautica è subordinata alle operazioni terrestri per le quali qualsiasi obiettivo strutturale distrutto (ponti, comunicazioni, aeroporti) diventa inutilizzabile anche da parte delle proprie forze”. Mentre si leggono queste considerazioni molto razionali su Newsweek, un’altra fonte (che ovviamente sarà definita “complottista e filo putiniana”: Joe Lauria del Consortium News 25.3) le commenta osservando che si tratta di una vera e propria “bomba di verità” (anzi due) lanciata dal Pentagono per mettere in evidenza come il presidente Biden sia intrappolato tra il Dipartimento di Stato da una parte che vorrebbe evitare il confronto militare diretto tra Usa e Russia e dall’altra il Congresso e i grandi media che, sostenendo la narrazione del presidente ucraino, vorrebbero uno scontro diretto tra Nato e Russia. “Le corporazioni di media occidentali, sulla base quasi esclusiva di fonti ucraine, riportano che la Russia sta perdendo la guerra, che la sua offensiva è in stallo e che in preda alla frustrazione ha deliberatamente attaccato i civili e spianato a suon di bombardamenti le città. Biden si è bevuto questa parte della storia definendo il presidente russo un criminale di guerra. Ha anche detto che la Russia sta pianificando un attacco chimico sotto falsa bandiera per incastrare l’Ucraina”.

Tutto questo accade mentre il presidente americano in Europa e tra i consoci del G7, della Nato e del Consiglio europeo lancia ancora minacce e accuse ribadendo le tesi ucraine. Occorre perciò, più che mai riflettere su cosa significhino sia le bombe di verità recenti sia quelle di menzogna ormai datate.

La favola dell’intervento di deterrenza

Se ciò che dicono le fonti di Newsweek e del Pentagono è verità, si conferma vero anche ciò che ha detto Putin quando parlava di operazioni speciali limitate. Allora non sono le azioni della Russia a preoccupare, ma quelle di chi vuole la guerra totale al punto da costruire narrazioni lucrando sulla disperazione e il senso patriottico della propria popolazione e sulla dabbenaggine o peggio della malafede degli altri. Se la Russia non vuole la distruzione dell’Ucraina significa che fino a questo momento ha voluto tenere il conflitto al livello di “bassa intensità” (che comunque non è mai bassa per chi lo deve subire) e a due parti contrapposte. Ciò significa che ogni evento che alteri uno dei parametri (bassa intensità e due parti) comporta l’automatico innalzamento del conflitto, vale a dire la messa in campo di tutto il potenziale militare e di violenza che ancora non si è visto. Tra gli eventi determinanti l’escalation figurano le interferenze esterne con azioni militari (aiuti in armi, interventi diretti e indiretti nel conflitto, fallimento di negoziati, incidenti e provocazioni ecc.). La situazione attuale vede la Nato e tutti gli europei allestirsi per una guerra che ritengono poter combattere al livello attuale. Non è così: ogni operazione eventuale contro la Russia o a supporto dell’Ucraina contro la Russia avverrà in un contesto di elevazione del livello. La favola dell’intervento di deterrenza o di difesa dell’alleanza s’infrange sulla realtà: la conta degli aeroplanini e dei carrarmatini da muovere in aria e a terra non servirà a niente in un contesto di scontro di media o alta intensità.

Sempre in termini razionali, ci si può chiedere chi abbia interesse ad uno scontro di tale livello in Europa. Qui le idee del Pentagono e del Dipartimento di stato collimano: occorre evitare lo scontro diretto tra Stati Uniti e Russia. Il Congresso (o almeno la sua maggioranza trasversale) e i grandi media vorrebbero evitare il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e mandare avanti la Nato, vale a dire l’Europa. È un teorema semplicistico ma cinico di chi se ne frega dell’Europa e dell’Ucraina. La guerra “regionale” condotta dalla Nato (comandata dagli Stati Uniti) dovrebbe coinvolgere soltanto il nostro continente senza sottoporre gli Stati Uniti e i loro territori al pericolo di risposte sopra le righe (conflitto nucleare strategico). Mentre Pentagono e Dipartimento di Stato si rendono conto che Nato significa Stati Uniti, i signori del Congresso e i media pensano si possano separare i due ambiti.

Il solito grosso affare: chi tira il grilletto?

Questa convinzione non è peregrina: viene dalla consapevolezza che la Russia non vuole attaccare gli Stati Uniti e che gli Stati Uniti non si faranno coinvolgere in una guerra che sfiori i propri territori. La prospettiva è che l’escalation colpirà solo l’Europa e che una volta distrutta Stati Uniti e altri potranno impegnarsi per ricostruirla: un affare fenomenale. E probabilmente lo stesso Biden sarà indotto a scegliere questa “soluzione”. Lo tirerebbe fuori dalle pastoie interne. Sarebbe riconfermato perché guerra durante squadra che vince non si cambia e così via. È una follia, ma è esattamente la strada che stiamo percorrendo. Esistono però, come in ogni guerra, alcuni fattori irrazionali. Uno di essi è il grilletto del conflitto: se la Russia ha avviato l’invasione con obiettivi limitati non aveva alcuna intenzione di ampliarlo, ma di fronte a un evento “indesiderato” potrebbe decidere di passare allo stadio successivo; allora il grilletto dell’indesiderato possono premerlo la stessa Ucraina (che di irrazionali ne ha molti) o un Paese della Nato (Gran Bretagna, Polonia, Stati baltici, Stati che mandano gioiosamente armi e munizioni?). Quando si sentono le voci di operazioni false flag, le accuse di guerra chimica o di guerra nucleare tattica, in genere chi le diffonde è chi le sta preparando. È irrazionale ma è successo. Avviare una guerra regionale sperando che non coinvolga gli Stati Uniti può scontrarsi con l’irrazionalità di chi considera questa speranza come un punto debole e quindi farà di tutto per tirarceli dentro. La Russia? È improbabile, ma altri Paesi messi alle strette potrebbero farlo e qui la storia insegna che chi ha tirato per la giacca gli Usa nelle due guerre mondiali passate è stata la Gran Bretagna. Non c’è due senza tre.

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