domenica 23 gennaio 2022

LA PLENARIA A STRASBURGO L’elezione di Metsola, le parole di Macron e la Ue sui Big Tech

@Alcune plenarie dell’Europarlamento scivolano senza troppo clamore nell’agenda comunitaria e nazionale. La sessione che si è chiusa il 20 gennaio Strasburgo non rientra, decisamente, fra quei casi.


Dopo l’omaggio a David Sassoli, la sede francese dell’Eurocamera ha assistito all’elezione della nuova presidente Roberta Metsola, al discorso inaugurale di Emmanuel Macron per il semestre francese alla guida della Ue e all’adozione della posizione del parlamento sul Digital Services Act, una dei pilastri del maxi-pacchetto regolatorio sul digitale avviato da Bruxelles. Tre tappe che scandiranno, per motivi diversi, il nuovo anno ai vertici comunitari.

Qui Strasburgo, 1: la presidenza di Metsola. La prima notizia, in ordine cronologico, è l’elezione di Roberta Metsola a presidente del Parlamento europeo. L’esponente maltese del Partito popolare europeo è stata eletta dall’Eurocamera con 418 voti a favore su 616 validi. È la terza donna a ricoprire la carica di presidente del Parlamento Ue dopo Simone Veil e Nicole Fontaine e la terza leader attualmente ai vertici di istituzioni europee, insieme Ursula von der Leyen (Commissione europea) e Christine Lagarde (Banca centrale europea).
Il suo insediamento è arrivato dopo gli scricchiolii dell’intesa fra Ppe, socialisti e liberali davanti a una candidata tanto apprezzata per il suo impegno anti-corruzione quanto criticata per le sue rigidità anti-abortiste. Fino alla vigilia si è temuto che la cosiddetta maggioranza Ursula, l’insieme delle forze europeiste, si incrinasse fra le defezioni di deputati dei Socialisti&Democratici e Renew Europe in favore della verde svedese Alice Bah Kuhnke. Il timore è rientrato con la maggioranza emersa in aula, anche se le polemiche non sembrano destinate a esaurirsi.

Qui Strasburgo, 2: la parola a Macron. È proprio davanti a Metsola che il presidente francese, Emmanuel Macron, ha tenuto il suo discorso inaugurale per la presidenza francese della Ue. Si era già parlato di una Blitzkgrieg, una guerra lampo che impegnerà l’inquilino dell’Eliseo a concentrare tutti i suoi obiettivi nell’agenda avviata da qui a giugno. Le parole all’assemblea di Strasburgo confermano l’approccio energico di Macron, scandito dal richiamo a tre «promesse» che dovrebbero guidare la sua leadership: democrazia, progresso, pace.
L’intervento ha toccato vari terreni, dalla proposta di includere protezione dell’ambiente e diritto all’aborto nella Carta fondamentale dei diritti Ue alla revisione del sistema Schengen, dallo scenario di un nuovo accordo con l’Africa a nuovi paletti al Regno Unito nelle pratiche di divorzio della Brexit. A far notizia, però, è stato soprattutto l’appello a un «nuovo ordine di sicurezza» che andrà negoziato con la Russia, sullo sfondo di un’Europa candidata a «potenza d’equilibrio» sullo scacchiere globale.
In termini più chiari, Macron ha auspicato che Bruxelles conduca un dialogo autonomo con Mosca rispetto alla Nato, incrinando l’unità invocata dagli Usa sulla crisi che sta surriscaldando gli animi in questi giorni: la possibile offensiva russa in Ucraina. La linea di Macron non stupisce, rispetto all’obiettivo di una Ue più «sovrana» e meno dipendente dai rapporti con le altre potenze, Usa inclusi. I suoi effetti si potranno valutare a breve.

Qui Strasburgo, 3: avanti con il Dsa (e il Dma). Sempre durante il suo discorso al Parlamento Ue, Macron ha definito il digitale come una delle due «sfide del secolo» insieme al cambiamento climatico. Un messaggio già recepito, da anni, dai vertici Ue e dalla stessa Eurocamera. Il Parlamento europeo ha adottato con una maggioranza di 530 voti favorevoli la sua posizione sul Digital Services Act, la proposta della Commissione di un nuovo impianto regolatorio sulle responsabilità delle piattaforme online.
L’Eurocamera ha irrigidito il testo iniziale dell’esecutivo, con emendamenti mirati a contrastare soluzioni di «targeting» pubblicitari basate su dati dei minori e informazioni sensibili, oltre all’aumento della trasparenza.
Il Dsa è la seconda “gamba” di un quadro di riforme che include anche il Digital Markets Act (Dma), già passato per il vaglio del Parlamento a dicembre. Il Dma si concentra sulle pratiche ritenute «anti-concorrenziali» nei grandi gruppi online, per tutelare i consumatori sul fronte della libertà di scelto e di una competizione effettiva fra le aziende che operano e macinano ricavi in Europa.

Le proposte dovranno essere negoziate fra lo stesso Parlamento e il Consiglio Ue, con l’ipotesi di andare in porto nel 2023. Non sarà facile, anche considerando la potenza di fuoco del lobbying dispiegato dai colossi digitali a Bruxelles. Ma non è la prima volta che le istituzioni Ue fronteggiano il settore, né tantomeno l’assedio dei gruppi di pressione. La guerra al «Wild west» digitale, come l’ha chiamato in un tweet il commissario Ue Thierry Breton, sta solo entrando in una nuova fase.

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