@ - Nel corso del 2020 ha adottato pratiche opache e molto discutibili per trasformare in "ricorrenti" donazioni che avrebbero dovuto essere "una tantum".
Un’indagine del New York Times ha raccontato una mezza truffa con cui negli ultimi mesi prima delle elezioni il comitato elettorale di Donald Trump fosse riuscito a raccogliere finanziamenti dai suoi donatori, che venivano ingannati affinché le loro donazioni una tantum diventassero donazioni ricorrenti.
Questo sistema, basato su un escamotage e una comunicazione molto opaca, ha permesso al comitato elettorale di Trump di raccogliere in pochi mesi decine di milioni dollari da investire nella campagna elettorale, in un momento in cui i fondi a disposizione dei Repubblicani si stavano esaurendo. La mezza truffa ha però portato a decine di migliaia di richieste di rimborso e dopo le elezioni, raccogliendo soldi su altri fronti, il comitato elettorale di Trump ha dovuto restituire molto di quello che aveva ottenuto. Secondo il New York Times, di fatto, Trump ha utilizzato il trucco delle donazioni ricorrenti per ottenere «un prestito a interessi zero» in uno dei momenti chiave della campagna elettorale.
Il sistema con cui i sostenitori di Trump venivano ingannati è piuttosto semplice. Sul sito del comitato elettorale di Trump per le donazioni online a marzo 2020 fu aggiunto un banner giallo che chiedeva di rendere una ricorrenza mensile la donazione che si stava facendo. Il campo per accettare la proposta era però già compilato: per fare sì che la donazione fosse una tantum, quindi, era necessario accorgersi di questo dettaglio e intervenire per deselezionare l’opzione. Non facendo questa operazione, la donazione si attivava automaticamente come ricorrente.
A giugno, il sistema dei campi precompilati fu sfruttato nuovamente: sotto alla prima domanda per le donazioni ricorrenti venne aggiunto un secondo testo che con poca chiarezza invitava a fare una donazione extra “per il compleanno di Trump”. Anche in questo caso, per evitare di fare la donazione extra bisognava intervenire attivamente. L’introduzione di questo secondo – opaco – avviso ha portato il giorno del compleanno di Trump, il 14 giugno, al record di donazioni giornaliere nella storia del comitato elettorale. Quel giorno, infatti, furono processati insieme tutti i pagamenti per le donazioni che erano state raccolte grazie al nuovo avviso.
I Repubblicani festeggiarono pubblicamente il successo, senza spiegare esattamente a cosa fosse dovuto, ma dai giorni successivi al 14 giugno il numero di richieste di rimborso che ricevevano cominciò a crescere enormemente. Come spiega il New York Times, un certo numero di richieste di rimborso è fisiologico a ogni attività di raccolta fondi e anche i Democratici ne hanno eseguiti decine di migliaia nel corso della campagna elettorale. Se prima del 14 giugno però il valore dei rimborsi eseguiti da Democratici e Repubblicani erano stabili intorno al 2 per cento delle donazioni ricevute, poi quelli dei Repubblicani hanno cominciato a crescere arrivando fino al 12 per cento.
A settembre, dopo che ad agosto i Democratici avevano raccolto 150 milioni di dollari in più dei Repubblicani, il linguaggio dei due avvisi già usati fu cambiato ancora e il sistema per raccogliere donazioni extra diventò più aggressivo. Il primo avviso da quel momento chiedeva di rendere la donazione a ricorrenza settimanale, il secondo parlava di una donazione extra da 100 dollari una tantum. Tra ottobre e novembre i due testi furono resi ancora meno chiari, con sempre minore evidenza data alle frasi che spiegavano chiaramente quello che i due campi precompilati avrebbero davvero comportato.
I messaggi mostrati sul sito delle donazioni da marzo alle elezioni:
Il New York Times ha raccolto testimonianze di molte persone che credendo di fare una singola donazione al comitato elettorale di Trump si sono trovati con addebiti di diverse migliaia di dollari in poche settimane, spesso senza poterselo permettere. Dopo le elezioni, moltissimi di loro hanno ottenuto un rimborso: a quel punto, dice il New York Times, Trump stava raccogliendo altre decine di milioni di dollari sostenendo di avere bisogno di aiuto per finanziare i ricorsi contro i presunti brogli elettorali dei Democratici, e con quei soldi ha potuto ripagare i donatori ingannati.
Negli ultimi due mesi e mezzo del 2020, il comitato Trump ha eseguito 530.000 rimborsi a donatori online per un totale di 64,3 milioni di dollari. Nello stesso periodo, il comitato elettorale di Joe Biden ha eseguito 37.000 rimborsi per 5,6 milioni di dollari in tutto. Secondo i registri ufficiali, WinRed, l’ente che gestiva le donazioni dei Repubblicani, ha restituito il 10,7 per cento delle donazioni ricevute nel 2020 (122 milioni di dollari in tutto); ActBlue, l’equivalente di WinRed per i Democratici, ha restituito il 2,2 per cento delle donazioni ricevute (21 milioni di dollari in tutto).
La mole di rimborsi chiesti ai Repubblicani ha stupito anche moltissimi esperti e navigati operatori del mondo della politica statunitense, dice il New York Times. «I rappresentanti di diverse banche che hanno chiesto rimborsi per conto di loro clienti hanno stimato che nel momento massimo i reclami contro WinRed fossero tra l’1 e il 3 per cento del totale. Il dirigente di una delle più importanti società di carte di credito ha confermato numeri simili per la quantità di reclami contro WinRed che hanno dovuto gestire». Se si pensa a quanto sia grande il mercato dei pagamenti online, “tra l’1 e il 3 per cento” dei reclami sono tantissimi reclami.
Secondo il comitato elettorale di Trump, solo lo 0,87 per cento del numero di donazioni ricevute è stato soggetto a reclami: anche prendendo per buono questo numero si arriverebbe comunque a circa 200.000 reclami e quasi 20 milioni di dollari da restituire. A questo va poi aggiunto quanto restituito perché ottenuto oltre i limiti previsti dalla legge per le donazioni elettorali, che con il sistema delle donazioni ricorrenti il comitato Trump ha superato in tantissimi casi. WinRed, a differenza di ActBlue, è inoltre una società a tutti gli effetti e può generare guadagni: trattiene il 30 per cento dei soldi ricevuti con le donazioni e quando effettua i rimborsi non restituisce i costi delle transazioni. Con questi sistemi, secondo i conti del New York Times, nel 2020 dovrebbe aver generato alcuni milioni di dollari di profitto.
Il sistema delle caselle precompilate, dice il New York Times, sembra essere ancora diffusamente usato da molti esponenti del Partito Repubblicano ed è stato usato ampiamente anche durante la campagna elettorale per i due seggi al Senato della Georgia, finita a inizio gennaio con due storiche vittorie per i Democratici. Anche questi ultimi, nella loro storia recente, hanno fatto ricorso in alcuni casi a caselle precompilate per generare donazioni extra: ma niente di simile a ciò che ha fatto il comitato Trump sembra essere stato fatto dai Democratici, che invece hanno poi introdotto linee guida interne per interrompere o limitare fortemente la pratica.
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