@ - Nel marzo di otto anni fa, quando Jorge Bergoglio salì al soglio pontificio. Su Repubblica e altri giornali laici e ostili a Benedetto XVI, profetizzavano in termini entusiastici. Un Papa così vicino alla gente, che dice “buon pranzo” ai fedeli in piazza San Pietro, che ha scelto un nome come quello di Francesco d’Assisi, tornerà a riempire le chiese e a convogliare nuove vocazioni.
Chi si fa prete non è ispirato dal Papa Francesco
Otto anni dopo, il vaticinio ha fallito. Se effetto Bergoglio c’è stato sulle vocazioni, c’è stato al contrario, come osserva oggi Libero quotidiano. Eclatante quanto ha rilevato uno studioso dell’università cattolica americana di Notre Dame. Francis Meier ha condotto una inchiesta sulle vocazioni nella chiesa americana. Nessuno dei seminaristi, secondo il suo studio, ha citato come motivo di spinta Papa Francesco.
Insomma, osserva il quotidiano diretto da Pietro Senaldi, “la convinzione di questo mondo era che questo Pontefice, con la sua vocazione al cambiamento, avrebbe generato una maggiore attrazione verso la Chiesa romana. Non è andata così, se si considera, per dire, che in Italia la percentuale di quanti si dichiarano fedeli e vanno a messa è crollata di oltre 10 punti dal 2007 ai mesi ante Covid. Le ragioni sono molteplici, ovviamente, e una è il secolarismo avanzante. Ma mai previsione si dimostrò più errata dell'”Effetto Bergoglio”.
Bergoglio e le vocazioni: seimila preti in meno
Una tendenza che il Secolo d’Italia aveva denunciato già dal novembre scorso in base a dati inoppugnabili. La pubblicazione dell’Annuario statistico ha consentito, infatti, anche di fare un bilancio sulle pecorelle smarrite nella Chiesa. Vale a dire i preti che hanno abbandonato la tonaca. Il fenomeno delle defezioni, in generale, ha interessato quasi seimila sacerdoti nel mondo nel periodo 2014-2018. Pieno periodo del pontificato del papa argentino. In particolare, l’81% delle defezioni è avvenuto in America e in Europa. Proprio dove la comunicazione vaticana arriva in modo più forte e chiaro.
Ma non finisce qui. Il blog del vaticanista Marco Tosatti denuncia in queste ore un’altra inversione singolare. La trasformazione della Basilica di San Pietro da chiesa a museo. Dal 22 marzo, infatti, “i sacerdoti possono solo concelebrare le Messe nel corpo principale della basilica al mattino tra le 7 e le 9.30 ora di Roma. Una rottura con l’usanza abituale di permettere ai singoli sacerdoti di celebrare liberamente la loro Messa quotidiana ai molti altari della basilica”.
A San Pietro dal 22 marzo quasi tutte le messe soppresse
“Il Cardinale Gerhard Müller – riporta il blog – prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha detto al National Catholic Register il 22 marzo che la direttiva avrà l’effetto di rendere il clero che lavora in Vaticano “più simile a dei funzionari e con meno identità sacerdotale”.Gli altari laterali della basilica di San Pietro erano quasi tutti privi del Santo Sacrificio della Messa questa mattina, poiché è entrata in vigore una direttiva del Vaticano che sopprime le messe individuali celebrate nella parte superiore della basilica”. Una denuncia alla quale non ha risposto la Sala Stampa della Santa Sede nè il cardinale Parolin, esplicitamente interpellati sulla questione. Il blog lascia intendere che la decisione sia stata presa direttamente da Bergoglio.
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