venerdì 22 gennaio 2021

Ior, Caloia condannato a 8 anni. Sentenza storica in Vaticano

@ - Per la prima volta viene inflitto il carcere per un reato finanziario, dopo decenni di scandali.


Il Tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone, affiancato da Venerando Marano e Carlo Bonzano, ha condannato l’ex presidente dello IOR Angelo Caloia (81 anni) in primo grado a 8 anni e 11 mesi di reclusione per i reati di riciclaggio e appropriazione indebita aggravata, e a pagare una multa di 12.500 euro; l’avvocato Gabriele Liuzzo (97 anni) a otto anni di carcere e Lamberto Liuzzo (55 anni ), figlio di Gabriele, a 5 anni e due mesi e al pagamento di una multa di 8mila euro; i tre imputati sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici vaticani.

Pesantissima anche la condanna economica. Il Tribunale ha disposto la confisca di circa 38 milioni di euro. 

Infine, gli imputati sono stati condannati al risarcimento dei danni nei confronti dello IOR e della sua controllata SGIR, costituiti parte civile, per una somma superiore a 20 milioni di euro. 

Sempre oggi, il Tribunale ha confermato in sede di appello l’applicazione della misura di prevenzione nei confronti di Liuzzo Gabriele, ordinando la confisca di circa 14 milioni di euro depositati presso lo IOR e già da tempo in sequestro, nonché di altri 11 milioni di euro circa, depositati presso banche svizzere. 

Il dibattimento, iniziato il 9 maggio 2018, ha riguarda la vendita a prezzi ribassati di quasi tutto il patrimonio immobiliare dell’Istituto per le Opere di Religione. Una svendita di cui gli imputati hanno beneficiato personalmente. La ricostruzione dei flussi finanziari è stata possibili in base agli accertamenti della società Promontory nel 2014. La sentenza ha un valore storico per il Vaticano. È la prima volta infatti che viene inflitto il carcere per un reato finanziario, dopo decenni di scandali. E questa importanza è sottolineata in un comunicato ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede. “Si tratta - si sottolinea nella sentenza - della prima applicazione della normativa introdotta nel dicembre 2018, nel quadro più generale dell’adeguamento della legislazione vaticana agli standard internazionali per il contrasto al riciclaggio, alla corruzione e ad altri gravi reati”. 

Ma il valore della sentenza coinvolge anche l’Italia e il cosiddetto “rinnovamento“ dello IOR seguito all’uscita di scena del vescovo Paul Casimirus Marcinkus, coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. A partire dal 1989 e per vent’anni (fino al 2009) l’Istituto fu guidato da Caloia, esponente della finanza cattolica lombarda e dirigente di prima grandezza nel sistema bancario italiano, pur dichiarandosi totalmente estraneo alle accuse e “vittima di operazioni architettate da altri”, si è dovuto dimettere da tutte le cariche societarie e accademiche in Italia e anche dalla presidenza della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano e da una finanziaria in Lussemburgo.

In quel periodo vennero mantenuti attivi presso alcune banche italiane i cosiddetti “conti misti “dello IOR che permisero attività sospette di riciclaggio anche per clienti italiani, a motivo dei quali la Banca d’Italia chiuse dal 2010 fino al 2014 l’operatività dello IOR nel nostro Paese. E dallo IOR, presieduto da Caloia, all’inizio degli anni Novanta passò la maxitangente Enimont, la “madre” di tutte le tangenti pagate a politici italiani .

Un “processo destinato a restare nella storia”, pur essendosi svolto nel “microsistema” e nel “minimo Stato”, ha detto il Promotore di giustizia, Gian Piero Milano.

Nell’ultima udienza, il 1 e il 2 dicembre, il promotore di giustizia aggiunto vaticano Alessandro Diddi (che è il pubblico ministero dell’indagine sul palazzo di Londra acquistato dalla Segreteria di Stato, al centro dell’ultimo scandalo finanziario vaticano) nella sua requisitoria aveva sollecitato le condanne dei tre imputati (l’ex direttore generale Lelio Scaletti anche lui indagato è morto nel 2015), richiesto 8 anni di carcere per Caloia e sostenuto l’”assoluta colpevolezza”.

L’avvocato Alessandro Benedetti, legale dello Ior, nelle sue conclusioni aveva chiesto una provvisionale in via definitiva di circa 35 milioni di euro (complessivamente per Ior e Sgir). Ma, aveva commentato con l’Huffington Post, “prima dell’aspetto economico-risarcitorio l’interesse dello Ior è stato l’accertamento delle responsabilità degli imputati e la compiuta ricostruzione dei fatti, tanto che, prima che si instaurasse il processo, è stata respinta da Ior, una proposta risarcitoria avanzata dagli imputati”. Questo processo insomma contiene anche un messaggio, secondo Benedetti: “il messaggio è che la festa è finita e che oggi c’è tolleranza zero nei confronti di comportamenti che hanno depredato l’Istituto”.

Anche il processo degli immobili come quella del palazzo di Londra, infatti è stata avviata a seguito della segnalazione dell’Istituto per le Opere di Religione, rappresentato dall’attuale Direttore generale Gianfranco Mammì, uomo di assoluta fiducia di Papa Francesco. Lo IOR, insomma, negli ultimi anni sembra essersi trasformato (trasformando la sua fama negativa) in un motore della trasparenza finanziaria vaticana. 

Per una parte dei 29 immobili di proprietà dello Ior venduti tra il 2001 e il 2008 il tribunale ha assolto Caloia e Liuzzo dall’accusa di peculato o di appropriazione indebita aggravata per insufficienza di prove o perché il fatto non sussiste e anche Lamberto Liuzzo dall’accusa di autoriciclaggio. I 29 immobili, elencati durante la sentenza, si trovano principalmente a Roma (via Bruno Buozzi, via Boezio, via Emanuele Filiberto, via Portuense, via della Pineta Sacchetti, viale Regina Margherita, via Aurelia, via Casetta Mattei, via Traspontina, via del Porto fluviale, via Massimi, ecc), nella provincia di Roma (Frascati e Fara Sabina), ma anche a Milano (Porta nuova), Genova (piazza della Vittoria)

L’avvocato Domenico Pulitanò, legale di Caloia, al termine dell’udienza, ha detto che si prepara a ricorrere in appello sperando in un ″ribaltamento della sentenza che a nostro avviso non rende giustizia″. ″Si tratta di una sentenza molto dettagliata. Noi siamo delusi rispetto alle aspettative che erano fiduciose in un riconoscimento della estraneità di Caloia a qualsiasi operazione. Attendiamo di leggere la motivazione e ricorreremo in appello’’. 

Si è giunti alla sentenza grazie alle leggi introdotte prima da Benedetto XVI ed implementate da Papa Francesco. Una serie di innovazioni che hanno spinto il vescovo Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi del Vaticano (che è stato coordinatore della Commissione d’inchiesta sullo IOR) a pubblicare all’inizio di dicembre 2019 il volume (LEV) “Codice Penale vaticano,” che contiene il testo del codice Zanardelli (un codice liberale e garantista), così com’è attualmente vigente nello Stato della Città del Vaticano, a motivo delle innovazioni legislative.

“È uno strumento di lavoro, un manuale non accademico - spiega Arrieta - per gli operatori del diritto - uno strumento per esercitare la giustizia nello Stato , con l’integrazione di tutte le novità introdotte. Nell’ultimo decennio, infatti, la disciplina penale nello Stato della Città del Vaticano ha avuto uno sviluppo notevole derivato dall’incorporazione dello Stato nel sistema monetario dell’Unione europea e anche dall’adesione della Santa Sede a varie Convenzioni internazionali, cosa che ha determinato il bisogno di accogliere molteplici nuovi tipi di reati”. Come quelli finanziari, appunto.

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