sabato 20 giugno 2020

Cresce il fronte del Recovery Fund leggero. Ma Merkel e Macron: “Intesa entro l’estate”

@ - Anche la Finlandia contraria a una strategia ricca: troppi sussidi. Il presidente Michel: serve un compromesso.


Quando il premier svedese Stefan Löfven ha preso la parola, tutti gli altri leader Ue hanno subito capito che il blocco dei Paesi “frugali” rimane compatto e determinato. «Parlo a nome del governo svedese, ma anche di quello olandese, austriaco e danese. Perché abbiamo la stessa posizione», ha esordito Löfven al tavolo virtuale del Consiglio europeo. Ha ricordato che per loro i 750 miliardi del Recovery Fund sono troppi, che «servono prestiti e non sussidi a fondo perduto» e che bisogna fissare chiare condizionalità.

Al gruppo si è subito aggiunta anche Sanna Marin, la premier finlandese che riscuote tanto successo tra i progressisti di tutta Europa. «Non possiamo accettare il piano della Commissione così com’è – ha spiegato l’esponente socialdemocratica –. Sono necessari cambiamenti sotto molti aspetti. I negoziati inizieranno solo quando Charles Michel presenterà una nuova proposta». Arriverà nelle prossime settimane, dopodiché – verso la metà di luglio – i Ventisette torneranno a incontrarsi, questa volta dal vivo, per trattare concretamente sulle cifre e sui dettagli del nuovo piano. «La proposta della Commissione è la base di partenza, non accetteremo alcun passo indietro», ha però avvertito David Sassoli, numero uno del Parlamento Ue, che teme una riduzione delle risorse.

Ora Michel, presidente del Consiglio europeo, ha il difficile compito di trovare un compromesso. Ieri non ha voluto rispondere a una domanda dei giornalisti sul volume totale delle risorse che intende proporre («Non è mia intenzione negoziare a mezzo stampa»). Ma, nel farlo, certamente cercherà di andare incontro alle esigenze dei “frugali”: per l’accordo è necessaria l’unanimità. Dunque i 172 miliardi virtualmente assegnati all’Italia dal piano targato Ursula von der Leyen potrebbero diminuire considerevolmente.

L’ex premier belga ha elencato i punti su cui continuano a esserci grandi divergenze: l’ammontare complessivo del Recovery, l’equilibrio tra sussidi e prestiti (oggi 500 e 250 miliardi), le condizionalità per i fondi, i criteri di redistribuzione delle risorse, gli sconti nelle quote da versare al bilancio di cui godono gli Stati del Nord. C’è inoltre disaccordo su altri dettagli, come le risorse proprie, la durata del piano («Quattro anni sono troppi», dice Angela Merkel) e i tempi per il rimborso. Sostanzialmente l’unico punto su cui c’è intesa riguarda la necessità di avere un fondo per la ripresa finanziato a debito. Cosa impensabile fino a qualche mese fa, ma in ogni caso insufficiente per lasciar intravedere un accordo a breve.

Merkel e Macron hanno insistito sull’importanza di chiudere l’intesa entro la fine di luglio. Le motivazioni le ha spiegate Christine Lagarde: «Senza il via libera al Recovery, gli umori dei mercati cambieranno – ha avvertito i leader la presidente della Bce –. Prima si fa l’accordo e meglio è». L’idea di accelerare ha raccolto un vasto consenso, ma non l’unanimità. «Non c’è alcuna ragione per avere fretta», ha puntualizzato l’olandese Mark Rutte, ricordando che al momento c’è già un pacchetto di misure da 540 miliardi «non ancora utilizzato» (vedi alla voce Mes). I “frugali” sembrano intenzionati a usare la tempistica come arma negoziale: se Merkel, Conte e Macron vogliono chiudere entro fine luglio – questo il ragionamento – allora dovranno venire incontro alle loro richieste. Altrimenti l’intesa verrà rimandata.

«Più tempo perdiamo e più profonda sarà la recessione», ha avvertito lo spagnolo Pedro Sanchez, mentre Emmanuel Macron ha tracciato la sua linea rossa: non si tocchino i 500 miliardi di sovvenzioni. Un altro terreno di battaglia saranno le condizionalità, che i nordici vogliono rafforzare. L'austriaco Sebastian Kurz ha sintetizzato la questione con una domanda: «I fondi saranno legati alle riforme e ci renderanno più competitivi? Oppure saranno sperperati in progetti come il reddito di cittadinanza e i buoni vacanze?». Ogni riferimento a governi esistenti è puramente casuale.

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