@ - Istat, il rapporto sulla protezione sociale in Italia e in Europa. I dati forniti dall’Istituto sulle spese delle amministrazioni pubbliche.
I dati Istat sulla protezione sociale in Italia e in Europa.
Stando ai dati dell’Istat, nel 2019 la spesa sanitaria è stata pari al 22,7 per cento della spesa per le prestazioni sociali per quanto riguarda il settore pubblico. Istat, la protezione sociale in Italia e in Europa. In particolare l’Istat evidenzia come le prestazioni sanitarie offerte dalle strutture pubbliche nel 2019 hanno avuto un costo di poco inferiore ai sessantotto miliardi. “Nel 2019 sono stati spesi dalle Amministrazioni pubbliche quasi 479 miliardi per sollevare le famiglie da rischi, eventi o bisogni inclusi nella protezione sociale. La maggior parte delle prestazioni sociali erogate in Italia riguardano la previdenza sociale (66,3%), il 22,7% prestazioni di tipo sanitario e solo l’11% di assistenza sociale. Negli anni ’90, la previdenza pesava ancora di più, il 71%, a discapito soprattutto dell’assistenza (circa il 7%). Le prestazioni sanitarie fornite direttamente da strutture pubbliche costano poco meno di 68 miliardi, ma l’assistenza ospedaliera ha perso rilevanza nel tempo a favore di altre tipologie di servizi sanitari”, recita il report dell’Istat.
La situazione europea Nel dettaglio, per quanto riguarda le erogazioni per le prestazioni sociali. la maggior parte della spesa ha interessato la previdenza sociale. Seguono le spese per le prestazioni sanitarie, mentre all’ultimo posto troviamo le spese sostenute per l’assistenza sociale. “Ogni abitante ha ricevuto in media nel 2017 poco più di 8mila euro annui per prestazioni sociali. Con 8.041 euro pro-capite l’Italia si attesta sui livelli medi della Ue28; la forbice è molto ampia: dai 20.514 euro del Lussemburgo ai 1.211 della Bulgaria. I paesi europei hanno dedicato in media alla vecchiaia il 40,5% di tutte le prestazioni sociali erogate nel 2017, in Italia molto di più, il 48,8%. Le prestazioni per malattia/salute seguono con il 29,7% in Europa, ma sono solo il 23,1% in Italia”, prosegue il rapporto dell’Istituto.
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