@ - Dietro la svolta di Giuseppe Conte nella gestione della crisi coronavirus e al varo di provvedimenti sempre più restrittivi della circolazione e della vita sociale c'è un documento elaborato dagli esperti che affiancano la presidenza del Consiglio.
In quelle pagine- come sono soliti fare i tecnici- è elaborato anche lo scenario peggiore della crisi: un picco di contagi che porti ad avere necessità di 100 mila posti letto fra terapia intensiva e sub-intensiva. Oggi ce ne sono circa 5 mila nella sanità pubblica di tutto il paese. Unendo quelli (non molti) disponibili nelle strutture private e attrezzandone alla bisogna nelle strutture militari (che ne hanno) in tempi non lunghissimi si potrebbe forse raddoppiare quella disponibilità. Ma non eviterebbero una scelta drammatica che le autorità sanitarie e quelle politiche sarebbero costrette a prendere: mandarne uno in terapia intensiva e lasciarne morire altri nove. Una sorta di lotteria tremenda, che probabilmente condannerebbe i più deboli o quelli più avanti negli anni facendo passare all’Italia il periodo più orrendo e drammatico della sua storia.
Naturalmente tutti ci auguriamo che la simulazione degli esperti sia solo teorica, e che lo scenario peggiore non si possa mai avverare. E neanche quelli intermedi che imporrebbero la stessa tragedia solo con numeri più contenuti. Ma è evidente che questo incubo governa le giornate del presidente del Consiglio. Ieri per due volte è emerso anche pubblicamente nelle dichiarazioni di Conte, che non ha fornito cifre ma sia nella conferenza stampa con il ministro Lucia Azzolina sulla chiusura delle scuole, sia nel successivo appello video agli italiani, ha citato lo scenario infausto in cui non bastassero per l’estensione del contagio i posti in rianimazione e il sistema sanitario italiano dovesse andare in tilt.
Diventa quindi un imperativo mettere in campo ogni misura possibile che possa limitare le occasioni di contagio, e quindi anche di contatto fra la gente che potrebbe trasmetterlo. Per questo motivo si è vista una escalation in questi giorni: una settimana fa proprio Conte aveva nel mirino il governatore della Regione Marche che aveva stabilito la chiusura delle scuole senza concordarla con il governo. Oggi gliele chiude lui, come per il resto di Italia.
Sono provvedimenti che arrivano in ritardo? Forse. Ci sono stati tentennamenti e contraddizioni nella gestione della crisi? È probabile. Siamo stati fra i primi a segnalare timidezze e confusioni del governo che ha evidentemente sottovalutato la pericolosità del contagio, trattandolo come fosse una semplice influenza e gonfiando il petto per presunti meriti che non aveva. Ma il bisogno di scongiurare quello scenario peggiore è così urgente, che di queste cose riparleremo se sarà necessario quando il coronavirus sarà finalmente alle nostre spalle.
Conte in queste ore sta facendo le cose giuste e se non l’ha capito qualche ministra che sta con lui e che ieri ci ha fatto rischiare una grottesca sceneggiata (la Azzolina), lo abbiamo ben presente noi e per fortuna anche una parte consistente della classe dirigente di questo paese. Anche la politica, che ha abbassato decisamente i toni. Dopo qualche tentennamento perfino nelle fila dell’opposizione: da giorni Giorgia Meloni ha mostrato senso di responsabilità e ieri sera un cenno lo ha dato anche Matteo Salvini in una lunga diretta facebook.
Certo le contraddizioni ci sono nelle misure adottate man mano dal governo. I tifosi si lamentano degli stadi chiusi e dei centri commerciali o supermercati aperti. La chiusura delle scuole lascia a casa gli alunni, ma non gli insegnanti (che diavolo fanno là senza lezioni?) e l’altro personale non docente. Ai genitori che si trovano fra capo e collo un figlio piccolo a casa e lavorano non ha ancora pensato nessuno. Ci si penserà a breve. Quel che manca dobbiamo capirlo noi: il governo non può chiudere tutte le attività private e vietare la libertà di movimento, perché sarebbe anticostituzionale (lo è anche per certi aspetti il provvedimento sulle zone rosse). Ma il messaggio è chiaro: evitate tutti luoghi di grande affollamento che potrebbero facilitare il contagio. Ci fermiamo un po’: sarà difficile, ma se la si scampa meno drammatico di quel che altrimenti potrebbe succedere. Poi come è sempre stato nella storia degli italiani, si saprà uscirne e ripartire.
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