@ - Continuano le proteste nei penitenziari per la stretta ai colloqui coi familiari legata alle nuove misure per contenere il contagio. Ieri violente proteste in Emilia, Campania, Sicilia, Lazio, Lombardia (dove sono stati sequestrati due agenti nel carcere di Pavia). Oggi caos anche in Puglia, a Milano, in Sicilia, a Roma, Rieti, Santa Maria Capua a Vetere, La Spezia, Bologna e Torino. Sindacato di polizia: "Rischio che dietro le rivolte simultanee ci sia la criminalità organizzata". Bonafede: "Condanniamo la violenza ma dobbiamo tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri". Informativa del guardasigilli al Senato l'11 marzo
Continuano le proteste nelle carceri. In 27 penitenziari italiani i detenuti sono in agitazione. Molti chiedono l’amnistia, lamentando la paura del contagio del coronavirus. Altri protestano perché le misure varate dal governo per combattere l’emergenza comprendono anche una serie di restrizioni ai colloqui con i parenti. Dopo che ieri per gli stessi motivi violenti rivolte si sono registrate nei penitenziari di tutta Italia, con sei detenuti morti (tre solo nel carcere di Modena), oggi in rivolta ci sono penitenziari importanti come San Vittore a Milano, Rebibbia a Roma e Ucciardone a Palermo. La rivolta più violenta si registra a Foggia, dove molti detenuti hanno tentato l’evasione: alcuni sono stati bloccati bloccati poco dopo all’esterno dell’istituto penitenziario dalle forze dell’ordine. Altri invece sono riusciti a fuggire, disperdendosi nei quartieri vicini e rubando automobili. La situazione ha provocato pesanti reazioni da parte della politica: l’opposizione che ha chiesto l’intervento dell’esercito e i renziani che hanno chiesto al ministro della giustizia Alfonso Bonafede d’informare il Parlamento. L’informativa del guardasigilli è stata fissata per mercoledì 11 marzo alle ore 17.
“Le mafie dietro le rivolte” – “È nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri e i provvedimenti presi hanno proprio la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria, ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”, ha detto il ministro della Giustizia. Da segnalare il commento di Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, che sottolinea come le proteste siano cominciate contemporaneamente in tutto il Paese: “La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo – dice Pianese – C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata. È in atto, infatti una evidente strategia che tenta di approfittare delle difficoltà causate dell’emergenza Coronavirus”.
A Foggia evasioni di massa – La situazione peggiore si registra a Foggia, dove si segnalano numero evasi. In un caso alcuni detenuti fuggiti hanno rapinato un meccanico di auto e attrezzi nella zona del Villaggio Artigiani, l’area nella quale si trova il carcere. Non è ancora confermata l’irruzione in un supermercato del quartiere. Alcuni esercizi commerciali hanno affisso all’ingresso dei cartelli di avviso ai clienti nei quali si spiega che, per motivi di sicurezza, rimangono momentaneamente chiusi. Quattro detenuti evasi sono stati fermati sulla tangenziale di Bari: avevano appena rubato un’auto, intercettata grazie al numero di targa. Nel frattempo il penitenziario foggiano, secondo alcune fonti della polizia, è ancora in mano ai rivoltosi. I detenuti sono sul tetto, hanno rotto le finestre e divelto un cancello della block house, la zona che li separa dalla strada. All’ingresso della casa circondariale è stato appiccato un incendio. I carcerati hanno gridato: “Vogliamo l’indulto e l’amnistia, non possiamo stare così con il rischio del Corinavirus. Noi viviamo peggio di voi, viviamo nell’inferno”. Nella casa circondariale attualmente ci sono 608 detenuti, numero al di sopra della capienza ottimale che sarebbe di 365. “La situazione è critica, gli assistenti che non vogliono lavorare, ci tengono chiusi 24 ore su 24. Ci trattano come animali”, ha detto un giovane detenuto che durante la protesta è rimasto ferito al capo. Sul posto polizia, carabinieri e militari dell’esercito. All’esterno dell’istituto ci sono i parenti di alcuni detenuti che, prima di essere allontanati, hanno cercato di far ragionare i detenuti per riportarli alla calma: “Se fate così è peggio, dovete stare tranquilli”. Un agente di polizia penitenziaria ha raccontato di “scene apocalittiche“. “Non abbiamo il potere di niente, ci sono cordoni di forze dell’ordine ma non c’è più controllo – dice – Siamo tutti qua fuori, i detenuti hanno il controllo del carcere”. Gennarino De Fazio, a nome del sindacato Uilpa della Polizia penitenziaria, racconta che “i detenuti evasi nono sono stati ancora ripresi. La situazione sta gradualmente ritornando tranquilla perché una parte dei detenuti non c’è più, si è dileguata. Calcolare il numero di evasi adesso è impossibile. Lo sarà quando la situazione si sarà completamente ristabilita. A me non risultano feriti a Foggia, solo qualche contusione”. In Puglia si registrano tensioni anche nella struttura penitenziaria di Lecce.
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A Milano detenuti sul tetto – Caos anche nel carcere di San Vittore, nel centro di Milano, dove la protesta è esplosa di prima mattina: i detenuti hanno preso il terzo o il quinto raggio, distruggendo gli ambulatori. I detenuti sono riusciti ad impossessarsi di alcune chiavi di servizio. Dalla strada adiacente al carcere si vedevano carta e stracci a cui è stato dato fuoco attaccati alle grate di una finestra e getti d’acqua per contenere le fiamme. Almeno una quindicina i detenuti è salita sul tetto. Molti avevano il cappuccio della felpa alzato, o il volto nascosto da una sciarpa. “Libertà, vogliamo la libertà“, urlavano, alzando le braccia al cielo, invocando la scarcerazione immediata. “La situazione qui a San Vittore è grave e sta peggiorando. C’è fuoco nelle celle, nei corridoi, esce dalle grate, si vede il fumo nero. Con il personale all’interno non è possibile comunicare, la rivolta è ancora in atto e non si sa nemmeno se ci sono feriti, non ci sono dichiarazioni attendibili”, dice Alfonso Greco, segretario regionale del Sappe Lombardia. “Sappiamo solo che la situazione è grave – ribadisce – ho 27 anni di servizio ed è la prima volta nella mia carriera che assisto ad una cosa del genere. I colleghi dentro hanno il cellulare spento, non sappiamo nemmeno come stanno. La rivolta si sta propagando e l’Amministrazione ora deve fare prevenzione in virtù di quello che sta succedendo”. Sul posto ci sono la pm Laura Nobili, il collega di turno Gaetano Ruta e il questore di Milano Sergio Bracco oltre al direttore del carcere che stanno provando a far cessare le proteste. Per favorire le trattativa viene usata anche una gru con cestello dei vigili del fuoco. In ogni caso, quando la protesta sarà esaurita ci sarà il problema del trasferimento dei detenuti: alcune sezioni del carcere, infatti, risultano inagibili.
Palermo, strade bloccate – Momenti di tensione al carcere Ucciardone di Palermo, dove c’è stato anche un tentativo di evasione subito contenuto. Diversi detenuti hanno scavalcato i passeggi ma sono ancora all’interno della cinta muraria del carcere. Il carcere, che è nel centro città del capoluogo siciliano, è circondato da poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Tutte le vie di accesso sono state chiuse al traffico. Presenti anche dei familiari di detenuti che gridano all’indirizzo dei loro congiunti. La situazione si è normalizzata dopo alcune ore.
Roma, parenti detenuti bloccano Tiburtina – Alle 14, invece, diverse squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute all’interno del carcere di Rebibbia a Roma, visto che alcuni focolai sono divampati nei diversi bracci del penitenziario. Presenti sul posto insieme ai carabinieri le squadre di Nomentano, Rustica, Funzionario di Guardia, capo Turno provinciale con l’ausilio di un’autoscala, un’autobotte, il carro teli, il carro autoprotettori e i Carabinieri. La protesta è cominciata quando i detenuti hanno iniziato a battere i ferri al reparto G11 nuovo complesso. Intanto i parenti dei carcerati, donne soprattutto con bambini al seguito, stanno bloccando in questi minuti la via Tiburtina solidali alla protesta. Fumo viene segnalato all’interno di Regina Coeli. Sul posto agenti delle forze dell’ordine. Proteste anche a Torino: i detenuti di quattro sezioni si sono barricati nel Padiglione B delle Vallette. Tensioni anche al don Soria di Alessandria, dove i detenuti hanno incendiato lenzuola.
“Bologna in mano ai detenuti”- Caos anche a Rieti, a Santa Maria Capua a Vetere, Trani e a Bologna. “I detenuti si sono ormai impossessati del carcere e il personale è fuori, con il supporto delle altre Forze dell’ordine”, fa sapere il sindacato Sappe sulla situazione del carcere bolognese della Dozza. Nel carcere di Villa Andreino alla Spezia la direttrice Maria Cristina Biggi e alcuni operatori sono “asserragliati all’interno per cercare di riportare la situazione alla calma” racconta un operatore, mentre alcuni detenuti sono saliti sul cornicione. Intorno alla struttura sono dispiegate decine di auto delle forze dell’ordine per questioni di sicurezza ed evitare eventuali tentativi di evasione. Nel carcere spezzino ci sono 225 detenuti, per una capienza di 160.
A Modena sei morti – Ieri una serie di proteste erano scoppiate in numerosi penitenziari di tutta Italia. Quella più violenta nel carcere di Modena, dove sei detenuti sono morti. Sono morti di overdose da psicofarmaci. Durante la rivolta infatti si è verificato un assalto all’infermeria e da cui erano stati prelevati diversi farmaci. Nel dettaglio un detenuto è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre un terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato. Oltre ai tre morti, altri detenuti sono stati portati in ospedale. Sei sono considerati più gravi, portati nei pronto soccorsi cittadini e di questi quattro sono in prognosi riservata, terapia intensiva. In tutto sono 18 i pazienti trattati, in gran parte per intossicazione. Ferite lievi anche per tre guardie e sette sanitari. Altri tre detenuti sono morti in altri penitenziari – Verona e Alessandria – ma provenivano sempre dal carcere di Modena. In particolare erano stati trasferiti nelle ultime ore dal carcere emiliano due carcerati morti negli istituti di Verona e Alessandria. Il detenuto morto a Verona in realtà avrebbe dovuto raggiungere il carcere di Trento. Ma probabilmente per l’aggravarsi delle sue condizioni si era poi deciso di potarlo nel carcere scaligero. Anche il detenuto morto nel carcere di Parma proveniva da Modena.
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A Pavia due agenti sequestrati – Rivolta nella serata di ieri anche in carcere a Reggio Emilia: l’agitazione dei detenuti è iniziata nel pomeriggio e si è conclusa intorno alle 23. È stata coinvolta anche l’infermeria, ma non si ha notizia di feriti. Manifestazioni si sono registrate anche nei penitenziari di Frosinone, Poggioreale, e Pavia, dove i carcerati hanno preso in ostaggio due agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere lombardo sono arrivati alcuni agenti di rinforzo, partiti dalle carceri milanesi di San Vittore e Opera. Solo a tarda notte i detenuti sono rientrati nelle celle, dopo essere scesi dai tetti e dai camminamenti dove si erano asserragliati, dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti.
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Bonafede: “Tutelera salute anche nelle carceri” – Le proteste nei penitenziari hanno provocato i commenti da parte della politica. “Sono perfettamente consapevole che un’emergenza come quella del coronavirus possa creare tensioni all’interno di un carcere ma deve essere chiaro l’intento delle misure che abbiamo preso: è nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive negli istituti penitenziari. Alcune norme previste nel decreto legge, come il limite ai colloqui fisici e la possibilità per i magistrati di sorveglianza di sospendere i permessi premio e la semilibertà – misure che valgono per i prossimi 15 giorni – hanno soltanto la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria”, dice il guardasigilli Bonafede. “Manterremo un dialogo costante – continua il ministro- nei dipartimenti di competenza sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture per la popolazione detenute e i lavoratori. Ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”.”Non possiamo voltarci dall’altra parte: dobbiamo intervenire rapidamente e con decisione per placare le rivolte, evitare che ci possano essere altre vittime, riportare alla calma la situazione e garantire ai detenuti quel trattamento di dignità che la stessa Costituzione richiama”, dice la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova.
Pd: “Domiciliari per detenuti a fine pena”. Meloni: “Pugno di ferro” – “Il decreto che di fronte alla sospensione dei colloqui, resa necessaria dal Coronavirus, impone di consentire le comunicazioni a distanza coi parenti non basta. Serve subito affrontare il problema del sovraffollamento. Si mettano ai domiciliari tutti coloro che hanno pochi mesi ancora da scontare per arrivare a fine pena. Non si risolverebbe nulla se, come pensa qualcuno, si tornasse a chiudere le celle superando la vigilanza dinamica. Serve consentire ai direttori di poter lavorare ricostruendo un clima che il sovrappopolamento pregiudica”, scrive su Facebook il senatore del Pd Franco Mirabelli. “Gli agenti della Polizia Penitenziaria, in queste ore vivono momenti concitati, dovendo sedare le rivolte e trovandosi in perenne carenza di organico e dotazioni. Subito un tavolo di emergenza nazionale e interventi immediati, se è il caso anche con l’Esercito, per ripristinare le regole dello Stato e delle Istituzioni rappresentate anche dagli uomini e donne in divisa. Non c’è tempo da perdere”, dice la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
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L’appello dei cappellani – Un appello ai detenuti, chiedendo loro un ”atto di responsabilità ‘,’ è stato lanciato da don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri. “Comprendo che la situazione è grave è che i detenuti si sentono ancora più isolati – spiega il cappellano- Ma se i contatti con l’esterno, i colloqui con i familiari sono stati temporaneamente sospesi è stato fatto per tutelare loro, la loro salute. Come succede anche fuori dalle carceri, il contagio avanza anche per l’irresponsabilità delle persone. Io chiedo ai detenuti di sentirsi responsabili perché nessuno li priva di un diritto ma sono decisioni necessarie e molto difficili anche per chi ha dovuto prenderle. Se all’interno di un carcere ci fossero contagi, sarebbe una situazione ingestibile, le violenze aumenterebbero”. “Togliete ai detenuti i colloqui familiari è togliere tutto io capisco umanamente, conosco gli umori di chi è detenuto ma la prima cosa è mantenere la calma”, sottolinea, e non nasconde il timore “che la situazione possa allargarsi, è un tam tam continuo”. Don Grimaldi esprime poi “solidarietà a chi è in prima fila per gestire questa situazione che è incandescente è drammatica, a chi sta affrontando questa emergenza”.
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