domenica 23 febbraio 2020

Usa 2020: Sanders inarrestabile, vince anche in Nevada

@ - Bernie Sanders ha vinto in maniera netta i caucus di ieri in Nevada, consolidando la sua posizione di front runner nelle primarie democratiche. Così ha precipitato l’establishment del partito nel panico, perché si stanno riducendo i margini per riuscire a fermarlo con un candidato più moderato, in grado di attirare i voti di centristi e indipendenti nella sfida nazionale di novembre contro il presidente Trump.


Il senatore del Vermont ha ottenuto quasi il 50% dei voti. Alle sue spalle si è piazzato l’ex vice presidente Biden, ma con la metà dei consensi. Tutti gli altri candidati sono distaccati, con Buttigieg al terzo posto e Warren al quarto. Bloomberg non si era presentato per questa consultazione, e scenderà in campo solo nel Super Tuesday del 3 marzo.

La vittoria di Bernie dunque è netta, e sta creando una spinta che potrebbe far diventare inevitabile la sua candidatura, se continuerà ad accrescere con costanza il numero dei delegati conquistati in vista della Convention di Milwaukee, come aveva fatto Obama nel 2008. Un altro elemento importante è che Sanders in Navada ha conquistato circa il 50% degli elettori ispanici. Questo è un dato rilevante non solo per la corsa alla nomination democratica, ma anche per la sfida di novembre contro il presidente Trump, quando i latini saranno fondamentali.

Dunque il candidato che si definisce un democratico socialista si consolida come il front runner del partito, spingendolo a sinistra, mentre i moderati che potrebbero contrastarlo restano divisi, perdendo la forza di bloccarlo. In Nevada è riemerso Biden, che piazzandosi al secondo posto ha fatto dimenticare per una sera il giovane Buttigieg, ricordando agli elettori come in origine il campione dell’ala centrista del partito doveva essere lui. Ora l’ex vice di Obama si giocherà tutto nelle primarie di sabato prossimo in South Carolina, dove punta a vincere grazie al voto degli afro americani, che in questo stato rappresentano il 60% dell’elettorato. Se ci riuscisse, potrebbe rilanciarsi in vista del Super Tuesday del 3 marzo come unica alternativa credibile a Sanders per battere Trump a novembre. Se però Bernie lo battesse ancora, la campagna di Biden sarebbe praticamente finita.

A quel punto, a meno di un successo clamoroso di Buttigieg nel Super Tuesday, Bloomberg resterebbe forse come unica alternativa, se non altro per il potenziale illimitato di finanziamenti che gli consente di restare in gara. Il miliardario di New York però ha bisogno di recuperare il flop nel dibattito televisivo di mercoledì sera, già durante quello in programma martedì in South Carolina, e poi deve conquistare stati importanti come la California il 3 marzo, se vuole impedire a Sanders di ottenere la maggioranza assoluta dei delegati e costringerlo quanto meno a ridiscutere la sua candidatura alla Convention. Ma lo stesso manager di Bloomberg ieri sera è sembrato pessimista, commentando che dopo il risultato del Nevada i margini per fermare Bernie si sono drammaticamente ridotti.

Chi festeggia invece è Trump, che ieri sera ha fatto subito i complimenti a "Crazie Bernie", incoraggiandolo a non farsi scippare la nomination dal partito, come era avvento nel 2016. Il presidente tifa per Sanders perché è convinto che correndo contro un socialista avrà la rielezione garantita.

Così sembra pensarla anche la Russia, che secondo l’allarme lanciato dall’intelligence Usa ha avviato una nuova campagna di interferenze elettorali come quella del 2016, per aiutare la conferma di Donald. I servizi hanno anche informato il senatore del Vermont che Mosca sta puntando ad aiutare pure lui, perché lo ritiene un candidato più facile da battere per il capo della Casa Bianca, e meno ostile al Cremlino di altri democratici in caso di vittoria. Bernie però ha reagito così: «Condanno le ingerenze. A differenza di Trump, io non sono amico di Putin».

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