@ - Giochi preziosi sotto il Cupolone. Dieci milioni a ottobre e ora un nuovo bonifico da 3 milioni, via Svizzera. È uno strano affare: la Segreteria di Stato vaticana, attraverso il fondo maltese Centurion investe i soldi delle offerte dei fedeli in una neonata, e totalmente illiquida, società di Enrico Preziosi, patron del Genoa Calcio, dei Gormiti e imprenditore sempre a caccia di capitali. Centurion è quel fondo — come ha scritto il Corriere della Sera il 4 dicembre scorso — che ha investito, tra l’altro, nella quotata Italia Independent di Lapo Elkann e ha contribuito a finanziare la produzione di film come l’ultimo «Men in Black» e la biografia di Elton John, «Rocketman».
Il bonifico da Banca Zarattini
Il primo investimento da 10 milioni nella nuova società di Preziosi, quattro mesi fa, sembrava un azzardo isolato. Tra l’altro — si dice — tutt’altro che condiviso nell’entourage della Segreteria di Stato, il dicastero più importante della Santa Sede e più vicino a Papa Francesco. Ma il secondo bonifico, partito dalla Banca Zarattini di Lugano poco prima di Natale, indica, evidentemente, che si gioca sul serio. E pochi giorni fa «the game» si è arricchito di nuovi protagonisti.
L’ex del casinò e il regista dell’Obolo
Nella cordata, a fianco del fondo targato Vaticano, sono entrati anche un ex dirigente del Casinò di Campione, Lucio Barresi, amico di Preziosi (e di Lele Mora nell’epoca Vallettopoli), e una società del Lussemburgo riconducibile a Enzo Filippini, un finanziere con base a Malta. I 70 milioni complessivi gestiti da Centurion Global Sicav sono, secondo varie e attendibili fonti, almeno per due terzi della Segreteria di Stato. E buona parte di quel denaro proviene dall’Obolo di San Pietro, ovvero le offerte annuali dei fedeli al Papa. Al vertice del fondo c’è un italiano residente in Svizzera, Enrico Crasso, 71 anni, ex banchiere del Credit Suisse e storico fiduciario delle finanze di cardinali e papi. È lui, in stretto rapporto con Filippini, il vero regista e manovratore dei “risparmi” della Santa Sede affidati a Centurion, compresi i 13 milioni sulla rotta di Preziosi.
Compagni di business
Tutti i compagni di cordata, chi più chi meno, hanno rilevato quote della New Deal srl, la neocostituita società a cui il presidente del Genoa ha trasferito l’11,7% della Giochi Preziosi. Ecco dunque il business: possedere un pezzo di una società (senza mercato) che ha una piccola partecipazione nel gruppo dei giochi (non quotato). Quindi è come entrare dalla porta posteriore. Centurion ha adesso il 18,5% di New Deal il che vuol dire, in trasparenza, il 2,1% di Giochi Preziosi pagato 13 milioni (cioè una valorizzazione di 619 milioni per il 100%). L’ex direttore marketing del Casinò, Barresi, ha messo una fiche da 3 milioni per il 4,6%, prelevando i soldi da un conto corrente al Credit Suisse. Il finanziere Filippini, in passato capo della tesoreria della Banca della Svizzera Italiana dove erano depositati molti fondi del Vaticano, ha usato un veicolo lussemburghese e versato 7 milioni per il 9,9%.
L’impegno di Preziosi
Qual è l’obiettivo dell’investimento? Far cassa con la futura quotazione in Borsa di Giochi Preziosi, cioè collocando o comunque rendendo liquido il pacchetto (11,7%) detenuto da New Deal. C’è un impegno scritto di Preziosi ad «adoperarsi per collocare in Borsa Giochi Preziosi entro il 31-12-2020». Impegno ad adoperarsi significa che lui fa di tutto ma se non ce la fa, pazienza. Del resto sono anni che Giochi Preziosi è lì lì per quotarsi.
Borsa? Se ne parla da 22 anni
Nel 1998 se ne parlò in occasione della fusione con Gig ma nel 2000 il progetto era «probabile» e nel 2003 ci fu addirittura un mandato, inconcludente, a Banca Arner prima che un paio di anni dopo Preziosi annunciasse che «l’opzione è sul tavolo», salvo frenare, accelerare di nuovo e arrivare, tra mille tira e molla, a gennaio 2019 quando sembrava fatta: «Il 40% in Borsa, offerta solo per gli istituzionali», titolava il Sole 24 Ore. Ma no, era uno scherzo. Ora il fondo del Vaticano e i suoi compagni di viaggio ci credono. Forse sarà la volta buona. Intanto Preziosi incassa e si adopera. Mentre i soldi della Santa Sede restano congelati, per chissà quanto tempo. E non è questa la forma di investimento che il Papa vuole: l’ha detto molto chiaramente e pubblicamente poche settimane fa.
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