@ - I rappresentanti britannici lasciano la Ue. L’impatto più drastico è sul Parlamento europeo: il resto dei cambiamenti arriverà nel 2021
È stato un ammainabandiera il più discreto possibile, assicurano alla Commissione europea. Alla mezzanotte del 31 gennaio, ora di Bruxelles, si sono chiusi formalmente i 47 anni di partecipazione della Gran Bretagna nell’Unione europea. La rappresentanza comunitaria di Smith Square, a pochi isolati da Westminster, ha ammainato la Union Jack, che sventola sull’edificio insieme alla bandiera europea. Non sono mancati le foto e i filmati di un momento storico. Eppure, nei fatti, poco altro cambierà dal 1° di febbraio.
I Ventisette e il Regno Unito hanno negoziato un accordo di recesso che prevede un periodo di transizione. È scattato il primo febbraio, nel tentativo di ammorbidire almeno temporaneamente l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. La transizione durerà fino al 31 dicembre 2020, salvo un prolungamento di un massimo di due anni che l’intesa di divorzio stabilisce debba essere deciso dalle parti entro il 1° di luglio. Cosa cambia e cosa non cambia da domani? Qui di seguito un breve vademecum.
L’impatto sul Parlamento europeo
Da un punto di vista politico, il cambiamento è netto. Da domani la Gran Bretagna non è più Paese membro dell’Unione. I suoi ministri non siedono più nelle riunioni ministeriali; i suoi deputati devono lasciare il Parlamento europeo; i suoi esperti e i suoi diplomatici non possono più partecipare agli innumerevoli comitati della macchina comunitaria. L’impatto più evidente riguarda l’assemblea parlamentare. Il numero di deputati scende da 751 a 705, e la nuova composizione dei gruppi parlamentari favorisce i partiti di destra.
I popolari guadagnano cinque parlamentari, e i nazionalisti tre. Perdono deputati i liberali (-11), i socialisti (-6), i verdi (-7), i conservatori (-3) e anche la sinistra radicale (-1). L’Italia ottiene tre nuovi deputati, provenienti da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, oltre a Sandro Gozi, eletto nelle liste francesi di Renew Europe. Assicura Dacian Ciolos, il capogruppo liberale: «Brexit non provocherà grandi cambiamenti nell’equilibrio delle forze in Parlamento.
Anche se Fidesz e la Lega dovessero raggiungere il gruppo conservatore, il che rimane una ipotesi, ciò non metterebbe a rischio la maggioranza popolare-socialista-liberale. Quanto al gruppo liberale, il piccolo calo di parlamentari non modificherà granché. Il numero dei nostri membri nelle commissioni rimarrà immutato».
Le non-conseguenze per i cittadini europei
Come detto, nella pratica, cittadini e imprese non subiranno Brexit, per ora. Durante il periodo di transizione, il Regno Unito rimarrà nel mercato unico e nell’unione doganale. Merci e persone potranno attraversare i confini esattamente come avviene oggi. L’accordo di recesso prevede salvaguardie cruciali per i cittadini britannici che abitano sul continente e per i cittadini europei che vivono in Gran Bretagna. Non solo questi diritti rimarranno in essere durante e dopo il periodo transitorio, ma possono essere acquisiti anche durante il periodo transitorio.
«Facciamo un esempio – spiega un funzionario comunitario –. Uno studente che inizia un periodo di Erasmus in Gran Bretagna nel corso del 2020 verrà coperto dalle garanzie esistenti prima del periodo transitorio, quando il Paese era membro dell’Unione. Alla scadenza del 31 dicembre entreranno in vigore le norme previste dall’accordo di recesso. Lo stesso vale per un lavoratore comunitario che decide di emigrare in Gran Bretagna da qui alla fine dell’anno». Nel corso del periodo di transizione, il Regno Unito continuerà a partecipare ai programmi comunitari, salvo quelli strategici nei settori della difesa o della sicurezza.
Nello stesso modo, i pescatori inglesi potranno continuare a pescare nelle acque comunitarie e viceversa. In campo finanziario, il passporting – ossia la possibilità per le banche inglesi di continuare ad operare sul continente – permarrà durante la transizione (nel timore di una uscita senza accordo, la Commissione aveva concesso nel 2018 una autorizzazione temporanea per permettere il clearing a Londra di strumenti in euro). «Nei fatti, la legge comunitaria continuerà ad essere applicata - ribadisce il funzionario – anche perché il Regno Unito continuerà a contribuire al bilancio europeo».
A cosa serve il periodo di transizione
Il periodo di transizione deve servire alle parti per negoziare l’accordo di partenariato che dovrà regolare i rapporti tra Bruxelles e Londra dopo il 31 dicembre. Non sarà facile. I Ventisette sono pronti a permettere al Regno Unito di accedere al mercato unico, ma solo se Londra si allineerà alle regole comunitarie. Nel frattempo, le questioni finanziarie sono state escluse dalle prossime trattative. Spetterà a Bruxelles concedere specifiche equivalenze. È anche da ricordare che le parti hanno già trovato un accordo sulla protezione delle indicazioni geografiche esistenti, anche oltre il periodo di transizione.
Ancora questa settimana, in visita a Dublino, il capo-negoziatore Michel Barnier ha spiegato che per chiudere il processo di ratifica nazionale per tempo, il negoziato sull’accordo di partenariato dovrebbe terminare entro ottobre, salvo un prolungamento. I tempi sono strettissimi. Cosa succederà se le parti non raggiungono una intesa? Il Regno Unito uscirà dal mercato unico dall’oggi al domani, provocando il caos sul fronte commerciale ed enormi code alle frontiere.
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