martedì 8 ottobre 2019

Papa Francesco contro Occidente e capitalismo, ecco perché la sua accusa non regge

@ - Papa Francesco e i bergogliani di rito terzomondista (ormai una vera e propria corrente interna al cattolicesimo, pensate che il neocardinale Michale Czerny ha scelto per il suo crocifisso il legno di un barcone approdato a Lampedusa) devono prima o poi sciogliere un' aporia. Quella che allontana, fino a renderle inconciliabili, due loro proposizioni chiave. L' Occidente è degenerato, i suoi frutti avvelenati, in testa l' esperienza coloniale e il libero mercato, hanno infettato la pianta genuina dell' umanità. L' Occidente deve salvare il mondo, riscattare tutti i dannati della terra, ospitare qualunque essere umano intenda migrare, perfino per questioni di clima. Scusate, semplifica il buzzurro cresciuto a Coca Cola e telefilm yankee che è in noi, ma se questo modello è così dannifero, perché volete trapiantarci più persone possibili?

AUTOFLAGELLAZIONE
Ieri, ad esempio, il Papa ha aperto le celebrazioni del Sinodo sull' Amazzonia (una questione evidentemente più sentita in Vaticano rispetto ai 300 milioni di cristiani perseguitati nel mondo) con un classico: l' alimentazione del senso di colpa. «Quante volte c' è stata colonizzazione anziché evangelizzazione! Dio ci preservi dall' avidità dei nuovi colonialismi». Il filosofo francese Pascal Bruckner lo chiamava il singhiozzo dell' uomo bianco: l' autocondanna per tutti i mali del mondo. Che nel discorso papale diventa condanna dei politici sovranisti, i quali portano avanti un' agenda torbida dettata dal profitto e dall' interesse nazionale, nel caso di Bolsonaro: «Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l' Amazzonia, non è quello del Vangelo. Il fuoco di Dio si alimenta con la condivisione, non coi guadagni». È un racconto ideologico, non una predica spirituale, e come tutti i racconti simili cozza contro la realtà: gli anni di massima deforestazione dell' Amazzonia brasiliana sono stati il 1995 e il 2004. Presidenti: il socialdemocratico Cardoso e il comunista Lula. Non importa, quello che conta per Jorge Mario Bergoglio è mettere in discussione l' unico modello di sviluppo che ha mostrato di funzionare alla prova della storia, il capitalismo.

BERGOGLIONOMICS
È il senso dell' evento battezzato molto seriosamente «Economy of Francesco», presentato in questi giorni e già entrato nella vulgata come «la Davos francescana». La kermesse della Bergoglionomics si terrà infatti dal 26 al 28 marzo prossimi ad Assisi, e consisterà in un incontro con operatori economici under 35 da cui dovrebbe scaturire un «patto per una nuova economia». Come ha scritto lo stesso Papa nella lettera di presentazione «ai giovani economisti, imprenditori di tutto il mondo» (quelli vecchi, che hanno già dimostrato di saper generare posti di lavoro, Francesco li dà evidentemente per irredimibili), si tratta di «correggere i modelli di crescita incapaci di garantire il rispetto dell' ambiente, l' equità sociale, la dignità dei lavoratori». Un misto tra la sempreverde teologia della liberazione e il gretinismo globale imperante. Il punto è sempre quello, sbaraccare la principale invenzione occidentale, che ha garantito alle popolazioni benessere come nessun' altra: il mercato. L' Occidente va «corretto», è tarlato all' origine. Ci aspettiamo, di conseguenza, che il prossimo appello papale ai migranti suoni così: non venite, per nessun motivo, in una terra così dannata.

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