martedì 29 ottobre 2019

Le cose che Trump non doveva dire sull’operazione contro Baghdadi

@ - Alcuni dettagli erano coperti da segreto, altri sembra che li abbia esagerati o che se li sia addirittura inventati, scrive la stampa statunitense.
Domenica il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato la morte del capo dell’ISIS, Abu Bakr al Baghdadi, in una conferenza stampa piuttosto inusuale, che è stata molto commentata e criticata. Trump ha dato molti dettagli sull’operazione militare che ha portato alla morte di Baghdadi, alcuni dei quali hanno stupito anche membri del suo stesso governo, perché considerati sensibili o coperti da segreto. Trump ha inoltre raccontato gli ultimi momenti di vita del leader dell’ISIS, sostenendo che Baghdadi sia morto «singhiozzando, urlando, piangendo», informazioni che non è chiaro dove abbia preso.

Diversi giornali statunitensi, tra cui NBC News e il New York Times, hanno messo in fila le cose che Trump ha detto e che non doveva dire, e le cose che potrebbero essere state molto esagerate o addirittura inventate.

Durante la conferenza stampa, Trump ha detto che prima dell’operazione gli Stati Uniti avevano comunicato alla Russia che sarebbero entrati nello spazio aereo del nordovest della Siria, controllato dal regime siriano di Bashar al Assad e dai russi. Secondo Trump, gli americani avrebbero detto ai russi: «Sarete molto felici», lasciando intendere che stavano per compiere un’operazione militare che avrebbe portato vantaggi anche al governo di Mosca. Un funzionario governativo statunitense ha detto a NBC News che una frase del genere non risulta dalla conversazioni avute tra le due parti.

Uno dei passaggi più contestati della conferenza stampa è stato comunque quello in cui Trump ha detto e ripetuto che Baghdadi era morto «singhiozzando, urlando, piangendo», «come un cane», «come un codardo». Il generale Mark Milley, capo del Joint Chiefs of Staff, organo che riunisce i capi di stato maggiore di tutti i rami delle forze armate statunitensi, ha detto lunedì di non avere informazioni simili, cosa che aveva già anticipato il giorno precedente il segretario della Difesa, Mark Esper. La Casa Bianca non ha specificato chi abbia raccontato a Trump gli ultimi momenti di vita di Baghdadi, anche perché le immagini trasmesse nella Situation Room, da dove Trump ha seguito l’operazione, non mostravano quello che stava succedendo nei tunnel sotterranei e non avevano audio. Milley ha detto che forse Trump aveva parlato direttamente con i membri della Delta Force, l’unità speciale incaricata di compiere l’operazione contro Baghdadi, ma per ora non c’è alcuna conferma di questa ipotesi.

Durante la sua conferenza stampa, Milley ha aggiunto che l’esercito statunitense non avrebbe diffuso alcuna foto del cane rimasto ferito nell’operazione e che era stato citato il giorno prima di Trump con toni molto enfatici: «Non diffonderemo il nome del cane per ora. Il cane è ancora operativo, è tornato al suo dovere. Per questo non diffonderemo alcuna foto, o i nomi dei cani coinvolti o nient’altro». Due ore dopo, invece, Trump ha twittato la foto del cane: «Abbiamo declassificato un’immagine del fantastico cane (il nome non è stato declassificato) che ha fatto un ottimo lavoro nella cattura e uccisione del leader dell’ISIS, Abu Bakr al Baghdadi!».


We have declassified a picture of the wonderful dog (name not declassified) that did such a GREAT JOB in capturing and killing the Leader of ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi!

Trump ha dato inoltre diversi dettagli sull’operazione: dettagli che potrebbero avere indebolito la capacità dell’intelligence statunitense di raccogliere informazioni e di preparare incursioni così complesse in territorio nemico.

Alcuni funzionari sentiti da NBC News hanno detto, per esempio, che il fatto che Trump abbia svelato che i militari statunitensi avevano recuperato documenti che parlavano di piani futuri dell’ISIS potrebbe avere ridotto la capacità degli Stati Uniti di usare quelle informazioni a proprio vantaggio. Un discorso simile è stato fatto riguardo all’annuncio dell’arresto di due miliziani dell’ISIS che si trovavano nell’edificio in cui è morto Baghdadi: averlo svelato potrebbe complicare gli sforzi statunitensi di nascondere all’ISIS chi è rimasto vivo e chi no, e potrebbe rendere più difficile ottenere informazioni durante gli interrogatori.

I dettagli diffusi da Trump sono stati diversi, soprattutto di natura tattica, come per esempio il racconto sull’uso della tecnologia per individuare tutti i tunnel sotterranei di cui disponeva l’edificio in cui era nascosto Baghdadi. Secondo diversi funzionari citati dai giornali americani, i militari avrebbero preferito evitare la diffusione di questo tipo di informazioni.

Trump aveva già mostrato in passato una certa predisposizione per raccontare molte più cose di quelle che avrebbe dovuto e una sostanziale incapacità di gestire dati riservati e coperti da segreto. Per esempio aveva commentato pubblicamente lo schieramento di un sottomarino nucleare in Asia e aveva svelato la presenza di alcune armi nucleari statunitensi in Turchia. Era stato inoltre accusato di avere condiviso informazioni riservate con la Russia, paese che è avversario degli Stati Uniti in diverse crisi in corso nel mondo. Un funzionario governativo che ha voluto rimanere anonimo ha detto a NBC News, riferendosi a Trump: «Non ha filtri. Se sa qualcosa, e pensa che dire quella cosa sia giusto o lo faccia sembrare più intelligente o forte, semplicemente la dirà».

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