@ - Incontri segreti tra il leader del partito socialista venezuelano e diplomatici Usa. E anche la Cina smette di comprare petrolio dal Venezuela
Stavolta forse ci siamo. Difficile togliere quel "forse" quando si parla di Venezuela ma i segnali sul fatto che il regno di Nicolas Maduro possa presto volgere al termine ci sono tutti. Mentre gli Stati Uniti incontrano in gran segreto il capo del partito socialista perfino la Cina, principale alleato geopolitico di Caracas insieme alla Russia, sospende l'acquisto di petrolio venezuelano. E anche la Turchia di Erdogan, altra sponda internazionale dell'erede di Chavez, ha fatto un passo indietro con la chiusura delle relazioni finanziarie con il paese da parte della banca Ziraat.
I lunghi mesi di sanzioni e soffocamento diplomatico sembrano aver prodotto risultati importanti per Washington, che vuole sbarazzarsi di uno degli ultimi regimi socialisti rimasti in America Latina, che laCasa Bianca non ha mai smesso di considerare come il proprio "giardino di casa". Soffocamento culminato con la mossa di inizio agosto, quando Donald Trump ha congelato tutti i beni del Venezuela sul territorio statunitense, bloccando trasferimenti, pagamenti, esportazioni e ritiri.
Al di là della consistenza o meno della figura di Guaidò, autoproclamatosi presidente del Venezuela e protagonista di un fallito tentativo di presa del potere negli scorsi mesi, sembra che il fronte a protezione di Maduro sia meno granitico di qualche mese fa. Il segnale sembra arrivare dagli "incontri segreti" tra alti funzionari del governo statunitense e Diosdado Cabello, capo del partito socialista di Caracas e secondo uomo più potente del paese sudamericano.
Incontri nei quali Cabello avrebbe chiesto garanzie in caso di rimozione di Maduro, probabilmente anche per lo stesso presidente. Garanzie che equivarrebbero a un occhio chiusto della giustizia a stelle e strisce in merito ad alcune accuse di corruzione e traffico di stupefacenti avanzate proprio da Washington nei suoi confronti. Insomma, il senso dei contatti svelati da Ap sarebbe quello di una possibile apertura dell'establishment socialista e forse dello stesso Maduro (che dovrebbe essere a conoscenza degli incontri) per negoziare i prossimi passi.
Un altro segnale significativo arriva dalla Cina, che in Venezuela ha moltissimi interessi economici e soprattutto geopolitici. Caracas rappresenta infatti da sempre la testa di ponte di Pechino in Sudamerica. Ebbene. la compagnia energetica cinese Petrochina, filiale della China National Petroleum Corporation (Cnpc) ha sospeso l'acquisto di greggio dal Venezuela, azzerando già ad agosto l'ordine di acquisto mensile di circa cinque milioni di barili.
Si tratta della prima volta in dieci anni che la Pechino si rifiuta di acquistare petrolio venezuelano. La mossa arriverebbe, secondo le voci, dopo un incontro tra i manager di Cnpc e diplomatici statunitensi. Più che una distensione sullo scacchiere geopolitico globale una decisione legata a motivi di business dopo la nuova tornata di sanzioni con le quali Trump vuole colpire le compagnie che continuano a fare affari con Caracas.
Un colpo molto duro per Caracas, visto che la Cina rappresentava finora la prima destinazione per le esportazioni di greggio venezuelano. Nello stesso momento anche la banca turca Ziraat ha interrotto le relazioni finanziarie con il paese sudamericano, anche se il governo di Ankara ha precisato che la mossa dell'istituto di credito è dettata solo da considerazioni economiche e non da un mutamento di posizioni politiche.
Ma anche questo può essere interpretato come un ulteriore segnale di indebolimento per Maduro, con l'ammiraglio Craig Faller che ha ribadito che la Marina degli Stati Uniti, qualora fosse chiamata in causa sul dossier Venezuela, sarebbe "pronta a fare il necessario".
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