@ - Sono tantissimi, persone e aziende: e c'è chi, aspettando, ha finito quelle che aveva preparato per lo scorso marzo.
Secondo una ricerca dell’istituto di credito Premium Credit, i cittadini britannici hanno speso 4 miliardi di sterline (4,3 miliardi di euro) per mettere da parte provviste in caso di un’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accordo, la cosiddetta opzione “no-deal”. Una persona su cinque avrebbe già messo da parte da parte cibo e altri prodotti in vista del 31 ottobre, data entro la quale il nuovo primo ministro Boris Johnson si è impegnato a concludere Brexit a qualsiasi costo. Anche alcune aziende lo hanno fatto: la settimana scorsa la catena di pizzerie Domino’s ha detto di aver speso 7 milioni di sterline per mettere da parte ingredienti d’importazione che potrebbero diventare irreperibili nel Regno Unito nel caso i rapporti commerciali con gli altri paesi non fossero regolati per qualche tempo.
Domino’s importa circa un terzo delle materie prime che usa nel Regno Unito, tra cui salsa di pomodoro, carne di pollo surgelata, ananas e tonno; acquista direttamente nel paese invece farina e formaggio. Tra le altre aziende che da mesi stanno facendo scorte ci sono le catene di fast food McDonald’s, KFC e Pret a Manger, e alcuni supermercati. Circa un anno fa, quando ancora Brexit era prevista per marzo, il governo britannico aveva detto che si sarebbe assicurato che i cittadini britannici avessero abbastanza cibo e che avrebbe evitato carenze di medicinali a breve scadenza.
Simili strategie di accumulo avevano avuto l’effetto collaterale di far crescere l’economia britannica nei primi tre mesi del 2019. Ad aprile, maggio e giugno c’è stato un effetto contrario, perché essendo saltata l’uscita dall’Unione Europea inizialmente prevista per il 29 marzo (sarebbe dovuta avvenire due anni esatti dopo l’invocazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona) molte aziende hanno fatto affidamento sui propri magazzini piuttosto che fare nuovi acquisti.
Secondo i dati di Premium Credit, il 74 per cento di chi sta facendo provviste in questo periodo ha messo da parte cibo, il 50 per cento medicine e il 46 per cento bevande. Si teme che in caso di Brexit senza accordo i prezzi di certi prodotti possano aumentare tantissimo e che molte merci andranno esaurite in fretta.
Per quanto riguarda i farmaci, il 75 per cento arriva nel Regno Unito dall’Unione Europea, direttamente o in transito. L’anno scorso sedici aziende farmaceutiche e dieci associazioni legate al sistema sanitario erano state invitate dal governo a firmare degli accordi di segretezza per evitare che fossero divulgate informazioni riservate sui piani di emergenza previsti dal ministero della Salute britannico in vista di Brexit. Il mese scorso il ministero della Salute aveva detto ai propri fornitori che in vista di una Brexit senza accordo il 31 ottobre avrebbe messo da parte una quantità di farmaci e altri materiali superiore al solito, tale da durare per sei settimane.
Tra i cittadini più ricchi invece c’è chi sta importando automobili di lusso, per evitare tariffe doganali maggiori in caso di Brexit senza accordo. Nell’ultimo anno sono state importate nel Regno Unito più di 3.800 automobili di lusso, il 16 per cento in più rispetto ai dodici mesi precedenti, secondo lo studio legale Boodle Hatfield, che prevede che dopo una Brexit senza accordi importare merci del genere potrebbe costare il 32 per cento in più. C’è poi chi si sta attrezzando per acquistare i regali di Natale in largo anticipo.
Anche secondo alcune ricerche che erano state fatte in previsione di una Brexit a fine marzo i cittadini britannici avevano speso circa 4 miliardi di sterline in provviste, ma come racconta un articolo del Wall Street Journal nel frattempo molti che avevano accumulato provviste in previsione di una Brexit più vicina hanno consumato le proprie scorte senza rifornirle. Molte erano in scadenza. Tante di queste persone che si erano allarmate l’anno scorso non hanno intenzione di metterne da parte altre per il momento.
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