@ - Il parere legato al caso di Dj Fabo e al ruolo del radicale Marco Cappato.
Un documento chiarificatore sul suicidio medicalmente assistito, distinto dall'eutanasia. Per la prima volta, il comitato nazionale per la Bioetica - il massimo organismo sui temi che riguardano scienza e etica - stila un parere sullo spinoso argomento dopo l'ordinanza del 2018 della Corte costituzionale, che è intervenuta sulla questione sollevata dalla Corte di Assise di Milano sul caso di Marco Cappato finito sotto processo a Milano per aver aiutato Dj Fabo a raggiungere la Svizzera dove aveva ottenuto il suicidio assistito. L'accusa era aggravata dall'aver "agevolato" la morte del 40enne, cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, rafforzando il suo "proposito di suicidio". Per la procura avrebbe semplicemente aiutato una persona ad esercitare il diritto di morire con dignità, ma per Cappato era arrivata l'imputazione coatta imposta dal gip.
Nonostante i pareri difformi, i sì al documento che apre alla legalizzazione del suicidio assistito hanno prevalso, seppur di poco, sul fermo no dei cattolici che ribadiscono come "la vita deve essere affermata come principio essenziale". Nel testo ci sono sei raccomandazioni comuni.
"Il parere - spiega il Comitato - ha voluto richiamare l'attenzione della società e del mondo politico, che dovrà discutere questo tema a seguito dell'invito della Corte costituzionale, su quelli che ha ritenuto essere le chiarificazioni concettuali e i temi etici più rilevanti e delicati che emergono a fronte di tali richieste: la differenza tra assistenza medica al suicidio ed eutanasia; l'espressione di volontà della persona; i valori professionali del medico e degli operatori sanitari; l'argomento del pendio scivoloso; le cure palliative".
Alcuni membri del Comitato sono contrari alla legittimazione, sia etica che giuridica, del suicidio medicalmente assistito, e convergono nel ritenere che "la difesa della vita umana debba essere affermata come un principio essenziale in bioetica - dicono - quale che sia la fondazione filosofica e/o religiosa di tale valore, che il compito inderogabile del medico sia l'assoluto rispetto della vita dei pazienti e che l'agevolare la morte segni una trasformazione inaccettabile del paradigma del curare e prendersi cura".
Ci sono poi i favorevoli sul piano morale e giuridico alla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito sul presupposto che "il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l'autodeterminazione del paziente e la dignità della persona. Un bilanciamento che deve tenere in particolare conto di condizioni e procedure che siano di reale garanzia per la persona malata e per il medico".
Altri ancora sottolineano come "non si dia una immediata traducibilità dall'ambito morale a quello giuridico. Inoltre, evidenziano i concreti rischi di un pendio scivoloso a cui condurrebbe, nell'attuale realtà sanitaria italiana, una scelta di depenalizzazione o di legalizzazione del suicidio medicalmente assistito modellato sulla falsariga di quelle effettuate da alcuni Paesi europei". Il sì al documento che apre alla legalizzazione del suicidio assistito hanno prevalso, seppur di poco, sul fermo no dei cattolici che ribadiscono come "la vita deve essere affermata come principio essenziale"
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