giovedì 25 luglio 2019

Boris sceglie i duri: "Brexit a ogni costo"

@ - Il premier massacra il vecchio esecutivo May: «Uscita il 31 ottobre senza se e senza ma»
Londra Esce May, entra Johnson. Cambio della guardia ieri al numero 10 di Downing Street dove Boris Johnson si è ufficialmente insediato come nuovo primo ministro.

E ultimo question time in Parlamento per Theresa May, salutata da un applauso dopo il suo discorso di commiato in qualità di premier. Con il marito al suo fianco, la May, visibilmente emozionata, ha augurato buon lavoro all'ex sindaco di Londra e al suo governo dicendo che «ogni loro successo sarà il successo dell'intero Paese». Nel suo ultimo discorso, May ha dichiarato che servire il proprio Paese è stato l'onore più grande e ha ringraziato tutti coloro con i quali ha lavorato. «Questa è una terra di speranze e opportunità ha detto May e mi auguro che ogni giovane ragazza che ha visto una donna diventare primo ministro sappia che non esistono limiti a quello che può raggiungere». La May è stata anche brevemente interrotta da un manifestante che le ha gridato «Stop Brexit», ma la sua replica è stata ferma ed immediata. «Credo che la risposta a questo sia no» ha detto.

Mister Johnson ieri si è recato a Buckingham Palace dalla regina per ricevere l'incarico ufficiale di formare il governo, come previsto dal protocollo. Durante il percorso la sua macchina è stata fermata da un gruppo di attivisti di Greenpeace che avevano fermato una catena umana intorno al Mall. Nel pomeriggio, nel corso del suo primo discorso come premier Johnson, ha reso omaggio alla «forza e alla pazienza di Theresa May e al suo profondo senso di servizio alla nazione» ma ha sottolineato che a dispetto di tutti i suoi sforzi. «I pessimisti a casa come all'estero vedono il Regno Unito prigioniero degli antichi dissensi del 2016». Per Johnson è giunto il momento di cambiare passo. «Io sono qui per dimostrarvi che questi critici hanno torto ha dichiarato - la nostra bandiera sventola per la libertà, la libertà di parola, il ruolo della legge e soprattutto per la democrazia ha spiegato ancora. Ed è per questo che lasceremo l'Unione europea il 31 ottobre, senza se e senza ma». Il messaggio diretto a Bruxelles è forte e chiaro: questo governo vuole accordarsi, ma è pronto ad andarsene sbattendo la porta.

Mentre ai cancelli di Downing Street risuonavano i cori anti-Brexit, il nuovo primo ministro ha voluto impegnarsi anche sul fronte interno, deciso a migliorare i servizi sociali e la qualità di vita dei cittadini. Un discorso di forte impatto, forse destinato a distrarre gli elettori dal «massacro» del vecchio esecutivo operato da Johnson, che in poche ore ha fatto fuori ministri come Greg Clarck, Liam Fox, Penny Mordaunt, Chris Grayling, Caroline Nokes e Karen Bradley, mentre l'avversario Jeremy Hunt ha declinato la nomina a ministro della Difesa e si è dimesso da ministro degli Esteri. È invece Sajid Javid il nuovo Cancelliere, mentre Priti Patel va all'Interno e Dominic Raab ritorna come ministro degli Esteri. Ma la novità destinata a sollevare più polemiche sarà il ritorno sulla scena di Dominic Cummings, controverso stratega della campagna per il Leave, nemico dell'establishment, che da ieri è a Whitehall come braccio destro di Johnson, in una posizione di grande potere.

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