giovedì 6 giugno 2019

Lo Stato francese blocca Renault, Fca ritira la sua proposta di nozze

@ - Il Cda conferma il rinvio su richiesta del governo. Il ministro Le Maire: difendiamo gli interessi nazionali.

Alla fine la Francia ha detto no. Dopo giorni di bombardamenti mediatici e di lavorio ai fianchi dei manager Fca, il governo di Emmanuel Macron ha stoppato il grande accordo per la fusione fra Fiat Chrysler Automobiles e Renault. Inevitabilmente Fca ha ritirato la sua proposta, anche se Renault parrebbe lasciare una porta aperta spiegando in un comunicato «che continuerà a esaminare con interesse la proposta ricevuta». Parigi ha in pratica imposto al consiglio di amministrazione della casa automobilistica francese riunito per oltre 6 ore, dalle 18 a mezzanotte inoltrata, di non votare la proposta avanzata dal presidente John Elkann all’omologo francese Jean Dominique Senard. Laconico il comunicato della casa d’Oltralpe che non nasconde la cosa, ma anzi addossa proprio all’esecutivo la responsabilità di quanto è avvenuto: «Il cda non è stato in grado di prendere una decisione a causa dell’auspicio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rinviare il voto a un consiglio ulteriore».

Non solo, martedì il Financial Times ha scritto che Yu Serizawa e Yasuhiro Yamauchi, esponenti di Nissan nel cda dello storico alleato transalpino, in caso di votazione si sarebbero astenuti «da un voto cruciale che potrebbe minacciare il futuro dell’alleanza ventennale tra il costruttore nipponico e quello francese».

Secondo voci raccolte a Parigi sarebbe stato direttamente il presidente Macron a intervenire sulla trattativa fra le due aziende, preoccupato di arrivare alle elezioni del prossimo anno senza l’ombra di possibili chiusure di stabilimenti e di operai in strada. Uno degli scogli principali della contrapposizione fra il governo e Fca è stata proprio la richiesta di mantenere lo status quo per almeno quattro anni, a fronte della disponibilità a non toccare fabbriche e organici per due.

Sembra che una certa influenza su Macron abbia avuto anche la lettera sulla fusione inviatagli ieri dall’ex ministro del Lavoro di Nicolas Sarkozy ed esponente della destra, Xavier Bertrand. Nella missiva inviata al presidente, l’attuale governatore della regione Hauts-de-France dichiara che una «tale decisione non può avvenire in modo precipitoso». Secondo Bertrand «si pongono un certo numero di questioni, una decisione non può essere adottata sotto la pressione del gruppo Fiat che concederebbe quindici giorni di tempo». E ancora: «Vista l’importanza del gruppo Renault nell’industria francese, l’ingresso in un negoziato esclusivo con il gruppo Fca non va concepito senza l’ottenimento garanzie solide e indiscutibili, in particolare, sulla tutela dei posti di lavoro e dei siti industriali francesi, ma anche sull’equilibrio della governance tra francesi e italiani».

Wall Street comunque non l’ha presa bene: subito dopo l’annuncio di Renault il titolo Fca ha perso il 3,71 per cento. Quella di ieri è stata ancora una volta una giornata di passione e tensione, vissuta con trepidazione nel quartier generale di Renault affacciato sulla Senna a Boulogne-Billancourt, alle porte di Parigi. Martedì il cda aveva espresso il proprio «interesse» per le nozze con Fca, e nonostante avesse poi finito per rinviare a ieri, nel corso di una nuova sessione, ogni possibile decisione, si respirava un certo ottimismo. Anche se, a dire il vero, il pesante intervento, prima della riunione del cda iniziato alle 18, del ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, non avrebbe dovuto far presagire niente di buono.

«La Francia - ha detto - resterà ferma nella difesa dei suoi interessi industriali, a cominciare dalla tutela degli stabilimenti, dei centri di ricerca e dei posti di lavoro». Parigi insisteva sulla necessità che almeno una sede operativa della futura entità nata dalla possibile fusione tra Fca e Renault restasse a Parigi. Progetto, ricordiamolo, che prevedeva la creazione di una holding basata ad Amsterdam e quotata alle borse di Parigi, New York e Milano. La famiglia Agnelli, che controlla il 29% di Fiat-Chrysler, avrebbe visto la sua parte automaticamente diluita al 14,5%,restando comunque primo azionista della nuova entità, mentre lo Stato francese sarebbe sceso dall’attuale 15% al 7,5%, così come i giapponesi di Nissan.

«Vogliamo fare questa fusione, ma non la faremo a qualsiasi condizione - aveva avvertito il ministro dai microfoni di Bmt-Tv - Di fronte a un dossier di questa portata non si può agire in modo precipitoso. Prendiamo il tempo di fare le cose per bene». Ecco allora le condizioni poste da Parigi, a cominciare dalla governance. Lo Stato francese, principale azionista di Renault con il 15%, chiedeva di occupare una delle quattro poltrone in quota Renault, oltre alle quattro di Fca. Secondo alcune voci Renault avrebbe potuto cedere all’esecutivo uno dei suoi due seggi nel comitato nomine, consentendo così a Parigi di dire la sua sulla governance della futura entità. L’esecutivo transalpino voleva essere sicuro di poter continuare a pesare sulle nomine anche dopo i primi quattro anni di vita del futuro colosso dell’auto che avrebbe visto Elkann presidente e Senard amministratore delegato.

Altro punto delicato riguarda le eventuali compensazioni finanziarie per giungere ad una situazione paritaria, 50-50, come avanzata nella richiesta di matrimonio inviata da Fca il 27 maggio. Pur riconoscendo l’interesse di impiantare, come previsto, il quartier generale in Olanda, Parigi insisteva inoltre sulla necessità che una sede operativa restasse a Boulogne-Billancourt, il comune alle porte della capitale da cui cominciò l’avventura industriale di Renault. «Può essere una sede geografica che coprirebbe la totalità della Francia, dell’Europa e forse anche più - ha detto Le Maire - Perché un’azienda è un’incarnazione e avere una sede in Francia è importante per i francesi».

Sembra così malinconicamente destinato a dissolversi il sogno del terzo gruppo automobilistico mondiale, forte di 8,7 milioni di vetture vendute l’anno, da sommare in prospettiva agli storici alleati di Renault, i giapponesi di Nissan-Mitsubishi, che avrebbero creato il numero uno del pianeta con 15,5 milioni di vetture.

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